Cosa succede ora alla canapa italiana?
Approvato il decreto sicurezza, ecco le prime reazioni dai protagonisti del settore, che non hanno nessuna intenzione di arrendersi
Mesi di tentativi di dialogo, delle associazioni della canapa industriale appoggiate dalle associazioni agricole nazionali, conferenze stampa organizzate alla Camera dei deputati, parlamentari dell’opposizione e della maggioranza che si sono esposti per far valere le ragioni del comparto industriale della canapa, uno studio economico commissionato proprio per mostrare le enormi potenzialità del settore: non è servito a nulla, il governo ha portato avanti la scelta scellerata di azzerare la cannabis light, con un impatto economico di 2 miliardi di euro e oltre 20mila lavoratori, in nome di una crociata ideologica fortemente voluta dal ministro Matteo Salvini e dal sottosegretario Mantovano.
Mentre l’agroalimentare italiano soffre ed è fortemente preoccupato in vista dei dazi, mentre le stime della crescita del Pil vengono tagliate e mentre cresce la disoccupazione giovanile, il governo italiano ha approvato il decreto Sicurezza, che paragona le infiorescenze di canapa industriale con THC sotto i limiti di legge italiani ed europei ad uno stupefacente, bloccando di fatto tutto il settore della cannabis light, e creando enormi problemi alla canapa industriale più in generale con le filiere della cosmetica, della bioedilizia, dell’alimentare e del tessile.
Un capolavoro al contrario che in nome dell’ideologia, fa piazza pulita di aziende agricole e commercianti, che per mesi hanno provato a dialogare con un governo che non vuole sentire ragioni.
Il ddl Sicurezza, trasformato in decreto, è stato approvato, ed entrerà in vigore il giorno successivo dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Oggi la Gazzetta ufficiale sarà pubblicata verso le 18, quindi, se il provvedimento fosse pubblicato, domani entrerebbe in vigore. Se così non fosse, comunque la pubblicazione è imminente.
LA LEGGE PREVEDE UNA TEMPISTICA PER LO SMALTIMENTO?
Quindi, dall’entrata in vigore, ci saranno aziende agricole e commerciali che, improvvisamente, saranno detentori di uno stupefacente, legale fino al giorno precedente, con la legge che non prevede nemmeno delle tempistiche per lo smaltimento. «Normalmente, se un prodotto diventa non conforme», sottolinea a Dolce Vita l’avvocato Giacomo Bulleri, «c’è un periodo in cui viene consentito lo smaltimento, stabilendo delle tempistiche. In questo caso non c’è stata questa scelta, e quindi le aziende si troveranno improvvisamente con un prodotto illecito, tra l’altro un illecito grave perché si parla di uno stupefacente. È difficile esprimersi sulle cautele da adottare perché uno stupefacente andrebbe smaltito con operazioni apposite. Sicuramente il consiglio può essere, in alternativa alla distruzione, quello di isolarlo, se uno ha un magazzino con altri prodotti, e poi mantenere tutta la documentazione che prova che sia stato acquistato precedentemente, oltre ovviamente ad astenersi dalla vendita».
Dall’altra parte le associazioni di settore e diverse aziende dichiarano che andranno avanti lo stesso, in previsione dei ricorsi e della petizione alla Commissione europea. «Sì, ma le azioni giurisdizionali nelle varie sedi ci saranno, perché i dubbi di costituzionalità e di contrasto alla normativa comunitaria – aggravati dalla modalità della decretazione d’urgenza che cambia le carte in tavola da un giorno all’altro – sono evidenti. Però il problema è che ci sarà una fase di vigenza di questa norma fino a che la magistratura non si pronuncerà. Chi va avanti fa una forma di disobbedienza civile, a proprio rischio e pericolo».
