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Coltivatori in guerrilla e la via del camuffamento!

Per molti grower, che vivono dove vige il proibizionismo, la coltivazione della cannabis in guerrilla è l’unica soluzione. Ecco alcune curiose e impressionanti storie di coltivatori in guerrilla

Silhouette of a man on a hemp field in sunlightAlla fine degli anni ‘70 e all’inizio degli anni ‘80 quando iniziai a coltivare cannabis in Australia non aveva nomi particolari come oggi, ma era conosciuta da tutti semplicemente come ERBA! A quei tempi l’unica maniera per coltivare la cannabis era farlo all’aperto, la sfida consisteva nel modo in cui bisognava camuffare le piante per assicurarsi di non essere scoperti dalla “legge”. Allo stesso modo, visto che c’era gente che preferiva rubare le piante piuttosto che coltivarle, era essenziale assicurarsi che il camuffamento tenesse alla larga anche questo tipo di individui che sfruttavano il lavoro altrui. Chiunque riusciva ad arrivare al raccolto senza intoppi era il nostro eroe.

A quell’epoca tutto veniva coltivato dal seme e molte persone lavoravano su varietà che si erano procurate nei loro viaggi nel sud-est asiatico. Alcuni tipi di erba iniziavano a diventare riconoscibili da parte di certi coltivatori visto che condividevano tratti simili. L’ibridazione delle piante ha portato a caratteristiche fenotipiche molto marcate e, dopo 4 o 5 generazioni di incroci, le varietà interessate hanno iniziato a rispecchiare le caratteristiche proprie del coltivatore garantendo una maggiore omogeneità. Ciò ha portato a semi stabili in cui circa il 70% era simile nel fenotipo e il 15% assomigliava al padre o alla madre. Dal momento che le piante parentali sono state combinate per assomigliarsi, grazie alla selezione costante dei tratti di ogni generazione di parentali si è arrivati all’omogeneizzazione di una linea ibrida iniziale. Per esempio, quando un seme originale Afghano e un seme originale della Thailandia venivano piantati e successivamente il coltivatore selezionava una determinata femmina Afghan e un determinato maschio Thai, il risultato dell’unione veniva chiamata ibrido. La linea di semi risultante contiene inizialmente nel suo genotipo un 50% di Afghan e un 50% di Thai. Tuttavia la selezione è un processo individuale e personale, poiché tutti noi abbiamo gusti diversi, alcuni coltivatori preferiscono determinate caratteristiche e quindi basano la loro selezione di un padre e di una madre su diversi prerequisiti. Dunque tali semi avevano tratti molto più spiccati rispetto alla maggior parte dei semi di oggi. Questo è dovuto al fatto che oggi molti coltivatori non usano vere piante maschio e inducono le piante a cambiare sesso tramite sostanze chimiche per renderle femmina piuttosto che selezionare i tratti desiderati in una popolazione regolare (maschi e femmine in egual misura). All’improvviso siamo passati a una cultura più simile a quella del fast-food con l’obiettivo di soddisfare la convenienza e avere tempo libero per fare altro, e purtroppo ciò si è rivelato essere una follia perché non si può mettere fretta alla Natura! 

Sapendo che la cannabis era illegale e che le autorità avevano scarso accesso a test di laboratorio rapidi, tutto ciò che assomigliava alla cannabis veniva immediatamente considerato illegale. Magari si trattava solo fibra di canapa ma per i non esperti sembrava tutta uguale, e quindi illegale! Il risultato di questa confusione da parte dei non addetti ai lavori è che coloro che sapevano molto sul THC e sulla selezione di semi dovettero farsi furbi, ciò portò a incredibili dimostrazioni di astuzia per assicurarsi di coltivare e raccogliere la cannabis senza essere arrestati o derubati lungo il percorso. 

Quello che hanno dovuto fare i coltivatori per mantenere le proprie linee di coltivazione e il lavoro di selezione prima degli anni ‘90 è stato semplicemente pazzesco. Ho avuto la fortuna di essere invitato in così tante aree di coltivazione innovative portate avanti da personaggi insoliti e affascinanti ai quali ci riferiamo in genere come coltivatori in guerrilla – e in questo articolo voglio condividere con voi alcune delle storie che li riguardano. 

