Cronologia degli usi medici della cannabis
INDIA: La Cannabis è citata come “rimedio” nei più antichi testi medici Ayurvedici. L’uso nella medicina tradizionale sembra risalire al II millennio a.C.
CINA: I sec. d.C. La canapa è citata nella più antica farmacopea, il Pen Ts’ao, come utile per “disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale”. Tradizionalmente si sostiene che i testi di questo libro risalgono al III millennio a.C.
ROMA: I sec. d.C. Dioscoride (“Materia Medica”) la ritiene utile per mal d’orecchi, edemi, itterizia e altri disturbi. II sec. d.C. Galeno la raccomanda contro le flatulenze, il mal d’orecchi e il dolore in genere. Usata in eccesso “colpisce la testa, immettendovi vapori caldi e intossicanti”.
LA (RI)SCOPERTA MODERNA
1621 Robert Burton (“Anatomia della melanconia”) riferisce la possibile utilità della Cannabis in quella che oggi chiamiamo “depressione”.
1682 Secondo il New London Dispensatory “cura la tosse e l’itterizia ma riempie la testa di vapori”.
1764 New English Dispensatory: far bollire le radici della canapa e applicare il decotto sulla pelle per ridurre le infiammazioni, nonché per “disseccare i tumori” e per sciogliere i “depositi nelle articolazioni”.
1839 William B. O’Shaughnessy, medico inglese trapiantato in India, pubblica un articolo sugli usi medici in quel paese: “On the preparations of the Indian Hemp, or Gunjah”. Riferisce dettagliatamente sull’uso di cannabis nelle seguenti condizioni: reumatismo acuto e cronico, idrofobia, colera, tetano e convulsioni infantili. Dopo un cenno al “delirio” causato dall’intossicazione cronica, riporta i metodi per preparare l’estratto e la tintura di “gunjah”, e i dosaggi consigliati nei vari casi.
1845 Lo psichiatra francese J.-J. Moreau de Tours pubblica “Du hachisch et de l’alienation mentale” e considera la Cannabis come strumento di indagine della mente, e come farmaco efficace in varie malattie mentali.
LA CANNABIS IN FARMACIA
1854 La Cannabis è inclusa per la prima volta nello U. S. Dispensatory: “potente narcotico (…) Si dice che agisca anche come deciso afrodisiaco, che stimoli l’appetito e che occasionalmente induca uno stato di catalessi. (…) produce il sonno, allevia gli spasmi, calma l’irrequietezza nervosa, allevia il dolore. (…) [come analgesico] differisce dall’oppio perché non diminuisce l’appetito, non riduce le secrezioni e non provoca stitichezza. I disturbi per i quali è stata specialmente raccomandata sono le nevralgie, la gotta, il tetano, l’idrofobia, il colera epidemico, le convulsioni, la corea, l’isteria, la depressione mentale, la pazzia, e le emorragie uterine”.
1860 L’Associazione medica dell’Ohio nomina un “Comitato sulla cannabis indica”. La Cannabis è dichiarata utile per: tetano, nevralgie, emorragie post-partum, dolore del parto, dismenorrea, convulsioni, dolori reumatici, asma, psicosi post- partum, tosse cronica, gonorrea, bronchite cronica, dolori gastrici. Inoltre è raccomandata come sonnifero e come farmaco capace di stimolare l’appetito.
1886 H. C. J. Wood (“Treatise on Therapeutics”): la Cannabis è “usata soprattutto per il sollievo dal dolore; (…) per calmare stati di irrequietezza e malessere generale; per alleviare le sofferenze in malattie incurabili, come la tisi all’ultimo stadio; e infine come blando sonnifero”.
1887 H. A. Hare (“Therapeutic Gazette”): la Cannabis è soprattutto utile come analgesico, paragonabile per efficacia all’oppio, e in particolare nell’emicrania, anche in casi altrimenti intrattabili, in cui agisce anche come profilattico; nelle nevralgie; nella tosse irritativa; nonché come tranquillante-analgesico nei malati di tisi. Inoltre, sarebbe anche un efficace anestetico locale, particolarmente in odontoiatria.
1887 The Lancet raccomanda l’uso di canapa indiana “notte e giorno, e continuato per un certo tempo” come “il miglior rimedio disponibile nel trattamento della cefalea persistente”.
1890 J.R. Reynolds (“The Lancet”) riassume 30 anni di esperienza con la cannabis, e la ritiene “incomparabile” per efficacia nell’insonnia senile; utile come analgesico nelle nevralgie, inclusa quella del trigemino (tic douloureux), nella tabe, nell’emicrania e nella dismenorrea (ma non nella sciatica, nella lombaggine e in genere nell’artrite, come nella gotta e nei
“dolori isterici”); molto efficace negli spasmi muscolari di natura sia epilettoide che coreica (ma non nella vera epilessia); e invece di incerto valore nell’asma, nella depressione e nel delirio alcolico.
1900 In Italia sono previsti dalla Farmacopea Ufficiale (F.U.) sia l’estratto che la tintura di Cannabis indica.
1915 P.E. Alessandri (“Droghe e piante medicinali”): la Canapa indiana “usasi nel tetano, nelle nevralgie, isterismo, emicrania, reumatismo, corea, asma, e in molte altre malattie non escluso il cholera, dando però quasi sempre resultati contraddittori”. 1916 William Osler (“The principles and practice of medicine”): la Cannabis è “probabilmente il rimedio più soddisfacente” per l’emicrania
1949 P. Mascherpa (“Trattato di farmacologia e farmacognosia”). Si tratta di “un medicamento cerebrale e precisamente un analgesico analogo all’oppio e alla morfina”, che può avere più o meno gli stessi usi di questi. Però la farmacologia della cannabis è “poco conosciuta”, e il suo uso per varie ragioni “piuttosto limitato”.
LE ULTIME SCOPERTE
1964 Gaoni e Mechoulam isolano il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il più importante principio attivo della Cannabis. In seguito si scoprirà che la Cannabis contiene oltre 60 cannabinoidi.
1986 Howlett: il THC deve agire tramite un recettore di membrana basato sulla proteina G, meccanismo simile a quello degli oppioidi.
1990 Matsuda isola e clona il recettore (accoppiato a proteina G come previsto) dalla corteccia cerebrale di ratto. Il legame con THC attiva la adenilciclasi, inibisce i canali del calcio e facilita quelli del potassio.Successivamente verranno riconosciuti due sottogruppi di recettori, CB1 e CB2.
1992 Devane isola dal cervello del maiale il primo endocannabinoide e lo chiama anandamide.
a cura di Claudio Cappuccino