La Cina è bloccata dall’inquinamento
AIRpocalypse. Ecco la parola che sta riecheggiando in questi giorni tra le testate giornalistiche internazionali. Un nome che è tutto un programma.
Il 23 Dicembre 2016 è stato dichiarato dalla Repubblica Popolare Cinese “allarme rosso” in tutta la zona settentrionale del Paese.
E’ stato intimato alle acciaierie, fabbriche di carbone e di cemento di chiudere o rallentare sensibilmente la produzione.
Chiuso l’aeroporto nazionale di Nanyuan nella giornata di martedì scorso, mentre quello internazionale di Beijing Capital ha cancellato 273 voli. Mezzi di trasporto fermi (bus, automobili, treni, metro), scuole chiuse, vietato accendere fuochi all’aperto anche per fare grigliate in giardino. Anzi, in giardino è decisamente il caso di non andarci, l’allarme incita a chiudersi in casa con i depuratori di aria accesi e di uscire solo se strettamente necessario e solo utilizzando le mascherine industriali per filtrare l’aria.
Una coltre di smog tossico avvolge il Nord della Cina, coinvolgendo 26 città tra cui Pechino, Tianjin, Heze e Handan, per un totale di 460 milioni di persone a contatto con un inquinamento dell’aria senza pari.
La visibilità è scarsissima, massimo 50 metri (da qui la chiusura degli aeroporti), l’indice di qualità media dell’aria (AQI) registrata supera il valore 700 in una scala da 0 a 500. La concentrazione di polveri sottili arriva a 360 mg/m3 e la soglia massima consigliata per non più di 24 ore dall’OMS è pari a 25mg/m3; la qualità del corpuscolo sospeso in aria è per la maggior parte PM2,5 che, come avevamo già avuto modo di approfondire, una polvere talmente fine da penetrare gli organi.
Le immagini raccolte nella gallery seguente sono emblematiche (foto Reuters).
[wzslider transition=”‘slide’”]Alti livelli di inquinamento per intervalli di tempo sempre più prolungati creano danni anche alle colture: di fatto i raggi solari non riescono a permeare la nebbia di smog.
Già in Luglio Greenpeace lanciò un’allerta per rischio inquinamento dell’aria a seguito dei troppi stimoli economici a carico dell’industria del carbone, nonostante la Cina avesse firmato l’accordo internazionale sul clima che prevede l’implementazione delle energie green per una riduzione globale delle emissioni.
La necessità di scelte politiche a lungo termine è ormai diventata una emergenza. Perfino gli stessi abitanti hanno iniziato ad abbandonare queste aree per tornare a vedere il cielo: dei veri e propri fuggitivi. Si organizzano vacanze in regioni “smog free” e il prezzo di vendita dei barattoli di aria pulita (ebbene si) è schizzato a 30$ al pezzo.
Il Pianeta inizia a chiedere il conto di decenni di sfruttamento senza ritegno delle risorse e il prezzo è anche di 1 milione di morti prematuri all’anno nel solo Impero Celeste, che di azzurro ormai ha ben poco.