Interviste

Crookers

Crookers by Giorgio Calace 4

I Crookers sono un duo davvero interessante composto da Phra e Bot, entrambi dj e produttori. Conosciuti a livello internazionale e con tante collaborazioni accumulate, in 8 anni di carriera, continuano a stupirci con nuovi lavori e collaborazioni di alto livello.

Dopo il vostro incontro casuale avete iniziato a fare musica insieme, come è nato il nome Crookers?
Il nome Crookers è nato in maniera molto strana… In sostanza è nato prendendo il dizionario in mano e cercando di trovare una parola, che esistesse o non esistesse, che volesse dire “gente che estorta”. È venuto fuori “to crook” che vuol dire estorcere e poi noi abbiamo inventato Crookers, che in effetti non esiste. Abbiamo modificato questa parola in inglese e diciamo che ci ha portato bene perché è piaciuta molto fin dall’inizio. I nomi italiani non li volevamo usare a priori perché comunque pregiudicano un sacco di lavoro, anche se per esempio abbiamo dato alla nostra etichetta un nome italianissimo. Comunque crediamo che il nome sia stato molto importante per riuscire a funzionare all’estero.

La vostra musica è varia e piena di contaminazioni, come la definireste in poche parole?

Come definizione prenderei quella di non definirla, così evitiamo qualsiasi tipo di paragone o incentivazione alle persone a cercare di dare nomi alle cose che in realtà non hanno. Noi abbiamo sempre chiamato la nostra musica house perché fondamentalmente va a rinchiudere tutto quello che ci piace nel 4/4, tra i 120-130 bpm che è un po’ la velocità e lo stilema dell’house music classica. Ma è sbagliato se si parla della nostra musica come di house classica perché in molti casi non c’entra niente. Quindi è un po’ complicato catalogarla anche perché c’è chi sostiene che con certe produzioni noi abbiamo fatto una sorta di rivoluzione di un determinato suono, anche del pop fondamentalmente. Insomma dopo tutti questi anni a cercare di dare un nome alla nostra musica abbiamo capito che forse non esiste un termine preciso!

Vi siete fatti strada tramite internet, il vostro primo remix importante è stato, nel 2006, “Salmon dance” per i Chemical Brothers. Vi ricordate qual è stato il momento in cui la vostra passione è diventata il vostro lavoro?
Come prima cosa sottolineerei che è stata l’Inghilterra a conoscerci, nel senso che le prime produzioni, prima ancora dei Chemical Brothers, piacevano e così di li a poco siamo stati invitati a suonare al Fabrik e subito dopo abbiamo spopolato in Inghilterra. Quando poi si diventa conosciuti in Inghilterra, forse più un po’ di anni fa che adesso, si ha la possibilità di farsi vedere nel mondo ed il mondo, in quel periodo, è stato più recettivo grazie ad internet… Abbiamo cominciato a fare diversi remix, centinaia e centinaia, qualcuno bello, qualcuno meno e poi è andata bene…
Quando ci hanno dato i primi 500€ per fare un remix è stato il momento in cui abbiamo pensato che le cose stessero cambiando. Successivamente hanno iniziato a chiamarci a suonare tutti i fine settimana e ci siamo resi conto che non dovevamo più fare i salti mortali per pagare l’affitto, perché avevamo delle date tali che ci potevano assicurare il mese, e proprio da quel momento abbiamo detto: “ok questo è diventato il nostro lavoro!”.

Preferite la parte di produzione o i live?

Diciamo entrambe. Perché comunque siamo proprio nati come dj produttori nel senso che non abbiamo mai detto di voler fare solo i dj o solo i produttori. Abbiamo sempre fatto entrambe le cose quindi dividerle sarebbe una cosa impossibile. Non riusciamo a immaginare di non andare a suonare in giro o non produrre quando torniamo a casa, anche perché sono due cose talmente diverse che quello che fai in studio è l’esatto opposto di quello che fai quando vai ai live. In studio sei fermo davanti ad un computer per ore e ore e ore a rincoglionirti e a cercare di fare quello che devi. Quando sei in giro fai tutto tranne che stare davanti al computer ore e ore e ore di fronte ad una cosa monotematica perché in giro tra aeroporto, hotel e cene si è sempre in movimento.

Come lavorate in studio? Usate le tecniche e gli strumenti della nuova o della vecchia scuola?
Diciamo che entrambi abbiamo iniziato a produrre in tenerissima età e in quel periodo non esistevano i computer per poter fare quello che si fa adesso. Una volta il computer era solo uno strumento dove poter scrivere in sequenza quello che le macchine reali, utilizzate per fare musica, dovevano fare. Era solo un modo per dargli un impulso e farle funzionare. Noi lavoriamo un po’ con tutto sia nella maniera vecchia che nella nuova pur non essendo nella stessa città, siamo molto lontani. Usiamo internet più che altro per miscelare le cartelle e per poter lavorare insieme a distanza, Londra – Milano. Il nostro studio è sia digitale che analogico.

Una traccia che vi sta particolarmente a cuore?
Ce ne sono talmente tante che è difficile dirtene una reale. Adesso ci viene in mente il singolo con Fabri Fibra, si chiama “L’italiano balla”, che è uscito da poco e ci sta particolarmente a cuore perché abbiamo trovato molto semplice e veloce riuscire a fare un lavoro alla “day ‘n’ nite” (Crookers 2006/2007), quello stile lì però un po’ più canzone Deep house alla vecchia. Ci chiedevano tutti da quattro anni di farlo e non abbiamo mai voluto realizzarlo… poi con Fibra ci è venuto molto semplice e naturale produrre un lavoro del genere.

Sempre all’attivo con numerose produzioni e live, qualche anticipazione?

Stiamo facendo un remix dei No Doubt, sarà il primo singolo del loro ritorno in gran stile.

Lo slogan di questo numero è: “Impegniamoci a riconoscere la preziosità di ogni singolo giorno”. Nonostante il momento di profonda crisi economica e sociale dobbiamo sforzarci di valorizzare le nostre vite evitando malumori e depressioni… che ne pensate?

Mia nonna diceva che quando va tutto di merda, vuol dire che va tutto di merda. Però mi diceva anche che quando va tutto di merda se tu te la tiri addosso ti va peggio… Quindi senza piangerti addosso tante volte ti accorgi che da situazioni o periodi brutti ne esci facilmente.
La crisi è colpa di tante cose insieme e non possiamo farci niente. Uno dei problemi è che la gente non spende più e l’economia è ferma. La depressione per la crisi noi l’abbiamo già avuta e speriamo che tra un po’ il tutto si smuova. Una cosa che possiamo dire e non provate a fare i dj perché vi farà spendere soldi e non vi farà fare fortuna, perché ce ne sono troppi adesso e dovete essere veramente, veramente bravi non solo a fare il dj ma a fare tutto: produttori, dj, pr, manager, e comunque non vi porterebbe a niente di veramente importante per un po’ di anni. Invece serve un po’ di concretezza adesso: meno dj, meno fotografi, meno tatuatori e più gente che fa lavori normali.


 



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