Un vecchio bunker a Leeds, UK

Quando Howard Marks era vivo e si trovava nel Regno Unito gli fu chiesto di incontrare un gruppo di coltivatori gallesi in un pub di Leeds, era la metà degli anni ‘90 e lui era appena uscito di prigione negli Stati Uniti. Dopo averli incontrati e aver fatto due chiacchiere davanti a un paio di birre, salirono su un furgone e guidarono per un bel po’ fino a che non arrivarono in un’area molto boscosa che non sembrava altro che una vera e propria foresta. Lui non era sicuro se si trattasse di una proprietà pubblica o privata, ma tutti gli altri erano abbastanza rilassati e quindi tutto sembrava in regola. Poi un personaggio con un gilet da motociclista spostò alcune sterpaglie e aprì una grossa botola di metallo che dava accesso a scale che conducevano nel sottosuolo. Mentre tutti scendevano le scale, un tipico ronzio di macchinari elettrici diventava sempre più evidente. Una volta scese le scale, la persona che era rimasta alla botola la richiuse e un buio pesto avvolse l’ambiente. Con un click, una serie di 50 lampade HPS da 600 watt si iniziò ad accendere, poi un’altra linea di 50 lampade, poi un’altra ancora e così via fino a che almeno 500 lampade illuminarono lo spazio sottoterra. L’illuminazione era a dir poco intensa e quel familiare odore di cannabis lasciò tutti con un bel sorriso sulle labbra.

Alla fine degli anni ‘70 l’unica maniera per coltivare la cannabis era farlo all’aperto, la sfida consisteva nel modo in cui bisognava camuffare le piante per non essere scoperti

A quanto pare si trattava di un vecchio bunker di cemento costruito per qualche dipartimento militare del  governo in caso di disastro nucleare o robe simili. La struttura era dotata di un sistema di energia trifase e di un potente sistema di ventilazione per pulire e riciclare l’aria attraverso una serie di condotti di ventilazione. Le aree per dormire, la cucina e le stanze per lo svago erano tutte lì sotto in questo labirinto di cemento armato. Risultò che coltivavano 16 piante per lampada, il che significava che una pazzesca quantità di piante – circa 8mila – venivano coltivate con 5 raccolti l’anno in questa struttura nella foresta. Naturalmente, in un’altra area di questo labirinto c’era uno spazio per l’essiccazione e il trimming che lasciava senza fiato – uno spettacolo straordinario per quei tempi in cui regnava il proibizionismo. Dopo averne sentito parlare, offrii ad Howard una serie dei miei cloni da testare e poi mi fu detto che in seguito usarono le mie piante per molti anni.

Nella foresta nel Nuovo Galles del Sud, Australia

Da un’altra parte del mondo, ovvero nella foresta Uki nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, ho sentito di un coltivatore in guerrilla che proteggeva la propria zona con una Lantana incredibilmente fitta (una pianta originaria del Sud America) che si era impadronita del sottobosco in alcune parti della foresta del Nuovo Galles del Sud. Questo coltivatore attraversava un’interminabile strada sterrata Coltivatori in guerrilla e la via del camuffamento!all’interno della foresta durante le ore serali con un clima caldo e umido. Poi si vestiva in modo da non esporre la pelle alla Lantana, dato che il cespuglio di Lantana, spiegava lui, era alquanto urticante. Una volta indossati gli indumenti protettivi, si sdraiava a terra come un soldato che si esercita nel fango e iniziava a farsi strada nel fitto sottobosco di Lantana, sotto il quale aveva ricavato una serie di tunnel; lo faceva di notte, con scarsa visibilità, con 35°C, 80% di umidità e in un ambiente pieno di serpenti e altri animali indesiderati. I tunnel conducevano in aree quadrate dalle dimensioni di 4×4 metri che presentavano tra le 30 e le 50 piante ciascuna. Tutte queste aree erano accessibili unicamente strisciando per terra ed erano a 10 metri di distanza l’una dall’altra in una zona circolare. Aveva tagliato e ricavato i tunnel e le aree quadrate grazie a molte ore di sudata perseveranza e duro lavoro per sfuggire all’operazione annuale di polizia chiamata Operazione Noah, nella quale venivano impiegati elicotteri e moto da cross per identificare e smantellare le coltivazioni illegali. Anche se fosse stato scoperto dall’alto di un elicottero, il labirinto di aree di coltivazione ricoperte dalla Lantana restava quasi inaccessibile da terra. 