DECRETO SICUREZZA, LE PRIME REAZIONI: LA POSIZIONE DI CANAPA SATIVA ITALIA
«Noi di Associazione Canapa Sativa Italia, in collaborazione con Associazione Sardinia Cannabis, Associazione Resilienza Italia Onlus, Associazione Imprenditori Canapa Italia, Federcanapa, Canapa delle Marche, UPCBD, EIHA e con il sostegno delle principali organizzazioni di categoria – Coldiretti, Confagricoltura, CIA, COPAGRI, CNA agroalimentare, UNCI, Liberi Agricoltori, Altragricoltura e Associazione Florovivaisti Italiani – esigiamo l’esclusione di ogni restrizione sulla canapa industriale dal Decreto Sicurezza. Non possiamo permettere che, per ragioni ideologiche, un settore che rappresenta un pilastro dell’economia e della sostenibilità italiana venga trasformato in un reato», sottolineano da CSI.
«In questo clima di incertezza, invitiamo tutti gli operatori del settore a mantenere la fiducia e a continuare a operare. Le nostre associazioni sono già in prima linea nella preparazione di azioni legali urgenti – inclusi ricorsi ex art. 700 c.p.c. per ottenere la sospensione cautelare – e nella definizione di protocolli di conformità che garantiranno il rispetto della normativa europea. È imperativo che il Governo apra un tavolo di confronto, ascolti le voci degli imprenditori e riveda questo provvedimento disastroso, perché nessun cittadino, nessun imprenditore, nessuna famiglia italiana possa accettare che la legalità venga trasformata in criminalità con un semplice decreto».
«Il futuro della canapa industriale in Italia è in gioco. È il momento di difendere con fermezza il nostro settore, di sostenere il lavoro e l’investimento di migliaia di imprenditori e di salvaguardare la nostra economia. Noi non ci arrenderemo e continueremo a lottare con ogni mezzo legittimo per far valere i nostri diritti, in sede nazionale ed europea».
IERI AGRICOLTORI, OGGI CRIMINALI: IL PUNTO DI IMPRENDITORI CANAPA ITALIA
«Con questa norma, tutti noi siamo ora passibili di procedimenti penali e misure cautelari, solo per aver svolto un’attività fino a ieri perfettamente lecita e riconosciuta dallo Stato. È uno schiaffo alla dignità del lavoro, una lesione gravissima della fiducia tra cittadino e istituzioni», evidenziano da ICI.
«Ma non è tutto. Oggi siamo costretti a constatare, con amarezza, che anche la democrazia ha perso di valore. È bastata la volontà di un solo uomo – il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, che ha agito anche contro il parere di una parte consistente della stessa maggioranza parlamentare – per decretare la chiusura forzata di oltre 3.000 aziende e la condanna al licenziamento di 30.000 operatori del settore».
«In nove anni, la filiera della canapa industriale non ha mai creato alcun problema di salute pubblica, sicurezza stradale o ordine sociale, proprio perché si basa su varietà certificate e prive di efficacia drogante. È un settore agricolo, tracciabile, trasparente, regolamentato, che genera economia reale, occupazione giovanile e valore per il territorio. Eppure, oggi, siamo trattati come delinquenti».
«La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ufficialmente tradito l’impegno assunto nel suo discorso di insediamento, quando prometteva agli italiani: “Non disturberemo chi vuole fare”. Questo Governo non solo ha disturbato, ha colpito, distrutto, umiliato. Noi non ci arrendiamo. Difenderemo con ogni mezzo legittimo le nostre imprese, i nostri lavoratori, il nostro futuro – insieme alle altre associazioni della filiera come Canapa Sativa Italia, Resilienza Italia Onlus, Sardinia Cannabis, e con le principali associazioni di categoria del mondo agricolo».
«Oggi non siamo più sicuri. Se lo Stato può decidere da un giorno all’altro che ciò che era legale diventa criminale, nessun cittadino e nessun imprenditore italiano può sentirsi al sicuro».

