Codice della strada: una circolare spiega che la sola positività agli stupefacenti non è sufficiente
Una circolare ministeriale interviene sul contestato Codice della strada, spiegando che occorre accertare che il conducente sia sotto effetto di sostanze psicotrope durante la guida
La principale novità introdotta dal nuovo Codice della strada entrato in vigore lo scorso 14 dicembre, riguarda il fatto che non sia più necessario provare che il conducente sia sotto effetto di stupefacenti, ma basta la positività.
Un’impostazione che ha fatto storcere il naso a giuristi, avvocati, politici, medici e farmacisti, che sottolineavano l’assurdità di questa norma, ancor di più nei confronti di pazienti che assumono farmaci a basi di cannabis o di altre sostanze psicotrope.
Il ministero dei Trasporti, due giorni prima dell’entrata in vigore della legge, aveva annunciato un tavolo tecnico per risolvere il problema, ma il tavolo tecnico non è mai stato convocato.
Nel frattempo una sentenza della Corte di Cassazione, arrivata a gennaio 2025 per un caso precedente, ha messo nero su bianco che un semplice test preliminare non è sufficiente per avviare un’azione penale. Occorre accertare il nesso tra l’assunzione della sostanza e la guida, così da escludere casi di assunzione pregressa e ormai priva di effetti.
Nei giorni scorsi è arrivata una circolare ministeriale che spiega come la sola positività non sia sufficiente. La circolare, amnata dal ministero dell’Interno, sconfessa di fatto la linea di Salvini e del suo ormai famoso “Lucido sì, lucido no, io ti ritiro la patente”. Il problema? Una circolare non ha valore di legge, e quindi a questo punto sarebbe necessario intervenire per cambiare nuovamente la normativa.
LA CIRCOLARE CHE SCONFESSA LA LINEA SALVINI
Ebbene, in quella pubblicata nei giorni scorsi dal ministero della Salute e dell’Interno, viene scritto che: “L’elemento caratterizzante la nuova fattispecie, contenuto nella locuzione “dopo aver assunto”, è costituito dallo stretto collegamento tra l’assunzione della sostanza e la guida del veicolo: in luogo del nesso eziologico tra assunzione e alterazione, il nuovo articolo 187 cds prevede, quale presupposto per la punibilità della condotta, una correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida“.

Una locuzione complessa per dire una cosa semplice: occorre un collegamento temporale tra assunzione e guida, che è quello che sostengono tutti i detrattori della legge. “Occorre provare che la sostanza stupefacente o psicotropa sia stata assunta in un periodo di tempo prossimo alla guida del veicolo, tale da far presumere che la sostanza produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida“, si legge infatti nella circolare.
Per cercare di mettere una toppa, secondo il governo la soluzione è che test validi ai fini legali devono essere eseguiti su campioni di fluido orale o sangue, escludendo le urine. Questo perché le urine possono contenere tracce di sostanze anche molti giorni dopo l’assunzione, senza che queste abbiano più alcun effetto sul comportamento alla guida.
Ma al governo forse non si sono accorti che con sangue e fluidi biologici come la saliva, per la cannabis accade al stessa cosa: nel sangue il THC rimane fino a 7 giorni nei consumatori occasionali e fino a 3 settimane in quelli abituali, nella saliva anche fino a 72 ore con una singola assunzione, e fino a 8 giorni nei consumatori abituali.
CODICE DELLA STRADA: SOLLEVATA LA LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
Nel frattempo, grazie all’azione di Meglio Legale, è stata sollevata per la prima volta la legittimità costituzionale della legge. Il caso, che vi abbiamo già raccontato, è quello di Elena Tuniz, insegnante 32enne, che, dopo un malore, si è vista ritirare la patente per una “dubbia positività” ai cannabinoidi, per poi scoprire di essere una paizente epilettica e, paradosso dei paradossi, si è vista prescrivere la cannabis da un medico per trattare l’epilessia.