Ricordo di aver pensato che quel ragazzo meritasse ogni centesimo ottenuto col suo lavoro visto che non era affatto facile. Il trasporto e la piantagione delle nuove piante e il sistema con cui aveva deviato l’acqua piovana e l’aveva incanalata verso serbatoi plastificati vicini alle zone interessate, era qualcosa di molto ben pensato e davvero impressionante

Quando in certe zone non si hanno molte opportunità di guadagnarsi da vivere, questo era per alcuni l’unico modo di farlo. Alcuni anni dopo, durante una camminata con i miei figli in quella parte del mondo, ricordo di aver visto un serpente marrone arrotolato intorno alla base di un piccolo albero e mi sono chiesto come il grower fosse riuscito a sopravvissuto alle sue attività di coltivazione: un morso di un serpente come quello in una foresta remota avrebbe significato morte certa. 

Nel giardino di casa a Melbourne, Australia

Un altro vago ricordo che ho di quando ero ragazzino è la visita a un amico dei miei genitori che ci mostrò il giardino sul retro della sua casa situata in un quartiere centrale di Melbourne. Lui aveva applicato una tecnica di training alle sue piante di cannabis con l’ausilio di un cavo di metallo a forma di U poggiato sul terreno che costringeva la pianta a spostarsi orizzontalmente rimanendo così mimetizzata con il prato circostante. A prima vista si vedeva un prato, una sorta di giardino con fiori su entrambi i lati, ma guardando meglio si vedevano le curve del metallo costringere lo stelo di una pianta di cannabis a estendersi orizzontalmente. Ciò sfuggiva a un occhio inesperto fino a quando non iniziava la fioritura. Quando cominciava a fiorire spingeva le infiorescenze verso l’alto perpendicolarmente al ramo che correva parallelo al terreno, come soluzione visiva era molto ingegnosa ma l’odore era del tutto evidente, anche se non sarebbe stato facile individuare la pianta né avere il tempo di raccoglierla e scappare via! 

Sotto una piscina in OlandaAll’improvviso siamo passati a una cultura più simile a quella del fast-food con l’obiettivo di soddisfare la convenienza e avere tempo libero per fare altro, e purtroppo ciò si è rivelato essere una follia perché non si può mettere fretta alla Natura

Un’altra storia che voglio condividere successe in Olanda negli anni ‘90. Un conoscente aveva in affitto un vecchio mulino a vento con parecchio terreno intorno. Vicino al mulino c’era anche una piscina interrata. Lì accanto si trovava una porta nascosta che sembrava appartenere più al mulino che alla piscina. Una volta varcata la soglia, le scale conducevano sotto la piscina dove era possibile vedere che l’intera piscina poggiava su una struttura, e sotto a questa si trovava un’enorme stanza con due serie di 30 lampade, che alloggiava circa 600-800 piante in totale. I filtri dell’aria erano tutti sistemati in modo che il flusso passasse attraverso l’unità di filtraggio della piscina, mescolandosi perfettamente con l’odore del cloro e camuffando così il dolce aroma della cannabis. Mi è stato detto che nessuno si mai è accorto neanche di questo sistema!

Un protocollo segreto

Non è un segreto che i coltivatori facciano di tutto per proteggere il proprio lavoro e le aree in cui lo svolgono. Tra gli anni ‘80 e ‘90, prima che arrivasse la spinta che ha condotto alle prime legalizzazioni e all’accettazione della pianta di cannabis, dovevi fare molta attenzione a chi affidavi o confidavi le tue attività di coltivazione. La maggior parte dei grower non aveva rapporti sociali e conduceva una vita quasi eremitica. 

Il sacrificio, le tecniche apprese per evitare compromessi e i metodi di mimetizzazione hanno tenuto molta gente lontano dal carcere ed evitato il rischio di vite rovinate. 

La maggior parte delle coltivazioni oggi non ha più bisogno di questo tipo di protocollo operativo segreto dato che le aziende legali sono autorizzate a coltivare cannabis. Eppure ci saranno sempre quegli individui entusiasti che non si fidano di niente e di nessuno a meno che non siano loro stessi a occuparsi di tutto. Aggiungete il fatto che alcuni dei migliori breeder sono nati lavorando su singole varietà a cui hanno dedicato una vita di lavoro, migliorando e rendendo disponibile il meglio della cannabis di qualità mentre tutto era illegale. Questi coltivatori sono gli stessi a cui oggi l’industria si aggrappa per portare avanti la versione legale di questa attività. Come avviene oggi in molti altri settori, il mondo della cannabis con le sue proibizioni, i processi e le tribolazioni dei coltivatori rappresenta le radici dell’attuale processo di sviluppo che porterà alla sua piena legalizzazione e industrializzazione.

Coltivatori in guerrilla e la via del camuffamento!



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