LE PRIME REAZIONI DEI CANAPICOLTORI
«Lo Stato italiano ha voltato le spalle a migliaia di cittadini onesti», è il commento lapidario di Adriano Margiotta a Lecceprima.it, imprenditore agricolo e tra i fondatori di Canapa Sativa Italia. «Da un giorno all’altro, veniamo equiparati a criminali. Tutto questo senza alcuna evidenza scientifica, senza basi giuridiche concrete, in contraddizione con l’orientamento europeo. E in linea solo con pochi regimi autoritari. Una scelta che sfida la logica: si vieta una sostanza che non è drogante sostenendo che potrebbe alterare lo stato psicofisico di chi la assume. Ma come può qualcosa che non provoca effetti psicoattivi cambiare lo stato mentale? È come vietare la camomilla perché potrebbe ubriacare».
«Ieri è stata scritta una delle pagine più nere degli ultimi tempi per lo Stato italiano. Una pagina passata sotto silenzio per molti, ma non per noi imprenditori che dal 2017 lavoriamo, creiamo occupazione, fatturiamo, generiamo indotto, paghiamo imposte, contributi, tasse — per milioni e milioni di euro“, è il commento di un altro agricoltore, Paolo Vitali, che aggiunge: «Un paese senza vergogna, che trasforma i suoi figli migliori in criminali. Da lunedì, nell’indifferenza generale, ci saranno decine di migliaia di “nuovi” fuorilegge. Onesti, produttivi, trasparenti. Criminalizzati per ideologia, per servilismo, per ignoranza o convenienza».
«Condivido il pensiero del collega e amico Paolo Vitali, che ben rappresenta la situazione di noi operatori canapicoli“, è il commento di Valentina Capone, giovane presidente del Centro operativo sviluppo canapa del sud. «Produttori agricoli, trasformatori, commercianti e mille altre figure unite da un settore che rappresenta innovazione, sostenibilità e nuove opportunità economiche e occupazionali, in un momento storico di grossa crisi, verranno equiparati a criminali. Noi non ci stiamo e non indietreggeremo di un passo! Oggi più che mai unione e resistenza!».
COLDIRETTI
«Coltiviamo canapa in Italia dentro il mercato comune europeo, in altri Paesi si può utilizzare la pianta nella sua interezza, incluso il fiore, riteniamo che le nostre imprese debbano competere alla pari”, è la dichiarazione di Stefano Masini, responsabile ambiente di Coldiretti raccolta da Ilfattoquotiddiano.it. Mentre in un comunicato stampa congiunto di Coldiretti e Filiera Italia sottolineano che: «Un settore in crescita che rischia ora di essere cancellato da una norma che ignora le potenzialità economiche, ambientali e sociali di questa filiera. Equiparare l’uso delle infiorescenze della canapa a quello di sostanze illegali – anche in assenza di uso ricreativo – è una misura irragionevole. La canapa legale oggi contiene un tenore di THC inferiore allo 0,3%, senza effetti psicotropi o stupefacenti».
CONFAGRICOLTURA
Confagricoltura, «esprime forte preoccupazione in merito ai contenuti del Decreto Stralcio, che rischia di paralizzare l’intero comparto, lasciando migliaia di aziende agricole nell’incertezza e impedendo la pianificazione delle attività per la stagione ormai imminente. Inoltre, si aggiungerebbero i rischi sanzionatori della legge 309/90 per le aziende agricole che hanno ancora in magazzino materiale vegetale della precedente stagione».
Alla luce di queste criticità, Confagricoltura: «Ribadisce la necessità di aprire un tavolo di confronto, al fine di garantire le necessarie modifiche a tutela del settore della canapa. Il comparto, che negli ultimi anni ha dimostrato un significativo potenziale in termini di sostenibilità ambientale, innovazione e sviluppo economico, merita una normativa chiara e stabile che consenta alle imprese di operare in sicurezza e con la certezza del diritto, soprattutto per un settore che rappresenta un’opportunità concreta per la diversificazione produttiva nelle zone rurali” e “sottolinea l’urgenza di un intervento immediato: in assenza di un chiarimento normativo, il settore della canapa rischia di fermarsi, con gravi ripercussioni economiche e occupazionali».
