Narcos, piantagioni di erba e omicidi: Trapani sta diventando la Tijuana d’Italia
Ad alzare il velo dell’attenzione nazionale è stato l’omicidio di un maresciallo dei Carabinieri la notte del 31 maggio, colpito da una raffica alle spalle mentre, insieme ad un collega, era appostato nei pressi di una mega serra di marijuana. Un fatto che, coinvolgendo un uomo dello stato, ha svelato una dinamica che pare in corso da diverso tempo. Un salto di qualità criminale da parte delle organizzazioni che gestiscono il traffico di erba in Italia.
L’agguato costato la vita al maresciallo Silvio Minarchi non è infatti un caso isolato. Pochi giorni prima (il 25 maggio), sempre in provincia di Trapani e a poca distanza dalle piantagioni, un cittadino rumeno era stato ritrovato carbonizzato in un probabile regolamento di conti malavitoso, mentre il 27 maggio un ragazzo era stato ferito con un colpo di pistola mentre si trovava nei pressi di un’altra piantagione del trapanese, forse nell’intento di rubare alcune piante, ma non è chiaro. Quel che è chiaro invece, è che i trafficanti della zona sembrano aver messo da parte il “profilo basso” abbracciando le tecniche dei narcos di altre zone del mondo – dal Messico all’Albania – dichiarando guerra a chiunque ne ostacoli gli affari, stato compreso.
E d’altra parte, stando ai dati sui sequestri pubblicati dal Ministero degli Interni, appare ormai chiaro come i numeri del traffico di droghe leggere rappresentino una voce di bilancio fondamentale per la malavita. Abbastanza alto da valere il rischio di un’abbozzo di guerra allo stato, a quanto pare. Giusto ieri la polizia ha scoperto, sempre a Marsala, una piantagione all’aperto di circa 15mila piante di cannabis. E a colpire oltre alla quantità sono soprattutto le modalità della coltivazione, rivelate dal comunicato degli agenti: il campo completamente recintato e protetto da piante alte per impedire la visuale, le serre collegate tra loro con impianti irrigui e canali, il laboratorio attrezzato per la lavorazione del raccolto posto di fianco alle serre, la zona di campo destinata alle piante raccolte da essiccare. Più che una campo, un vero e proprio centro di produzione, lavorazione e stoccaggio, simili a quelli che sono presenti in Albania, dove non a caso da oltre un anno è in corso una vera e propria guerra nascosta.
Le organizzazioni criminali nostrane sembrano infatti ormai indipendenti, e non si limitano più a smerciare la cannabis prodotta nei Balcani come avveniva in passato, prova ne è il fatto che dall’Albania è sempre meno l’erba che finisce sul mercato italiano. La criminalità italiana ora sembra puntare all’autoproduzione. Secondo i dati degli Interni nel 2015 sono stati 30.166 i chili di hashish e marijuana già stoccati sequestrati in Sicilia (una quota che vale il 45% di tutti i sequestri avvenuti in Italia). Quantità di droghe leggere che sul mercato poteva fruttare oltre un miliardo di euro, e parliamo ovviamente solo della cannabis che le forze dell’ordine hanno sequestrato. Facile a questo punto ricordare le parole, rimaste inascoltate, dell’ultimo rapporto della Direzione Nazionale Antimafia: per sconfiggere le mafie bisogna cominciare legalizzando le droghe leggere.