Coronavirus e cannabusiness: ecco come il virus può colpire l’industria della cannabis
In un mondo sconvolto dal coronavirus le sue ricadute sulle persone in generale, sui mercati e sul nostro modo di vivere, si stanno riflettendo anche sull’industria della cannabis a livello internazionale.
1. Forniture
Il primo problema a livello internazionale è il timore che la catena distributiva, in tutti i settori, non regga sul lungo periodo. E la paura è dettata innanzitutto dal fatto che la Cina non solo è uno dei più grandi produttori di canapa e biomassa al mondo, ma nel paese vengono anche prodotti vaporizzatori e le parti che li compongono, oltre a prodotti per le grow box, lampade, led e parti di ricambio più in generale.
Ma a lungo termine i problemi di fornitura potrebbero riguardare anche la semplice produzione di cannabis. La paura per l’emergenza sta portando i cittadini americani e canadesi a fare scorte di cannabis e prodotti derivati ma non si sa per quanto questa situazione potrà andare avanti. In Olanda i coffee shop chiusi dal governo sono stati riaperti il giorno successivo perché presi d’assalto dagli avventori. E le stesse paure, in Italia, riguardano i pazienti: la carenza diffusa di cannabis medica potrebbe tornare a farsi sentire con forza anche a causa del Coronavirus (firma QUI la petizione).
2. Problemi economici per le aziende
Come molte compagnie di cannabis in Canada, Tilray aveva bisogno di un’iniezione di capitale a causa delle crescenti perdite, dopo che le azioni sono scese del 75% nell’ultimo mese. E così ha annunciato un’offerta azionaria per raccogliere 90,4 milioni di dollari, che secondo il produttore di cannabis sarà usata per scopi aziendali generali, valutando le azioni al 20% in meno rispetto al prezzo di chiusura del giorno precedente.
Morgan Paxhia, amministratore delegato di Poseidon Asset Management, con sede a San Francisco, ha dichiarato che il virus – combinato con il clima di ristrettezza del capitale esistente nell’industria della marijuana – potrebbe potenzialmente far fallire alcune attività legate al settore della cannabis medica.
3. Cancellazione di fiere ed eventi
A causa delle misure di contenimento del virus, fiere ed eventi di settore stanno subendo cancellazioni in tutto il mondo, con tutte le conseguenze del caso. E parliamo di eventi che solitamente sono un momento importante per il lancio di nuovi prodotti, per la nascita di nuovi progetti e per “fare rete” più in generale. Di recente c’è stato il rinvio della International Cannabis Business Conference di Berlino e del CannaTech di Tel Aviv. La Spannabis ha annunciato all’ultimo il rinvio in autunno e lo stesso sta accadendo con le fiere italiane come l’Indica Sativa Trade di Bologna, che da aprile ha già annunciato di aver spostato le date in settembre. Oltre ai danni economici del momento, il problema sarà anche la riprogrammazione degli eventi, con il rischio di avere una fine d’anno stracolma di eventi rimandati sovrapposti tra loro.
4. Ricadute sul turismo cannabico
A livello internazionale, una grossa mano alle vendite di cannabis legale in giro per il mondo, l’hanno data i turisti. Ed è una cosa che vale per gli Stati Uniti così come per il Canada, ma anche per Spagna e Olanda, se vogliamo rimanere in Europa. Le quarantene imposte dai vari paesi e i blocchi alle frontiere bloccheranno questi flussi per un periodo di cui non conosciamo ancora la durata.
5. Chiusura di negozi e attività
Infine c’è il problema della chisura delle attività al dettaglio, un problema che vale tanto per i dispensari americani, quanto per le attività italiane come i grow shop. Alcuni stanno continuando con le vendite online, con tutti i problemi che le spedizioni e corrieri stanno avendo in questi giorni, ma alla lunga non è difficile immaginare cali di fatturato.