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Coltivazione di cannabis: la politica tace, la legge è schizofrenica

cassazioneGrande è la confusione sotto il cielo. Da mesi assistiamo a sentenze contrastanti che alle volte assolvono ed altre volte condannano per uno stesso tipo di condotta: la coltivazione di poche piante di cannabis per uso personale.
E’ del resto difficile che possa esserci unanimità di giudizio nell’applicazione di una legge prima dichiarata incostituzionale (la Fini-Giovanardi) e poi rimodulata in base a micro-interventi da parte delle commissioni parlamentari. Servirebbe una nuova legge quadro, ma il governo Renzi pare non aver nessuna intenzione di sporcarsi le mani e rischiare la propria stabilità su questo tema.
Tuttavia un caso come quello di cui stiamo per rendervi conto ancora non si era verificato, e ci sarebbe da ridere per non piangere. In Italia può succedere che la medesima sezione della Corte di Cassazione (la sesta) emetta due sentenze diametralmente opposte per una medesima condotta (appunto, coltivazione di cannabis per uso personale), il tutto a distanza di due giorni. A segnalarlo attraverso la propria pagina facebook l’avvocato Carlo Alberto Zaina.

COLTIVAZIONE DI CANNABIS: LA SESTA SEZIONE ASSOLVE. Sentenza dell’8 aprile 2014: la sesta sezione della Cassazione assolve l’imputato dall’accusa di coltivazione di cannabis. Con la sentenza si afferma che “la coltivazione, quando non risulti espressione di un’attività criminale e cioè quando non viene rilevata l’offensività della condotta, non è punibile”. Alla base dell’assoluzione vi è il riscontro da parte della corte del “conclamato uso personale e della minima entità della coltivazione, tale da escludere la possibile diffusione della sostanza producibile e/o l’ampliamento della coltivazione”. Il principio che emerge dalla sentenza è quindi, in tutta evidenza, quello della non punibilità di una coltivazione di cannabis di minima quantità, tale da evidenziare uno scopo della coltivazione evidentemente solo per uso personale.

COLTIVAZIONE DI CANNABIS: LA SESTA SEZIONE CONDANNA. Passano due giorni, il 10 aprile 2014, e sempre la sesta sezione della Cassazione condanna l’imputato per coltivazione di cannabis. La sentenza di due giorni prima è ribaltata ed ora secondo i giudici “la finalizzazione ad uso personale del ricavato della coltivazione appare ininfluente al fine di esimere da punizione la condotta e l’unica ipotesi nella quale si può rilevare l’inoffensività della condotta coltivativa, cioè la non pericolosità della stessa, sarebbe quella in cui le piante siano inidonee a produrre principi attivi”. Vale a dire mai. Il nuovo principio è il seguente: costituisce condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale.

IL COMMENTO DELL’AVVOCATO ZAINA. Dalla sua pagina facebook questo il commento dell’avvocato Carlo Alberto Zaina: “Lascio a voi che avete la pazienza di leggere ogni conclusione. Al di là del fatto che si tratta di principi estrapolati da più ampie sentenze, rimane, peraltro, la considerazione – inequivoca – che in relazione al medesimo tema vengono espressi due orientamenti perfettamente opposti, dalla stessa Sezione giurisdizionale, a distanza di poche ore. Ma quale certezza ha il diritto?”



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