Coltiveremo cannabis nello spazio?
Nel futuro potrebbe essere una possibilità concreta perfezionando la produzione con i bioreattori
Sembra un’idea balzana, ma quanto ha dichiarato a Futurism Chris Hadfield, un astronauta canadese in pensione, ci induce a credere che in realtà non sia solo un’idea stravagante, ma un vero e proprio progetto, in quanto l’azienda BioHarvest di cui è consulente, specializzata nella crescita di cellule vegetali e nutrienti potenziati per gli astronauti, ha infatti lavorato per anni proprio sulla possibile produzione di cannabis nello spazio.
Con l’avvento del turismo spaziale e il repentino calo dei costi per il lancio dei viaggiatori in orbita infatti, l’idea di una navicella spaziale ricreativa sta cominciando a sembrare meno inverosimile di quanto non fosse anche solo dieci anni fa.
Hadfield, che ha trascorso del tempo sia sulla stazione spaziale russa Mir, che sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), crede che un giorno non troppo lontano l’uso della marijuana nello spazio potrebbe diventare realtà.
L’ex astronauta ci ricorda che le sostanze che alterano la mente hanno sempre fatto parte della vita umana: “Le persone masticano funghi e vari tipi di radici e bacche da sempre. C’è sempre stato un ruolo nella società o nel comportamento umano per questo”, ha aggiunto.
Hadfield chiarisce anche che certamente gli astronauti al giorno d’oggi non possono permettersi di avere una coscienza alterata durante una missione spaziale, ma man mano che il turismo spaziale cresce, aumenta pure la plausibilità dell’uso ricreativo di droghe nel cosmo, se non altro da parte dei turisti spaziali.
LA CANNABIS COLTIVATA IN ORBITA POTREBBE ESSERE DAVVERO SPAZIALE
BioHarvest ha trovato un modo per coltivare tricomi (appendici delle piante, ndr) ovvero una piccolissima parte attiva della pianta di cannabis, usando i bioreattori, ha detto Hadfield.
Con questo nuovo metodo, i ricercatori sono stati in grado di perfezionare la produzione nello spazio e la coltivazione solo della parte reattiva della pianta.
“L’azienda sta replicando il naturale processo di crescita della parte che ci è utile, senza l’intera pianta”, e questa potrebbe verosimilmente costituire una svolta dal punto di vista della scienza biologica, ha spiegato Hadfield.
Come afferma il CEO di BioHarvest, Ilan Sobel, in effetti lo spazio potrebbe anche essere l’ambiente perfetto per produrre cannabinoidi a scopo terapeutico, come “VINIA”, un integratore derivato dai globuli dell’uva rossa, che ha “dimostrato con test clinici di apportare significativi benefici cardiovascolari”. Questo potrebbe essere un vantaggio per gli astronauti, ha detto Sobel, che “devono essere sempre in condizioni fisiche ottimali durante i loro viaggi nello spazio”.
Ecco perché BioHarvest sta concentrando i suoi sforzi nel cercare di fornire ai futuri astronauti nutrienti potenziati dalla gravità, piuttosto che un modo per sballarsi, grazie a “tecnologie spaziali”, ci riusciranno?
CANNABIS NELLO SPAZIO: L’IMMAGINE FA IL GIRO DEL MONDO
Era il 2018 quando l’immagine che vedete qui sotto fece il giro del mondo, prima di essere bollata come un fake. L’astronauta protagonista dello scatto è proprio Chris Hadfield che però, nello scatto originale, teneva in mano un sacchetto colmo di uova di Pasqua. La foto fu smentita da diverse testate, che però non potevano immaginare gli sviluppi di questa storia, in cui una foto fake ha anticipato la realtà.
Articolo a cura di Veronica Tarozzi