Chronic Serious Seeds, la saggezza di uno strain
Scrivo questo articolo (e gli altri) per tutti quelli che poco seguono le mode (anche botaniche s’intende), per quelli che osservano e non guardano e basta, per tutti i curiosi, gli sperimentatori e per forza di cose innovatori. Per chi, di fronte al bagliore degli eventi, non rimane ipnotizzato dallo splendore, spesso mitizzato, di alcuni strain, ma che cerca la fonte della luce.
E così, una sera d’inverno conobbi Giogiogreen (nome di fantasia ovviamente). Nonostante l’età, ottimo critico ed acuto conoscitore di genetiche vecchie e nuove e soprattutto di quelle “vere e false”. Testammo alcuni frutti del mio orto (broccoli, carciofi, ecc.) messo in piedi da poco, e lui fece i complimenti del caso alla mia giovane arte e tutto d’un tratto disse: “io invece ho Chronic, di Serious Seeds… Sai, una genetica un po’ datata, ma molto buona e con produzioni che… Aspetta…”. Prese il pc e mi mostrò alcune foto, le stesse che adornano il mio scritto. Pensando alle mie, mi sentii come nudo in una doccia piena di amici di colore!!!! La prima impressione fu che le foto non entrassero nello schermo del pc, ma dopo alcuni minuti persi nel capire se il problema fosse lo schermo piccolo o le cime grandi, misi a fuoco la situazione: Avevamo una campionessa in produzioni!
Non conoscevo lo strain, ma alla menzione dei genitori tutto mi fu più chiaro: (Northern Lights x Skunk) X (Northern Lights x AK47). E la predominanza di Northern si vedeva subito, dalle cime compatte, dall’altezza e dal grosso apicale che rappresentava un buon 50% del totale dei fiori.
Ma il sapore? Gli aromi? I sentori?… Non dovetti attendere molto: Venne fuori il barattolo rigorosamente di vetro con una cima “quadrata”, massiccia, che aveva più di due mesi di concia e che liberò fragranze esotiche speziate, profonde ma non acute. Delicata, calda, quasi miele al naso, subito dolce al palato, ma poco fruttata, si esprime sul retrogusto alla stessa maniera di un distillato di ginepro o un infuso di genziana: subito amaro, poi dolce ed infine assuefacente… E ne vuoi ancora! “Un chilo!” disse, “sotto mille watt, in terra, tre travasi e pochissimo fertilizzante”. Piante basse, anche sotto al metro, e che lavorano quasi unicamente per l’apicale, poche cime laterali comunque sempre piene ed abbondanti per dimensioni.
Accennando ai tempi di vegetativa e fioritura posso scrivere che le signorine nelle foto hanno avuto 18 ore di luce per soli 9 giorni, continuando poi a vegetare per altre 4 settimane dalla messa in fioritura, mentre lentamente l’attività floreale prendeva il sopravvento.
Nove settimane piene ed il gioco è fatto. Zero problemi, zero carenze, ma non “Zeru Tituli”, anzi: dopo il terzo posto alla High Times Cannabis Cup del ’94, nel 2000 è stata migliorata e, a detta di Giogiogreen, se la gente non si lasciasse trasportare dalle mode, sarebbe ancora li a battersela con le migliori!
Parlammo della possibilità di crescerla in out. “Lascia stare” mi disse, “rischio muffe elevato… Ma magari sai, col posto giusto, arieggiato, c’è chi ci riesce”. Ed in effetti chi ci è riuscito racconta di piante basse, sul metro e mezzo, molto simili a quelle in indoor, espressione da indica quasi pura, tarchiata robusta e con questo “simbolo fallico” che dona soddisfazione e potere a chi la coltiva.
Non sistematela a 1000 metri di quota visto che la fioritura può inoltrarsi quasi fino a novembre, e fisserei un limite ai 400 metri di altitudine sul livello del mare e lontananza da fiumi o ristagni d’acqua e di aria, perché davvero le muffe in out rappresentano un problema. Anche nell’asciugatura siate cauti, controllatela giornalmente e scegliete con cura il posto. Se ci mettete 25 giorni di sicuro sono troppi e 5 di sicuro sono pochi, ma il tempo è tiranno. Quindi se dopo una settimana di asciugatura le trovate ancora belle umide, cambiate posto o aumentate la ventilazione ma senza esagerare. Al solito, non mi stancherò mai di dirlo, una buona concia in vetro o busta di carta paglia per almeno 25 giorni e poi mi racconterete!
Buono strain dunque, facile da coltivare, robusto e che poco si presta a top e scrog, vista la sua conformazione, ma di sicura soddisfazione quanto a produzioni ed aromi. Viaggiare nel passato degli strain è affascinante anche se in alcuni casi impossibile per la dismissione delle produzioni in purezza finalizzate a dar luogo a novità non sempre interessanti e di dubbia importanza genetica. Per fortuna andare a fondo non sempre significa affogare…
Psycogreen