Cresce la resistenza ai medicinali, 10 milioni di morti entro il 2030
Chi avrebbe mai immaginato che i farmaci, alleati nel contrastare svariate malattie, oggi siano direttamente responsabili di circa 700.000 morti l’anno. Non parliamo di decessi per abuso di farmaco, ma di morti causate appunto dalla resistenza ad antibiotici, fungicidi, antivirali, antiparassitari e antimicrobici.
Secondo un rapporto stilato da una commissione di esperti scientifici delle Nazione Unite, le procedure mediche, gli interventi chirurgici e le patologie comuni, sono diventate a rischio proprio per l’allarmante livello di resistenza a medicinali di uso comune. Ma cosa significa esattamente?
Vuol dire che malattie facilmente curabili con un antibiotico o un antivirale, adesso tornano ad essere mortali. La situazione risulta particolarmente preoccupante in quanto è stata osservata in tutti i paesi, a prescindere dalle condizioni economiche e di sviluppo.
Le cause sono da ricercare in uno scellerato uso di farmaci antibiotici, antifungini, antivirali, ecc., oggi impiegati con leggerezza per contrastare le patologie umane, ma soprattutto per mantenere alti i livelli di produttività in campo agricolo e zootecnico.
In Italia, il Ministero della Salute, già un paio di anni fa, aveva pubblicato un rapporto preoccupante sulla resistenza agli antibiotici dei batteri negli allevamenti avicoli.
Secondo la Federazione Nazionale Ordine Veterinari Italiani (FNOVI) “i risultati rappresentano una situazione alquanto allarmante soprattutto per alcuni antimicrobici quali tetracicline, sulfamidici, amminopenicilline e chinolonici”.
In Italia, ogni anno, vengono allevati circa 500 milioni polli “da carne”, di cui oltre il 90% in allevamenti intensivi, del tutto simili a quelli degli altri paesi europei. Gli animali, stipati in capannoni a decine di migliaia, vivono cicli di vita brevissimi (39-42 giorni). Considerando le altissime densità all’interno degli allevamenti, e le cattive condizioni di salute degli animali, le probabilità che si sviluppino patologie è altissima e, di conseguenza, anche l’uso di antibiotici. Selezionati e alimentati per crescere in maniera abnorme, gli animali sono particolarmente soggetti a diverse gravi patologie e, per essere tenuti in vita sino alla macellazione, diventa necessario un massiccio e sistemico uso di antibiotici: basta infatti che un solo pollo si ammali, per mettere a rischio tutte le decine di migliaia di animali dell’allevamento; quindi devono tutti essere trattati preventivamente, compresi gli esemplari sani.
Discorso simile per gli allevamenti di maiali in cui, in un ciclo di crescita (dalla nascita alla macellazione) si applicano di solito un paio di trattamenti con antibiotici diluiti in acqua o nel mangime, per garantire la sicurezza sanitaria dell’allevamento ossia per ridurre il rischio della diffusione di malattie infettive. In realtà gli antibiotici dovrebbero essere usati solo prima del parto, per evitare che le scrofe trasmettano l’Escherichia coli ai piccoli appena nati, e quando gli animali vengono spostati per iniziare la fase di ingrasso, specie quando gli animali arrivano in Italia dall’estero. Ma, nonostante controlli sempre più rigidi e divieti vari, materialmente è impossibile controllare sovradosaggi preventivi. Lo stesso avviene con i bovini, dove l’uso di antibiotici è massiccio specie negli allevamenti per la produzione di latte.
Anche nell’acquacoltura i pesci vengono trattati con antibiotici, disinfettanti e ormoni.
Tutto ciò per permettere la vendita di derivati animali, a prezzi sempre più bassi.
Questo comporta un accumulo di antibiotici, e altri farmaci somministrati agli animali; nelle loro carni e, dunque, nella nostra alimentazione. Lo stesso avviene con i fitofarmaci impiegati in agricoltura. Così, un piatto di pasta, una fettina di carne e un’insalata, oltre a carboidrati, proteine e fibre, forniscono al nostro metabolismo anche una serie di farmaci deleteri per un individuo sano.
Aver, per decenni, ignorato l’interdipendenza tra la salute umana, animale e dell’ambiente, ha provocato una crisi che, secondo gli esperti, potrebbe portare a 10 milioni di morti entro il 2030.
In Italia poco o nulla si parla della resistenza ai farmaci derivata da un abuso degli stessi, tutto ciò a discapito della popolazione, anche se garantisce elevati profitti a capitalisti e imprenditori senza scrupoli.