Cliffy: da giocatore di basket NBA a produttore di cannabis per atleti
I sostenitori delle proprietà benefiche della cannabis hanno trovato un testimonial d’eccezione: Uncle Cliffy, al secolo Clifford Ralph Johnson, famoso cestista della squadra dei Portland Trail Blazers, che ora si fa chiamare Uncle Spliffy (Spliff significa canna) dal nome della società che ha creato con lo scopo di produrre marijuana per gli atleti.
La scelta del nome non è casuale, infatti dopo una lunga e gloriosa carriera offuscata nel 2001 e nel 2006 dall’arresto per uso di cannabinoidi, dopo aver avuto l’eccezionale privilegio di essere stato il secondo giocatore più vecchio della NBA, ha deciso di dedicarsi a tempo pieno alla produzione di marijuana, condividendo pubblicamente la sua esperienza personale per sfatare i luoghi comuni che ancora spingono la Nba e altre associazioni sportive a inserire la cannabis tra le sostanze proibite in una metaforica lista di proscrizione di tutto ciò che non rientra nell’elenco dei farmaci legittimati dalla medicina tradizionale .
Clifford Robinson sostiene che la marijuana può rappresentare una valida ed efficace alternativa alle medicine che gli atleti sono costretti ad assumere con effetti devastanti sulla loro salute. Infatti, la cannabis, a differenza dei farmaci sintetici somministrati ai giocatori, è del tutto naturale, innocua e rappresenta un ottimo rimedio per allentare la tensione e rilassarsi. Robinson si è lanciato in un’appassionata apologia delle proprietà benefiche dei cannabinoidi, portando allo scoperto, invece, tutti i risvolti negativi delle sostanze chimiche ritenute paradossalmente “legali” che inducono una forma di dipendenza subdola e non riconosciuta.
A gennaio è nata “Uncle Spliffy” una società che ha come principale obiettivo la diffusione della conoscenza delle proprietà della cannabis. Lo Stato dell’Oregon ha legalizzato l’uso dei cannabinoidi sia a scopo terapeutico che ricreativo, segnando un’importante vittoria per Clifford, il quale, come si è detto, durante la sua leggendaria carriera, ha pagato in prima persona per aver fatto uso di cannabis, infrangendo ripetutamente il regolamento della Nba. Le virtù terapeutiche della marijuana sono ormai universalmente riconosciute dalla scienza ed è ancora in fase di sperimentazione un protocollo di cura che impiega i cannabinoidi nella terapia del cancro, ma le parole di Clifford, amplificate dall’eco mediatica, acquistano un valore importante, perché l’ex cestista ha sperimentato sulla propria pelle gli effetti negativi dei farmaci per gli atleti e ritiene doveroso proporre soluzioni che limitino lo stress psicofisico che incide negativamente sulle prestazioni atletiche.
La Nba e la lega del basket universitario Ncaa non consentono ai loro atleti di assumere marijuana e la battaglia condotta da Robinson non è riuscita finora a cambiare le rigide regole del gioco. Le opinioni di Clifford Robinson sono condivise da altri noti personaggi del mondo dello sport come l’ex giocatore di football americano Kyle Turley e Jay Williams, costretto a rinunciare a una promettente carriera nei Chicago Bulls a causa di un incidente stradale.
Clifford Robinson è ospite di conferenze in molti Paesi degli Stati Uniti e le sue dichiarazioni sulla marijuana sono confermate da medici sportivi che sottolineano il divario esistente tra cannabis e sostanze dopanti.
Finora solo la Nfl non include la marijuana tra le sostanze proibite e quindi, si preannuncia una difficile battaglia per abbattere i pregiudizi e riscattare finalmente la cannabis, riconoscendole quel ben noto ruolo terapeutiche che influisce positivamente sul sistema neuro-muscolare, senza danneggiare in modo irreversibile l’organismo, come fanno, invece, le sostanze dopanti. C’è da scommettere che Clifford Robinson vincerà prima o poi anche questa difficile battaglia che, d’altronde, sta combattendo da una vita.