Compendio etnobotanico: Abrus precatorius
Nota:
– Stimolante, euforizzante
– Tossico, anche mortale
L’Abrus precatorius, conosciuto nell’area del Tamil col nome di kudri mani e di guru ginja in Telugu è stato impiegato per secoli dalla medicina Siddha, che conoscendone gli effetti tossici suggeriva vari metodi di purificazione, il più comune dei quali era di far bollire i semi nel latte, per poi essiccarli al sole. La pratica ha una base farmacologica scientifica, in quanto le alte temperature ne eliminano la tossicità.
La varietà bianca e nera viene usata come olio che si dice sia afrodisiaco; un decotto di foglie è usato come antifebbrile, contro la tosse e i raffreddori. La pianta è molto apprezzata nell’artigianato etnico per la brillantezza dei semi rosso e neri, che li fanno assomigliare a tante coccinelle. La fabbricazione dei monili è comunque pericolosa, e non sono pochi i casi di decessi per l’incauto maneggiamento dei semi.
A Trinidad e nelle Indie Orientali con i semi vengono prodotti braccialetti che vuole la credenza tengano lontani malocchio e spiriti malvagi. La ricerca farmacologica al momento non ha ancora dimostrato una attività clinica dell’Abrus precatorius sull’essere umano.
L’estratto etanolico della pianta ha evidenziato nei roditori un’azione antiossidante, antiinfiammatoria e analgesica; l’estratto metabolico provoca alterazioni reversibili nell’eccitazione sessuale dei topi di laboratorio, bloccando nelle femmine il ciclo dell’ovulazione; sempre l’estratto metabolico ha evidenziato nelle cavie un’attività broncodilatatrice.
Non esistono testimonianze o evidenze di un utilizzo dell’Abrus precatorius a scopi voluttuari o cerimoniali, anche se la letteratura psicoanautica americana lo inserisce tra le specie psicoattive o potenzialmente tali (Grubber, Growing the Hallucinogens, 20th Century Alchemist, Berkeley, CA).
N.B.
Non vi sono prove che le piante presentate in questo spazio siano state utilizzate per le loro proprietà psicoattive in contesti magico-religiosi, tranne qualche eccezione che verrà evidenziata. Ma di una cosa non c’è dubbio: tutte posseggono un’azione neurostimolante o psicostimolante, diretta o indiretta.