Codice della Strada: il patrimonio giuridico-scientifico spazzato via dall’impeto ideologico
Ora non resta che attendere i primi procedimenti civili e/o penali, per tentare di ottenere la trasmissione degli atti alla Consulta
Tanto tuonò, che piovve.
Da tempo i rumors sulla necessità di una stretta sanzionatoria su comportamenti, considerati comunemente particolarmente idonei a mettere a repentaglio la sicurezza stradale, si facevano sempre più roboanti.
Soprattutto, stampa e sistemiche dichiarazioni di esponenti della maggioranza (l’opposizione probabilmente era in altre faccende – quali non si sa – affaccendata) indicavano le specifiche norme che, avrebbero dovuto, formare oggetto dell’ennesimo restyling di un codice – quella della strada – che dal suo apparire, nel 1992, non ha mai avuto pace ed ha formato oggetto di cicliche provvisorie revisioni.
Un complesso normativo che sarebbe piaciuto a Flaiano, che sosteneva che in Italia non vi è nulla di più definitivo del provvisorio.
Ebbene, dal 14 dicembre è intervenuta una ulteriore modifica normativa, che, assicura il legislatore, dovrebbe garantire una maggiore tranquillità sulle nostre strade, posto che, soprattutto in relazione agli artt. 187 e 186 CdS, è, così, intervenuta l’ennesima stretta sanzionatoria, funzionale a dissuadere i conducenti dal porsi alla guida di veicoli in specifiche condizioni personali.
Ma se, per lo stato di ebbrezza alcolica, (art. 186 CdS), che, obbiettivamente, appare una situazione fortemente idonea ad alterare la condizione psicofisica del conducente e che nella comune esperienza, unitamente all’alta velocità ed a comportamenti di grave imprudenza, costituisce uno dei nessi eziologici più ricorrenti rispetto al verificarsi di incidenti stradali, le modifiche paiono molto di facciata e non particolarmente incisive, per quanto, invece, riguarda la guida sotto l’effetto di stupefacenti, il legislatore è intervenuto pesantemente e, permettetemi, irragionevolmente.
Fatta la premessa che, laddove il conducente appaia, effettivamente, in condizione di alterazione psicofisica (alcolica o psicoattiva), è sacrosanto impedirgli di guida un veicolo (qualunque esso sia) ed è ancor più necessario sanzionare adeguatamente chi conduca mezzi – auto moto o bici – violando la citata condizione essenziale e creando effettivi rischi, credo, però, che la nuova formulazione dell’art. 187 Cds pecchi di assoluta irragionevolezza.
Non intendo, in questa sede, operare una disamina analitica e giuridica del nuovo testo, giacché impazzano sui social i pareri di tutti coloro – novelli giureconsulti – che, amando vincere facile, si sono gettati a corpo morto sulla tematica, fornendo dotte interpretazioni ed esegesi ad uso dei frequentatori del web. Tutti concludono ineluttabilmente che il nuovo testo dell’art. 187 CdS è incostituzionale e tutti promettono di eccepire ferocemente tale condizione per espungere dal nostro ordinamento siffatta norma. Bene, ma non benissimo.
Chiunque, infatti, pur senza essere un operatore del diritto, si può agevolmente rendere conto della violenza che il diritto subisce attraverso il nuovo testo dell’art. 187 CdS.
Esso è frutto di una cieca furia ideologica, che colpisce indiscriminatamente non solo tutte le sostanze, ma, al contempo, anche tutte le persone che ne facciano uso, senza operare doverose distinzioni, in relazione ai motivi, alle modalità ed alla tempistica dell’assunzione di una sostanza psicoattiva.
Chi scrive, pur privo di ricette magiche, desidera, solamente evidenziare, che l’illogico ed assurdo furore normativo, che caratterizza la nuova introdotta e generica condizione di punibilità, contemplata ora dall’art. 187 Cds, è frutto di una carenza di memoria storico-giuridica ed anche di una crassa ignoranza del diritto.
La precedente formulazione dell’art. 187 co., infatti, recitava “… Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito…”.
Ora, invece, viene sanzionata la generica condotta di guida, da parte della persona, dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, senza che ci si soffermi sul rapporto fra condizione personale e idoneità alla condotta di guida.
Per la configurazione del reato e delle relative sanzioni, dopo la riforma, il guidatore deve, pertanto, solo risultare positivo a generici accertamenti tossicologici.
Con questa stretta, il legislatore ha omesso di considerare:
- la necessità di verificare la effettiva sussistenza dello stato di alterazione, capace di compromettere le normali condizioni psico-fisiche indispensabili nello svolgimento della guida e concretizzante di per sé una condotta di pericolo per la sicurezza della circolazione stradale;
- l’insufficienza ex se, dell’assunzione di sostanze (stupefacenti o psicotrope), idonee a causare lo stato di alterazione,
- la indifferibile concorrenza dei due elementi, ciascuno dei quali – preso individualmente – non è sufficiente alla configurazione dell’ipotesi di reato.
Dunque, con la promulgazione del nuovo testo di legge, siamo dinanzi non solo ad una sprezzante assenza di rispetto (forse di conoscenza), riguardo procedure scientifiche e metodiche di accertamento, ormai consolidate da anni, ma, soprattutto, il Parlamento non ha tenuto conto – o non conosce – il portato dell’ordinanza n. 277/2004 della Corte Costituzionale, che già esaminò la questione di legittimità dell’art. 187 CdS.
In quell’occasione, venne sottoposta all’attenzione della Consulta la tematica della mancata previsione di un limite oltre il quale il soggetto possa essere considerato in stato di alterazione fisica e psichica, a differenza di quanto, invece, è previsto dall’art. 186 CdS.
La Corte Costituzionale, con la citata ordinanza del 13 luglio 2004, rigettò la questione proposta con riferimento agli artt. 25, co.2, e 27, co.2, Cost., poiché la fattispecie incriminatrice apparve sufficientemente determinata. Il giudice delle leggi precisò, infatti, che la fattispecie di cui all’art. 187 CdS risultava sufficientemente integrata dalla concorrenza dei due elementi sopra ricordati.
L’uno – lo stato di alterazione – era obiettivamente rilevabile (dapprima si stabili tramite gli agenti di polizia giudiziaria, poi invalse il più competente intervento dei sanitari), mentre l’altro, era consistente nell’accertamento della presenza, nei liquidi fisiologici del conducente, di tracce di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Tale verifica prescindeva, per definizione dalla quantità delle stesse, essendo rilevante non il dato quantitativo, ma gli effetti che l’assunzione di quelle sostanze può provocare in concreto nei singoli soggetti.
Il sacrificio del primo dei due elementi stravolge la norma, ma, soprattutto, illogicamente, elimina il criterio basilare che rendeva la stessa costituzionalmente compatibile, nonché di pronta ed efficace applicazione.
Questo patrimonio giuridico-scientifico è stato, così, spazzato via da un impeto meramente ideologico, funzionale esclusivamente ad un’operazione di maquillage elettorale, posto che non è certo con questa modifica che gli incidenti stradali diminuiranno.
Aumenteranno, invece, le persone che avranno serissimi, quanto ingiustificati, problemi personali.
Non è, infatti, concepibile od ammissibile una previsione sanzionatoria che non tenga conto:
- della effettiva condizione personale (alterazione o meno) in cui risulti, a seguito di verifica, trovarsi concretamente il soggetto al momento della sottoposizione al controllo;
- dell’importanza, sul piano giuridico, di stabilire se la persona sia, all’atto dell’accertamento, nelle condizioni che escludano una condizione di alterazione psichica e/o fisica, che precluda la guida del mezzo e configuri l’ipotesi dell’art. 187 CdS;
- di acclarate ed incontrovertibili regole scientifiche – quale, su tutte, quella dei tempi tecnici di metabolizzazione nell’organismo umano dei principi attivi contenuti nelle varie sostanze – fondamentali per stabilire l’idoneità della persona al momento;
- della differenza fra le varie sostanze psicoattive e, quindi, dei loro reali effetti sulla persona, si da individuare l’idoneità e la eventuale capacità alterativa, se assunte;
- dell’inesistenza di sicure metodiche scientifiche, che possano in forma analoga quella dell’etilometro – per la guida in ebbrezza alcolica – dimostrare, all’atto, del controllo un’effettiva condizione di alterazione del soggetto;
- dell’indiscriminato ed illegale coinvolgimento e della ingiusta colpevolizzazione di persone, che assumono preparazioni galeniche o farmaci a base di cannabis, o che assumono medicamenti contenenti altri principi attivi, in base ad un piano terapeutico preciso, sotto controllo sanitario ed in condizioni e quantitativi inidonei a suscitare situazioni di pericolo.
Va, pertanto, biasimato e vibratamente criticato chi ha sostenuto e promosso una simile legge, in luogo, invece, di affrontare seriamente ed intelligentemente un così importante tema.
Si è, così, evitato di cercare strumenti e metodiche medico-tossicologiche di verifica concreta del possibile stato del conducente controllato e si è preferito – con un vezzo tipicamente italico – procedere sbrigativamente con misure repressive e di polizia, mirando ad una tranquillizzazione superficiale dell’opinione pubblica, cui si è sempre propinata l’idea, infondata, di una eziologia tra la sua assunzione e la causazione di incidente stradali.
Non può essere immune da deplorazione, però, neppure l’atteggiamento di chi avrebbe dovuto opporsi a questa operazione di modifica normativa, che involge diritti civili e costituzionali come quello alla libera circolazione ed alla salute con tutte le proprie forze e non pare proprio l’abbia fatto.
Ora non resta, che attendere i primi procedimenti civili e/o penali, per tentare di ottenere la trasmissione degli atti alla Consulta, nella speranza di trovare giudici di merito che dimostrino una sensibilità giuridica, e non abbia timore di quella vulgata di impopolarità e di quelle prevedibili accuse di attentato a norme concepite per la sicurezza dei cittadini, che – con tutta probabilità – alla prima occasione verranno violentemente sollevate.