Codici identificativi sulle divise di polizia, Cucchi e Boldrini in prima fila
Già introdotte in molti paesi, targhette numeriche e bodycam per la polizia possono fare la differenza tra la vita e la morte

Codici identificativi obbligatori per gli agenti di polizia. Aveva lanciato l’idea Ilaria Cucchi e l’ha rilanciata recentemente Laura Boldrini: la proposta di legge per identificare gli agenti di polizia con una targhetta numerica continua, non senza polemiche e critiche. “Ho presentato la pdl che introduce come in altri Paesi codici alfanumerici sul casco e sulle uniformi delle Forze di polizia impegnate in attività di ordine pubblico. È il momento di colmare una lacuna presente nel nostro ordinamento. A importanti compiti, eguali responsabilità”, ha twittato Boldrini.
La proposta è stata presentata dalla Senatrice Ilaria Cucchi, eletta con Alleanza Verdi e Sinistra Italiana e presidente del gruppo misto in Senato. Sorella di Stefano Cucchi, ha vissuto sulla propria pelle il pericolo degli abusi da parte delle forze dell’ordine. Ha commentato la proposta così: “Per me è molto bello, importante, estremamente significativo iniziare questa avventura proprio da qui, dai diritti. Sappiamo benissimo che col clima che c’è al momento ci saranno nei prossimi tempi svariate manifestazioni. Proprio per questo diventa urgente prevedere qualcosa che esiste già in quasi tutti gli altri Paesi e che invece da noi, per le solite ragioni, continua ad essere negata”.
CODICI IDENTIFICATIVI E BODYCAM
Il disegno di legge prevede l’utilizzo di targhette di riconoscimento per la polizia e anche di bodycam, videocamere indossate dagli agenti che riprenderebbero quanto succede ventiquattro ore su ventiquattro. Entrambe le soluzioni vengono osteggiate con diverse critiche: per alcuni si rischia un eccesso di denunce, per altri il livello di controllo su un corpo dello Stato è ancora inaccettabile.
Eppure, come sostiene Cucchi, la legge sarebbe una garanzia anche per i poliziotti. “Noi riteniamo che l’introduzione di questa legge sia fondamentale, non solo per i manifestanti e le possibili vittime, perché assistiamo a scene terribili, come gli episodi della Sapienza dove ragazzi disarmati che erano lì per manifestare pacificamente e sono stati manganellati sulla testa. Ma anche e soprattutto per le stesse forze dell’ordine, che non devono essere accomunate nell’immaginario collettivo ai loro colleghi che commettono errori imperdonabili”.
TEMPI DI FUOCO
Il periodo, del resto, è caldo: è iniziato da poco il maxi-processo nel penitenziario di Santa Maria Capua Vetere, dove nel 2020 si consumarono violenze ai danni dei detenuti riprese dalle videocamere. E dallo scorso marzo le forze della polizia sono state dotate di teaser, uno strumento non senza rischi. E la condanna definitiva dei due carabinieri che hanno ammazzato di botte Stefano Cucchi, neanche a dirlo, non è stata accolta con parole positive da parte di nostri politici al governo.
Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, ovviamente non ci sta: “È assurdo che proprio in questo momento storico, di vera ecatombe fra gli appartenenti alle Forze dell’ordine, il meglio che si riesca a proporre è di marchiare gli agenti come capi di bestiame, anche se in effetti vengono mandati al macello durante le manifestazioni. Proporre gli identificativi per gli agenti significa negare la realtà: i criminali sono altri, chi porta la divisa svolge un lavoro a tutela dei manifestanti e per garantire il diritto di manifestare, e non il contrario”, il suo commento.