Compendio etnobotanico : Adonis Vernalis, Achillea Millefolium e Aconitum Sp.
Proseguiamo la rassegna di piante di cui non vi sono prove che siano state utilizzate per le loro proprietà psicoattive in contesti magico-religiosi, tranne qualche eccezione che non mancheremo di evidenziare. Ma ciò nonostante sono tutte piante che posseggono un’azione neurostimolante o psicostimolante, diretta o indiretta.
Le abbiamo divise in cinque classi, per comodità descrittiva anche se ovviamente si tratta di uno schematismo che non sempre corrisponde alla realtà. Ad esempio la distinzione fra “allucinogeni” e “delirogeni” non è poi tanto marcata, e la maggior dissociazione prodotta da questi ultimi può anche essere soggettiva.
ADONIS VERNALIS
– Sedativo, narcotico
– Tossico, anche mortale
L’Adonis vernalis, o adonide gialla o adonide primaverile, è una pianta abbastanza rara nell’Europa centro occidentale: in Italia è localizzata soltanto in Abruzzo, e data per estinta in Friuli.
Pianta perenne, alta da 10 a 40 centimetri, glabra, con grosso rizoma diviso in radici nere, fusti eretti con numerose foglie pennate. I fiori sono grandi, giallo dorato pallido lucente. Originaria forse dell’Asia, predilige i terreni rocciosi calacarei, a una altitudine variabile dai 1000 ai 1300 metri. Tutte le parti della pianta contengono glucosidi affini alla digitalina: adonidoside, adonivernoside, cumarina e adonitossina. La radice contiene anche un derivato della cumarina, la vernadina. Nella medicina popolare veniva considerato un rimedio contro le affezioni cardiache e ad azione diuretica e sedativa generale. Il dosaggio elevato (e quindi pericolosamente tossico) comporta turbe gastrointestinali, nausea, vomito, diarrea, aritmie e perdita di coscienza.
ACHILLEA MILLEFOLIUM
– Stimolante, euforizzante
L’Achillea appartiene alla Famiglia delle Asteraceae ed è una pianta cosmopolita, perenne, rizomatosa, alta da 30 a 60 cm. Con foglie segmentate e infiorescenza a ombrella, rosa o bianca. I fiori e tutta la pianta emanano un odore caratteristico intenso.
In Italia è presente soprattutto al nord. Fiorisce in zone campestri incolte e lungo i margini dei sentieri fino a 2200 metri di altitudine. Nelle Alpi-Appennini preferisce i pascoli montani o rupi umide. Non soffre la siccità o il freddo, ma evita ambienti troppo umidi. A volte è infestante. Altrove fiorisce in prevalenza nell’emisfero settentrionale dalla Siberia all’Himalaya.
L’Achillea millefolium è ricca di un olio essenziale che contiene cineolo, proazulene, achilleina. È conosciuta fin dall’antichità come tonico, amaro, carminativo, spasmolitico. Il cineolo si è dimostrato un ottimo antisettico, espettorante e stomachico; il proazulene è uno spasmolitico attivo, astringente e amaro. La moderna fitoterapia prescrive l’infuso della pianta intera (senza radici) nella distonia vegetativa del bacino, nell’anoressia e dispepsia. Conosciuto da Dioscoride che lo utilizzava come emostatico, nei Paesi del nord Europa l’Achillea veniva usata al posto del luppolo nella fabbricazione della birra; in Germania, ancora nel XVI secolo, i semi gettati nei tini assicuravano la conservazione del vino.
Anche se mancano informazioni in merito, è ipotizzabile un suo antico uso come agente psicoattivo, almeno stando alle tradizioni mitiche. Per molti Indiani nordamericani è una pianta sacra usata nel corso di rituali religiosi (Ratsch, Le piante dell’amore, Gremese Editore), mentre nella Cina antica gli steli venivano impiegati nella geomanzia e nel Libro degli Oracoli I-Ching. Nella nostra tradizione Plinio vuole che Achille curasse le ferite dei soldati greci durante la guerra di Troia (e da qui il suo nome, Achillea); Achille avrebbe imparato le virtù della pianta direttamente dal suo maestro, il Centauro Chirone. Ed è proprio l’associazione con Chirone che ci fa sospettare un uso della pianta al di là delle sue proprietà cicatrizzanti. Ricordiamo che Chirone fu precettore anche del dio della medicina, Asclepio (Esculapio) ed è protagonista di molti miti relativi alle piante allucinogene (Graves, I miti greci, Longanesi).
