Coltivazione di cannabis: troppe aspettative sulla pronuncia della Corte Costituzionale?
Il prossimo 9 marzo la Corte Costituzionale sarà chiamata ad esprimersi sulla coltivazione di cannabis a scopo di consumo personale, dovendo stabilire la punibilità o meno della coltivazione di poche piante. Un appuntamento che sta generando molte aspettative tra consumatori e attivisti della canapa. Abbiamo fatto una chiacchierata con l’avvocato Carlo Alberto Zaina per capire cosa potrebbe cambiare in caso di una pronuncia favorevole della Corte e se tutta questa aspettativa sia ben riposta.
SU COSA DECIDERÀ LA CORTE COSTITUZIONALE. I giudici della Corte Costituzionale saranno chiamati a stabilire se sia costituzionale che la coltivazione di cannabis per evidenti scopi di consumo personale, e non di spaccio, sia trattata come condotta differente rispetto al semplice possesso di cannabis. In pratica, sino ad oggi, l’acquisto e il possesso di cannabis comprata dagli spacciatori è considerato un illecito amministrativo mentre la la coltivazione viene considerata reato penale. Se i giudici si pronunceranno a favore anche alla coltivazione verrebbe riservato lo stesso trattamento del semplice possesso.
COSA POTREBBE CAMBIARE CONCRETAMENTE PER I COLTIVATORI. Questo è il punto fondamentale: cosa cambierà realmente se la Corte si pronuncerà a favore della coltivazione? Si potrà coltivare senza timore di essere processati e condannati? «La Corte, se si pronuncerà favorevolmente, andrà a codificare un principio che in questi anni si è già diffuso nei tribunali – spiega l’avvocato Zaina – in quanto già oggi si ottiene spesso l’assoluzione per la coltivazione di un numero contenuto di piante a evidente scopo di esclusivo consumo personale. Per il resto cambierà poco e non dobbiamo illuderci che una pronunzia favorevole equivarrebbe alla legalizzazione della coltivazione, perché comunque chi sarà trovato in possesso di qualche pianta di cannabis andrà a processo».
LA SPERANZA DI UN CAMBIO DI INDIRIZZO NEI GIUDICI. Insomma, la sentenza non stabilirà in alcun modo l’assoluzione automatica dell’imputato, né tantomeno un numero preciso di piante che sarà lecito coltivare. Continuerà ad essere la magistratura a valutare caso per caso e a decidere se si tratterà di coltivazione a scopo personale durante il processo. «Possiamo sperare che una sentenza favorevole potrà agevolare in parte il lavoro degli avvocati in caso di coltivazioni di minima entità, ma poco più – continua Zaina – la cosa migliore che potrebbe provocare una pronunzia favorevole della Corte potrebbe essere il fungere da stimolo per l’approvazione di una nuova legge da parte del Parlamento» anche se vista l’inerzia dimostrata dal governo sul tema non c’è da scommetterci.