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Uno studio su 51 pazienti rivela che cosa succede nella corteccia cerebrale quando decidiamo di procrastinare, e che cosa possiamo fare a riguardo

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Secondo lo studio realizzato in Francia, esiste una regione specifica nel cervello in cui si decide quanto rimandare una determinata incombenza, e saperlo è utile per intervenire su comportamenti che ci provocano ansia e difficoltà.

Quello di procrastinare può essere un vizio che si ritorce contro chi lo mette in atto, eppure delle volte è irresistibile: rimandare a domani quello che potrebbe essere fatto oggi è un comportamento che dà soddisfazione immediata, ma si accompagna spesso a sensi di colpa, stress e sommarie diagnosi di “pigrizia”. Eppure, nel procrastinare come abitudine c’è un comportamento preciso del cervello, che pur “non facendo” prende una decisione ben precisa basata sull’interpretazione erronea di costi e benefici. E capirlo può aiutare non solo ad avere un “punteggio da procrastinatore”, ma anche intervenire con più efficacia su un pattern che ci mette in difficoltà nella vita pratica.

È quanto sostengono due ricercatori della Sorbona a Parigi, Raphaël Bouc e Mathias Pessiglione, che hanno pubblicato su Nature Communications lo studio “A neuro-computational account of procrastination behavior”. «Lo studio, condotto sull’uomo, combina imaging funzionale e test comportamentali. Ha consentito agli scienziati di identificare una regione del cervello nella quale si svolge la decisione di procrastinare: la corteccia cingolata anteriore. Il team ha anche sviluppato un algoritmo per prevedere la tendenza dei partecipanti a procrastinare», spiegano i ricercatori.

L’ARTE DI PROCRASTINARE

I 51 partecipanti allo studio sono stati sottoposti a risonanza magnetica per registrare il comportamento del loro cervello mentre dovevano dare un valore numerico agli sforzi che avrebbero dovuto compiere per ottenere diversi benefici. Hanno dovuto poi indicare la loro preferenza tra una ricompensa sostanziale in futuro o una soddisfazione immediata più piccola, e proprio qui i dati hanno rivelato l’attivazione della famigerata regione del cervello dove si sviluppa la tendenza a procrastinare. La corteccia cingolata anteriore entra in gioco quando occorre fare un calcolo immediato del rapporto costi benefici di un’azione, ed è qui che si può inceppare il meccanismo che ci spinge a ritrovarci sommersi di impegni perché abbiamo rimandato troppo.

«Il nostro modello tiene conto dei costi e dei benefici di una decisione, ma incorpora anche le scadenze in cui si verificano. Ad esempio, per un compito come lavare i piatti, i costi sono legati all’aspetto lungo e scoraggiante del compito e i benefici al fatto che alla fine si trova una cucina pulita. Lavare i piatti subito può essere percepito come doloroso, pensare di farlo il giorno dopo lo è un po’ meno. Allo stesso modo, essere pagati subito dopo un lavoro è motivante, ma sapere che sarai pagato un mese dopo lo è meno. Appare chiaro che queste variabili, sia il costo dello sforzo che il valore delle ricompense, si attenuino nel tempo, man mano che si spostano più avanti nel futuro. Quindi, maggiore è la scadenza, meno costoso è lo sforzo e meno gratificante la ricompensa», spiega Bouc.

COSTO E BENEFICIO

Lo studio è stato in grado di profilare i partecipanti dando chiari valori alla loro attrazione per i premi, il rifiuto dello sforzo e la tendenza a svalutare i benefici nel tempo. Incrociando questi dati, è stato possibile stimare la tendenza a procrastinare di ognuno di loro. Integrato con dati specifici, questo valore ha permesso di prevedere con successo il tempo impiegato da ciascun partecipante per compiere uno sforzo gravoso, come ad esempio compilare molti moduli in un tempo prestabilito. «La procrastinazione potrebbe essere specificamente correlata all’impatto del ritardo sulla valutazione dei compiti che richiedono uno sforzo. Più precisamente, può essere spiegata dalla tendenza del nostro cervello a contare i costi più velocemente delle ricompense», dice Pessiglione.

Saperne di più sul procrastinare e capire quali siano le tendenze individuali a fronte di determinate caratteristiche comportamentali può essere molto utile. «Questa ricerca potrebbe aiutare a sviluppare strategie individuali in modo da non procrastinare più costantemente i compiti che sono alla nostra portata nell’immediato. Queste strategie consentirebbero così di evitare gli effetti pericolosi della procrastinazione in campi diversi come l’istruzione, l’economia e la salute», dicono all’Institute du cerveau di Parigi, che ha lavorato allo studio. Tuttavia, dicono gli autori, procrastinare non è sempre un male: a volte accorciare le scadenze ci permette di realizzare il lavoro in meno tempo e persino ottimizzare lo sforzo.



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