Corte Costituzionale: coltivare cannabis è sempre reato ed è punibile con il carcere
«La coltivazione per uso personale di cannabis non può essere equiparata al semplice possesso e non deve essere punita solo con sanzioni amministrative, in quanto ha la peculiarità di dare luogo ad un processo produttivo in grado di autoalimentarsi e di espandersi, potenzialmente senza alcun limite predefinito, tramite la riproduzione dei vegetali. Tale attitudine ad innescare un meccanismo di creazione di nuove disponibilità di droga, quantitativamente non predeterminate, rende non irragionevole la valutazione legislativa di pericolosità della condotta considerata per la salute pubblica […] oltre che per la sicurezza pubblica e per l’ordine pubblico».
Con queste motivazioni i giudici della Consulta spiegano perché, il 9 marzo scorso, decisero di dichiarare non fondata la questione sollevata dalla Corte d’appello di Brescia che aveva posto dubbi sulla legittimità della norma, contenuta nel Testo unico sulle droghe, che non include tra le condotte punibili solo con sanzione amministrativa, finalizzate in via esclusiva all’uso personale, anche la coltivazione di piante di cannabis.
La Corte era stata chiamata ad esprimersi sulla presunta incostituzionalità della norma che
inserisce la coltivazione a scopo personale all’interno dell’articolo 73, cioè tra le condotte considerate reato penale con pene da 2 a 6 anni di carcere. Una pronuncia favorevole avrebbe invece collocato la coltivazione nell’articolo 75, cioè tra le condotte punite con la semplice sanzione amministrativa.
I giudici hanno così ribadito l’interpretazione dell’offensività della condotta di coltivazione anche a semplice scopo personale, basando la loro interpretazione sul concetto di “aumento della quantità di droga presente sul territorio”. Secondo l’interpretazione la coltivazione, anche se a scopo personale, è differente dal semplice possesso e va punita penalmente in quanto ha «una sua intrinseca pericolosità, perché contribuisce sempre ad accresce la quantità di sostanza stupefacente presente sul territorio dello stato». Quindi se l’autorità si imbatte in una coltivazione domestica, deve limitarsi ad appurare se la sostanza ricavabile dalla coltivazione sia o meno idonea a produrre un effetto stupefacente, anche a livello minimo. Se la risposta è positiva scatta la sanzione per coltivazione di droghe.