“Con la cannabis legale aumentano i problemi sanitari”: tutte le bufale che Avvenire è riuscito ad infilare in un solo articolo
Probabilmente è un record. Di smontare articoli pieni di bufale, fake news, imprecisioni e superficialità, ci è già ampiamente successo in passato (qui la raccolta completa), ma così tante in un solo articolo è forse la prima volta.
Nel nuovo articolo pubblicato di recente dal quotidiano cattolico, si parte subito con un’incredibile rivelazione: mentre da tutto il mondo arrivano i dati positivi relativi alla legalizzazione, ai suoi effetti economici e a quelli sociali (fatturati miliardari tolti alla criminalità e restituiti ai cittadini, diminuzione dei crimini violenti, abbassamento o comunque il non aumento dei consumi da parte degli adolescenti, creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro, sdoganamento della ricerca scientifica etc…), secondo l’autore dell’articolo, legalizzare è controproducente.
“Dal 2016”, scrive, “anno della legalizzazione negli Usa, il consumo e le patologie legate alla cannabis sono aumentati di circa un terzo”. Innanzitutto vogliamo dare una notizia ai colleghi di Avvenire: la legalizzazione in USA iniziata nel 2014, in Colorado, e non servivano grandi inchieste per scoprirlo. Seconda cosa: come avevamo già spiegato, la situazione è tutt’altro che critica; vediamo infatti che ci sono stati un totale di 7.438.905 ricoveri dall’1 gennaio del 2000 al 30 settembre del 2015. Di questi solo lo 0,3% è riconducibile alla marijuana, mentre l’1,2% riguarda persone che avevano assunto cannabis o derivati, ma che non erano in pronto soccorso per tale motivo. Facendo una valutazione su campione di 100.000 ricoveri, vediamo che quelli causati direttamente dal consumo di marijuana sono aumentati da 274 nel 2000 (prima della legalizzazione) a 593 nel 2015. (Fonte: PubMed – Central National Library of Medicine/ National Institute of Health).
Come ci aveva raccontato il dottor Davide Fortin (economista specializzato nelle politiche sulle droghe all’Università Sorbona), collaboratore di Marijuana Policy Group (MPG), una società di consulenza economica e politica, riconosciuta a livello internazionale per il suo ruolo di ricerca e indagine in merito ai mercati della cannabis medica e ricreativa, l’incremento delle visite dopo la legalizzazione della cannabis è dovuto principalmente a tre motivi: la maggiore onestà da parte dei pazienti nel dichiarare l’uso di una sostanza legale in ambiente ospedaliero; la maggiore attenzione dell’operatore sanitario relativamente ai casi legati alla cannabis legale e a un aumento delle analisi tossicologiche sulle urine nei casi sospetti; la nascita di nuove categorie di prodotto come quella alimentare a base di THC, con effetti inaspettati tra i consumatori inesperti. (NB: Al contrario dell’inalazione, gli effetti psicoattivi di un prodotto ingerito sono ritardati e possono portare a un involontario abuso nei soggetti impazienti di “percepire” gli effetti del prodotto).
Passiamo al secondo punto, il più clamoroso: secondo Avvenire “Crollano i miti della cannabis cosiddetta ‘medicinale’. La scienza ci mostra dati importanti: la cannabis e i suoi derivati sono utili solo per pochissime patologie e meno efficaci di altri trattamenti”. Ora: per quello che ci riguarda ogni opinione è sacra, ma qui siamo proprio lontani da qualsiasi obiettività giornalistica. Da una parte c’è l’OMS, e quindi non Dolce Vita o qualche sciagurato fricchettone, che ha chiesto ai paesi membri di riclassificare la cannabis per le sue riconosciute proprietà mediche, dall’alta un giornalista che, senza nessun dato o studio alla mano, sentenzia che la cannabis medica è un mito, tra l’altro già crollato! Verrebbe da ridere se non stessimo parlando di questioni sensibili come il diritto alla salute e di una pianta che, con i suoi principi attivi, si sta dimostrando efficace e sicura per trattare il dolore cronico, i sintomi del cancro e patologie altamente invalidanti come sclerosi multipla o epilessie resistenti ai farmaci, anche a livello pediatrico. Con una puntualizzazione: le “pochissime” patologie per le quali la cannabis può essere utile, in realtà sono più di 100.
Anche il terzo punto sfora nel ridicolo. Secondo l’articolo infatti, “crollano anche i miti dei derivati ‘alimentari’ della cannabis“. Ma l’autore dell’articolo fa un errore clamoroso, confondendo i derivati alimentare del seme, ritenuto come uno degli alimenti più ricchi di elementi nutritivi e considerato un vaccino nutrizionale per la protezione del nostro sistema immunitario, con gli edibles, i prodotti commestibili contenenti THC.
Infine, scrive, “crollano i miti sulla depenalizzazione della cannabis che farebbe diminuire rischi e consumi”; innanzitutto il giornalista parla di depenalizzazione non sapendo probabilmente che legalizzare e depenalizzare sono due azioni completamente diverse. E comunque dice una bugia. Il mito che è crollato è quello portato avanti dai proibizionisti e che sosteneva che legalizzando sarebbero aumentati i consumi tra i giovani, cosa che non è avvenuta. Nei migliori dei casi diminuiscono anche del 10% e nei peggiori restano uguali, questo perché, con i soldi delle entrate della cannabis, vengono fatte campagne informative nelle scuole.
Noi, con quello che abbiamo scritto, non vogliamo certo minimizzare i potenziali rischi che l’abuso di cannabis può comportare, soprattutto nei giovani, ma siamo convinti che il futuro per questa pianta abbia a che fare con la consapevolezza che può arrivare solo da una corretta informazione, quella che Avvenire non ha certo fatto!