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Cosa cambia in Israele con il nuovo governo?

Le recenti elezioni in Israele hanno aperto la porta a un cambiamento che parte del paese auspicava da tempo. Mesi di trattative tra le diverse forze politiche israeliane hanno portato a un governo di coalizione dall’ideologia disomogenea, ma unito dall’obiettivo comune di portare il regno ultradecennale di Benjamin Netanyahu a una conclusione. Il nuovo esecutivo, che ha ottenuto la fiducia negli scorsi giorni, vede l’ex militare e ultranazionalista di destra Naftali Bennett come primo ministro per i primi due anni, ed è la risposta a una insistente necessità di cambiamento dell’epicentro del potere all’interno del parlamento israeliano, da tempo alla ricerca di un nuovo leader, che continui però a perseguire le politiche finora perpetuate dai suoi predecessori e a mantenere il pugno duro nei confronti della Palestina, possibilmente con maggiore decisione.

Cosa cambia in Israele con il nuovo governo?

Il neonato governo israeliano è il sintomo di un periodo di forte incertezza politica. Le elezioni del 2021 sono la quarta tornata elettorale in meno di due anni, dopo che, a dicembre 2020, in seguito alla mancata approvazione della legge di bilancio nei termini di legge, il parlamento israeliano, la Knesset, è stato sciolto e sono state indette nuove elezioni. L’attuale coalizione è il risultato degli sforzi di Bennett, leader della Yamina, coalizione di destra ed estrema destra, e di Yair Lapid, giornalista e leader del partito centrista Yesh Atid, che assumerà la carica di primo ministro dopo i primi due anni di governo, ma i partiti che la compongono sono in totale otto. Tra questi, spicca la presenza di alcune forze politiche apertamente a favore della Soluzione dei Due Stati separati, come il Partito Laburista, il partito ambientalista di sinistra Meretz, e la Lista Unita Araba, coalizione conservatrice di destra di rappresentanza delle comunità arabo-israeliane, primo partito arabo indipendente a prendere parte a un governo israeliano.

La composizione del nuovo governo ha lasciato parte della comunità internazionale interdetta. Come possono partiti di orientamento così diverso condividere degli obiettivi comuni? Buona parte dell’opinione pubblica, infatti, ritiene che l’esecutivo Bennett-Lapid sia mosso dalla sola necessità di spodestare Netanyahu e il suo partito di centro-destra/destra Likud, a capo del paese dal 2009 e primo partito alle elezioni 2021, e che, dunque, in assenza di un programma condiviso, la neonata coalizione potrebbe avere vita breve, riaprendo il periodo di incertezza che va avanti da quasi due anni.

Diversi interrogativi sorgono, poi, in riferimento alla posizione del governo nei confronti della questione palestinese. Secondo molti, il cambiamento nell’esecutivo non sarà portatore di un cambio di direzione nel rapporto con i territori occupati. Due giorni fa, la destra ultranazionalista, con il sostegno della polizia israeliana, ha, infatti, marciato su Gerusalemme est, capitale proclamata dello Stato di Palestina e territorio su cui l’ONU e la comunità internazionale non riconoscono l’occupazione di Israele, inneggiando “Morte agli arabi” e, nella notte, sono ripresi i bombardamenti a Gaza, dopo che alcuni palloni incendiari provenienti dalla striscia hanno causato incendi sparsi in alcuni campi israeliani. Il pugno duro del governo non è una sorpresa, e difficilmente sarà rilevante la presenza nella coalizione della Lista Araba Unita, che, ampiamente superata dalla ultradestra, ha potuto avanzare ben poche pretese a tutela dei palestinesi e degli arabo-israeliani.

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