Cosa prevede la dieta universale per salvare il pianeta
Le cattive abitudini a tavola provocano rischi più alti per la salute di tabacco, sesso non protetto e alcol tutti insieme. Per correggerle, secondo uno studio di Lancet, la prestigiosa rivista scientifica che pubblica i risultati di “Food in the Anthropocene: the EAT–Lancet Commission on healthy diets from sustainable food systems” sulle sue pagine, occorre raddoppiare a livello globale i consumi di frutta, verdura, legumi e noci e ridurre di oltre il 50% quelli di zuccheri e carni rosse entro il 2050.
La commissione che ha condotto lo studio è finanziata dalla Fondazione Eat della coppia di miliardari norvegesi Petter e Gunhild Stordalen e riunisce autori considerati tra i massimi esperti di nutrizione e sostenibilità provenienti da università di tutto il mondo e organizzazioni come Fao e Oms. L’obiettivo è quello di proporre una dieta sana universale di riferimento basata su criteri scientifici per nutrire in modo sostenibile una popolazione mondiale che nel 2050 conterà 10 miliardi di persone evitando fino a 11,6 milioni di morti l’anno dovuti a malattie legate ad abitudini alimentari non sane.
Uno dei riferimenti espliciti del gruppo di studiosi è la dieta Mediterranea nella versione frugale praticata in Grecia alla metà del secolo scorso. La dieta universale prevede l’assunzione di 2.500 chilocalorie al giorno che, in una gamma flessibile, si traducono in approssimativamente 230 grammi di cereali integrali, 500 di frutta e verdura, 250 di latticini, 14 di carni (bovine o suine o ovine), 29 di pollo, 13 di uova, 28 di pesce, 75 di legumi, 50 di noci, 31 di zuccheri (aggiunti e non). Condimento consigliato gli oli vegetali, extravergine di oliva o colza.
Oltre a cambiare i consumi, riducendo gli sprechi del 50%, gli autori del rapporto fissano obiettivi-limite nell’utilizzo di terra, acqua e nutrienti per la produzione agricola sostenibile. E indicano una grande varietà di aree di intervento per raggiungere questi risultati coinvolgendo governi, industrie e società, come ad esempio l’educazione e l’informazione, l’etichettatura, tasse sul cibo, il sostegno economico alla produzione di alimenti sani.
I ricercatori sottolineano che «Una cattiva alimentazione è un fattore chiave e un fattore di rischio per le malattie. Tuttavia, c’è stato un fallimento globale nell’affrontare questo problema». Nonostante diverse iniziative, infatti, le azioni per migliorare la qualità della nutrizione finora non sono riuscite a ottenere un’attenzione globale.
Se applicata, la dieta sana universale porterebbe le emissioni di gas serra a livelli compatibili con l’accordo di Parigi, riducendo allo stesso tempo la perdita di biodiversità e l’utilizzo di fosforo e limitando l’utilizzo di terra, acqua e azoto da parte dell’agricoltura.
Questa è la prima di una serie di iniziative sulla nutrizione condotte da Lancet nel 2019 e sarà seguita il 27 gennaio dal rapporto “Commission on the Global Syndemic of obesity, undernutrition, and climate change”. Basandosi su queste due Commissioni, sempre entro il 2019 Lancet pubblicherà una serie di articoli sul Double Burden of Malnutrition, guidati dall’Organizzazione mondiale della sanità.