CIA
Dalla CIA, dopo l’ennesima richiesta di dialogo con le istituzioni, arriva anche l’appello al ministro dell’Agricoltura Lollobrigida, «perché si ponga definitivo rimedio con lo stralcio dell’art. 18, così come più volte sollecitato dalla Confederazione e si garantisca una regolamentazione del settore ragionevole, in linea con le normative Ue e gli interessi economici del Paese. Il provvedimento, infatti, se confermato in un decreto, avrebbe l’effetto immediato di mandare letteralmente in fumo una filiera che solo per il fiore, vede oggi, tra diretti e indiretti, circa 23 mila occupati e un volume d’affari di oltre due miliardi di euro su base annua sul mercato nazionale e senza considerare l’export. Insomma, un settore legale che, pur in una situazione di difficoltà e carenze legislative, ha avvicinato diversi giovani, produttori di eccellenze esportate per più del 60% e che, come ricordato dallo studio MPg Consulting, ha dato spazio a nuove figure professionali, innovative e altamente specializzate».
IL COMMENTO DEGLI AVVOCATI BULLERI E ZAINA
«Le ragioni dell’intervento suscitano forti dubbi di costituzionalità, oltre che di compatibilità con la normativa eurounitaria», sottolineano gli avvocati Zaina e Bulleri in un lungo commento a quattro mani.
«Se, quindi, esiste un potenziale vizio genetico del provvedimento che investe i presupposti dello stesso, esso si estende anche agli interventi specifici. Senza indulgere in lunghi approfondimenti, si sottolinea il carattere di superficialità e di mero formalismo che molti correttivi presentano».
«Il divieto – che comporterebbe automaticamente la applicabilità a tali condotte del Dpr 309/90 – replica le perplessità già manifestate, in quanto – attesa la natura delle infiorescenze e dei derivati da esse, nonché i profili tossicologici evidenziati in relazione al principio dell’offensività – esso pecca di indeterminatezza, perché non individua gli specifici profili di illiceità che giustificherebbero l’intervento».
Secondo gli avvocati in attesa delle pubblicazione in Gazzetta ufficiale e della conversione del decreto da Parte del Parlamento, che ha 60 giorni di tempo, «chi intende procedere certamente lo farà a proprio rischio, al fine di provocare l’intervento della magistratura, in ordine alla verifica di costituzionalità della norma».
«In forza di tali principi, peraltro coerenti con la disciplina internazionale della Single Convention on Narcotic Drugs del 1961 e s.m.i., non possono che far deporre per un sostanziale contrasto tra l’art. 18 del Decreto in commento e la normativa eurounitaria in quanto non fondato su alcuna esigenza scientifica ma per mere (e non provate) esigenze precauzionali legati all’ordine pubblico in evidente violazione del principio di proporzionalità della misura, il quale, nella fattispecie è oltremodo aggravato dall’entrata in vigore immediata del Decreto e dalla omessa notifica alle Autorità europee ai sensi della cd. Procedura TRIS».
«Il ricorso agli organi giurisdizionali competenti appare quantomai necessario per porre rimedio ad una norma che – da un giorno all’altro – rende illecito un intero settore produttivo agro industriale senza alcun fondamento logico, scientifico e giuridico. Il tutto aggravato da un modus legiferandi tutto italiano volto a cambiare le regole in corsa con impatti drammatici nei settori produttivi, senza la previsione di un termine per adeguarsi al radicale cambio normativo. Ciò non può che integrare una ulteriore violazione dei principi costituzionali e dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, fattispecie per le quali l’Italia è già stata sanzionata in passato».
COSA SUCCEDE AL CBD?
Parlando invece degli oli di CBD attualmente in vendita, ci sono due considerazioni da fare. La prima è che il settore è ancora in attesa della sentenza definitiva del Tar sul decreto del ministero della Salute che voleva inserirlo tra i farmaci stupefacenti, dopo l’udienza del 16 dicembre. La seconda è che il decreto sicurezza interviene anche sugli oli. «Gli oli al CBD ottenuti da fiore in qualunque forma, diventano illegali», spiega l’avvocato Bulleri, «ma così non è per quelli ottenuti da altre altre parti della pianta (ad esempio le foglie) o per quello sintetico».