Considerata da quasi tutti i popoli una vera e propria panacea, in grado di alleviare tutti i dolori, il Millefoglio dagli Indiani del nord America era considerata una pianta sacra ed utilizzata in rituali, mentre nell’antica Cina i suoi steli erano impiegati nelle pratiche divinatorie.
ACONITUM SP.
– Sedativo, narcotico
– Tossico, anche mortale
Nella medicina tradizionale cinese le radici di aconito sono apprezzate come stimolante, cardiotonico e analgesico e narcotico; l’Aconitum carmichaelii è comune in tutta la Cina meridionale e viene impiegato nelle cefalee, nelle emiplagie, nei reumatismi, artriti, contusioni e fratture. Studi farmacologici condotti in Cina sembrerebbero evidenziare la possibilità che la pianta stimoli il sistema immunitario, anche se non è ancora stata isolata una sostanza che abbia queste caratteristiche. È possibile che l’azione sia comunque dovuta agli effetti sinergici di parecchie altre piante impiegate nella medicina popolare (Chang et al. 1994).
Anche nella medicina giapponese troviamo l’aconito (bushi), utilizzato principalmente nei disturbi digestivi e come sintomatico nei casi di diabete (diminuirebbe la concentrazione di zucchero nel sangue).
Alcuni autori lo segnalano come ingrediente di bevande psicoattive: ad esempio Schultes e Hofmann ritengono che dietro all’aconito si nasconda il misterioso lang-tu cinese, utilizzato per sofisticare il fang-k’uei (Peucedanum sp.) che in dose eccessive produce “delirio e una sorta di pazzia”; Rätsch da parte sua afferma che viene mescolato al ginseng per potenziarne gli effetti ricostituenti.
In Italia troviamo l’Aconitum napellus, relativamente comune sulle montagne, a un’altezza anche di 3000 metri. Cresce nei luoghi umidi, ombrosi, in prossimità dei ruscelli. Appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee e i suoi principi attivi sono alcaloidi del gruppo diterpene, napellina, aconitina e i glucosidi flavonici luteolina e apigenina.
Pianta erbacea perenne alta fino a 1,50 metri con radice tuberosa irregolare, stilo eretto poco ramificato; le foglie sono digitate, verde scuro. I fiori, molto belli, sono di color azzurro-violaceo.
L’Aconitus napellus potrebbe esser stato un ingrediente degli unguenti delle streghe europee, almeno stando a A.J. Clark che attribuisce ad esso vertigini e impressione di volare.
Una specie di aconito molto comune nell’area himalayana, l’Aconitum ferox, è un ingrediente delle misture da fumo nel buddhismo tantrico e dagli effetti molto potenti.
Anche gli “elisir dell’immortalità” della tradizione cinese taoista contemplano l’aconito, miscelato a arsenico, mercurio, canapa indiana e digitale.
Purtroppo sono molto scarsi gli studi su questa specie di piante, per lo meno non si è ancora riusciti a stabilire con certezza una sua possibile psicoattività né tantomeno una sua soglia non tossica; quello che è certo che l’aconito è forse la pianta più tossica d’Europa, e l’aconitina occupa il secondo posto dopo la nepalina (estratta dall’Aconitum ferox, del Nepal) che si ritiene essere il veleno vegetale più attivo conosciuto. Una dose di 2-4 gr. di tubero fresco rappresenta già una dose mortale per l’uomo. La fitoterapia lo conosce come uno degli anestetici più potenti. L’ingestione della pianta provoca numerosi disturbi anche gravi: senso di angoscia, perdita di sensibilità, rallentamento della respirazione, indebolimento cardiaco, formicolio al viso, sensazione che la pelle del viso si ritiri, ronzio alle orecchie, disturbi della vista, contrazione della gola che può provocare la morte per asfissia.
L’azione dell’aconitina, infatti, si localizza immediatamente al midollo, aumentando in un primo momento la motilità ma determinando, in maniera improvvisa e spesso letale, la paralisi dei nervi motori, sensitivi e secretori.
Sono stati segnalati fenomeni irritativi locali (con principio di intossicazione) solo tenendo un mazzo di questa pianta nelle mani in quanto attraverso la pelle possono essere assorbiti i principi attivi velenosi dell’aconitina.
N.B.
Non vi sono prove che le piante presentate in questo spazio siano state utilizzate per le loro proprietà psicoattive in contesti magico-religiosi, tranne qualche eccezione che verrà evidenziata. Ma di una cosa non c’è dubbio: tutte posseggono un’azione neurostimolante o psicostimolante, diretta o indiretta.
Gilberto Camilla
Etnopsicologo, Presidente della SISSC (Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza)