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Comunità energetiche rinnovabili: che ruolo possono avere in questa crisi?

La soluzione alla crisi energetica c'è, ma restano alcuni nodi da sciogliere affinché realtà come queste prendano il volo

Comunità energetica

Si prospetta un inverno molto difficile dal punto di vista energetico. Pesano tanto le contingenze attuali, come la crisi ucraina e la politica speculativa delle grandi aziende che producono energia. Ma pesa soprattutto un sistema che non è capace – o meglio, che non ha la volontà – di avviare una volta per tutte le tanto auspicata decarbonizzazione, superando modelli di produzione e distribuzione dell’energia inquinanti e inefficienti.

La crisi attuale riporta violentemente d’attualità questo tema e lo fa anche perché non siamo in un vicolo cieco: le vie d’uscita esistono. Vanno tuttavia valutate e soppesate attentamente, per non cadere in soluzioni facili e, a lungo andare, fallaci. Se ci aspettiamo che la quota di energia elettrica prodotta da fonti fossili – in particolare il gas – diminuisca rispetto alle percentuali attuali, rischiamo di rimanere impantanati: tutti i segnali provenienti dalla politica italiana sembrano escludere questa ipotesi, almeno nel breve periodo.

Grafico del numero di comunità energetiche in Italia confronto ad altri paesi europeiNon rimane dunque che sfruttare un’interessante opportunità che la legge offre e attivarsi in prima persona, sfruttando l’opzione delle comunità energetiche. Se ne parla ormai da diversi anni e l’argomento non è più così di nicchia: nel giugno 2018 quindi viene emanata la direttiva europea RED II con l’obbligo di recepimento da parte degli stati membri entro giugno 2021, recepita dall’Italia con il decreto Milleproroghe.

«Le Comunità Energetiche sono un sistema per permettere anche a chi non ha la possibilità di installare il proprio impianto fotovoltaico singolo di autoprodurre e autoconsumare energia secondo un modello cooperativo. La condivisione dell’utilizzo delle fonti di energie è un percorso che ha radici lontane e si rifà ai forni collettivi del paese, dove si cucinava il pane e la pizza in maniera collettiva, o al sistema degli usi civici», ha commentato Dario Tamburrano, ex europarlamentare e iniziatore del percorso legislativo che ha portato all’istituzione di questa modalità di produzione e consumo di energia.

Come Italia Che Cambia abbiamo seguito nel corso dei mesi il percorso normativo e i primi esempi di attuazione e creazione delle comunità energetiche. Nel corso del 2022 abbiamo realizzato uno speciale che ha affrontato le diverse sfaccettature di questa formula, dalle implicazioni normative agli aspetti tecnici, raccontando anche i casi di comunità energetiche già avviate: come stanno andando, le difficoltà che hanno incontrato, l’impatto che hanno generato sul territorio.

Un punto particolarmente significativo su cui ci siamo soffermati con l’aiuto di Cristiano Bottone – figura di riferimento del movimento delle città in transizione, ricercatore e collaboratore esperto di energia – è quello delle criticità, delle mancanze e delle insidie insite oggi nel modello delle comunità energetiche. L’obiettivo del lavoro non è certo scoraggiare i cittadini e le istituzioni dal creare nuove CER, quanto piuttosto invitare i soggetti coinvolti a farlo in modo consapevole e al tempo stesso stimolare la maturazione di tutti quei dettagli che ancora mancano per renderle definitivamente sicure, complete e affidabili.

Entrando nello specifico, i punti da chiarire sono prevalentemente di natura tecnica e normativa. Sul primo fronte, quello che pesa è una legge europea che è stata scritta e approvata con un intento preciso che però, nelle dinamiche di recepimento, ogni paese trasforma attraverso tantissime mediazioni. Secondo Cristiano Bottone, «ci sono troppi passaggi tecnico-burocratici che rimangono nel limbo: in una simile situazione di incertezza, con molte incognite in gioco, è difficile convincere le persone a fare programmi a lungo termine che potrebbero dover fare i conti con cambiamenti in corsa».

A questo si aggiungono ritardi e inadempienze anche nelle azioni già in programma – come denuncia Legambiente – soprattutto da parte di Arera, «che avrebbe dovuto provvedere all’adozione dei provvedimenti necessari a garantire l’attuazione delle disposizioni previste. Un ritardo inaccettabile che di fatto blocca lo sviluppo di questi nuovi sistemi energetici e tutti i vantaggi a essi connessi, a partire dalla possibilità di ridurre i costi in bolletta per amministrazioni, cittadini e imprese».

E dal punto di vista tecnico? «Il nostro sistema elettrico non è stato pensato per le CER e deve subire una articolata evoluzione, che dipende dal mix energetico e da tanti altri aspetti tecnici», spiega ancora Cristiano Bottone. Le criticità sono molteplici e si riferiscono a diversi ambiti, dalla tecnologia alla burocrazia, dalla contabilità alla responsabilità legale. «Dall’altra parte c’è il fatto che questa novità non è gradita a chi gestisce la produzione centralizzata. Se il modello delle comunità energetiche si sviluppasse nel tempo sarebbe una vera rivoluzione sistemica ed è prevedibile che chi detiene l’egemonia cerchi di ostacolare questo processo o quantomeno di imporvi proprio dominio».

Le comunità energetiche sono dunque un fuoco di paglia? Assolutamente no. Non solo i concetti che stanno alla base di questa modalità di consumo e produzione di energia – condivisione, cooperazione, sostenibilità, riduzione di scala – sono e saranno sempre validi, ma anche molti dei progetti di CER già avviati stanno portando ottimi risultati a tutti i soggetti coinvolti.

Manca però ancora qualcosa: «Da parte del legislatore e degli enti coinvolti serve uno sforzo di chiarezza e linearità e serve il più in fretta possibile, sennò il provvedimento che istituisce le comunità energetiche rischia di essere completamente depotenziato. Da parte dei media e dei protagonisti dei progetti attuati sinora e in via d’attuazione serve invece prudenza, perché c’è un sacco di gente che si innamora dell’idea e poi se ne va delusa dalle troppe incognite ancora irrisolte e il rischio di bruciare questo entusiasmo è alto. Una programmazione attendibile si può fare seriamente solo a bocce ferme, con tutti gli elementi chiari».



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