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Chiarimenti sulla nuova modifica della normativa in tema stupefacenti

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E’ passata sotto uno strano, quanto inspiegabile, silenzio la promulgazione del d.l.vo n. 50 del 24 Marzo 2001, che modifica radicalmente il regime governato dall’art. 70 dpr 309/90 e promuove detta norma al rango di volano penale della politica antidroga.

Questa prescrizione, oggetto di profonda modifica, già per il tramite dell’intervento legislativo dell’art. 2, D.Lgs. 12 aprile 1996, n. 258 è stata, così, praticamente concepita ex novo, tanto radicale è stato l’intervento operato.

Già significativo appare,prima facie,il passaggio dalla locuzione “Sostanze suscettibili di impiego per la produzione di sostanze stupefacenti o psicotrope” a quella “Precursori di droghe”, che connota la rubrica di apertura dell’articolo in questione.

Tale profonda trasformazione appare costituire una trasposizione ed un adattamento (seppure tardivo) del diritto interno, rispetto ai Regolamenti CE n. 273/2004, n. 11/2005, n. 1277/2005 e 297/2009, che costituiscono fonti normative di diritto internazionale comunitario; essi, infatti, vengono reiteratamente ed espressamente richiamati nel corpo del d.l.vo n.50/2011.

La novità, che il nuovo testo esprime, consiste nella presa atto della esistenza di una pluralità di indicatori di un salto di qualità dell’attività criminale connessa al traffico degli stupefacenti ed, altresì, nella necessità di prevedere strumenti legislativi realmente idonei a fronteggiare questa nuova e repentina situazione.

In primo luogo, è percepibile una palese evoluzione del fenomeno della fabbricazione e della messa in commercio di sostanze stupefacenti. Sono queste, specifiche tipologie della più complessiva attività criminale, che si palesano con manifestazioni sempre più “evolute” e “sofisticate” sotto il profilo tecnico-chimico.

E’ divenuto tanto costante, quanto necessario, il ricorso all’utilizzo di molecole od isomeri (suscettibili di alterazione e modificazione), i quali possono, alle volte, non essere stati inseriti nelle tabelle allegate al dpr 309/90.

Tali sostanze, ove non si presentino come evoluzioni di precursori o, a propria volta, precursori veri e propri di prodotti successivamente ottenuti, possono, quindi, sfuggire al generale regime di sanzionabilità stabilito dal dpr 309/90.

Va ricordato, infatti, che nel nostro ordinamento vige il principio della nozione legale di stupefacente.

Esso ha introdotto la regola in base alla quale vanno ricondotte al concetto di sostanza psicotropa e drogante solo quei prodotti che siano previsti espressamente nelle tabelle, le quali sono costantemente aggiornate dal Ministero della Salute di concerto con quello della Giustizia.

Questo orientamento legislativo appare, poi, rafforzato, da un indirizzo giurisprudenzialmente pacifico, in quanto ulteriore tranquillizzante conferma è stata rinvenuta nella recente sentenza della Sez.VI della S.C. di Cassazione 11.04.2011 n° 14431, la quale ha fornito un’interpretazione equilibrata ed autorevole dei limiti che connotano il concetto di stupefacente.

E’ stato, infatti, sostenuto, in tale occasione, il dovere di non circoscrivere l’operatività della nozione riducendola ad asserzione meramente formale, ma, al contempo, la Corte ha vietato qualsiasi indebita deroga rispetto al dato normativo, sì da eludere o svuotare di significato il principio della nozione legale di stupefacente.

La novella del d.l.vo 50/2001, che incide approfonditamente sulla trama dell’art. 70 dpr 309/90 , dunque, costituisce e crea – ad un primo sommario esame teorico – uno strumento che pare presentare una rilevante efficacia, quanto meno sul piano della repressione e prevenzione penale.

La norma, affrontando le nuove forme di diffusione delle droghe e dei precursori, ambisce a fornire adeguate risposte a quelle necessità di lotta alle nuove forme di diffusione degli stupefacenti che si sono palesate prepotentemente in questi ultimi tempi.

Tali valutazioni sostanzialmente favorevoli vanno, però, subordinate alla indefettibile condizione, che il tessuto normativo dell’art. 70 non subisca distorsioni interpretative di carattere strumentale, che mirino a rendere illecito ciò che illecito non può naturalisticamente essere. Vanno, infatti, criticate talune conclusioni sostenute, anche in ambiti estremamente qualificati, rispetto al concetto di “prodotti naturali”, (intesi come precursori) e finalizzate a fare rientrare in tale categoria, ad esempio, i semi di cannabis, che costituiscono semenze del tutto neutre, perchè privi in sé (ed in origine) di principi attivi o suscettivi di poter evolvere in sostanze droganti.

Soffermandoci sulle sostanze contenute nelle tre categorie, posto che esse costituiscono l’essenza delle cd.“sostanze classificate o precursori di droghe”, si può affermare che l’indicazione di tali sostanze non solo risponde ad un principio di tassatività dell’individuazione dei composti che vanno ritenuti stupefacenti, psicotropi o precursori, ma funge da piattaforma da cui muovere, per includere nella nozione in parola anche le “miscele” ed i “prodotti naturali” che contengano tali sostanze.

Si tratta di un orientamento del tutto comprensibile e giustificato sia dalla necessità di evitare che il rigore del principio di tassatività che informa la nozione di legale di stupefacente, determini impropriamente ipotesi di stridente discrasia fra situazioni tra loro analoghe, sia dall’esigenza di supplire all’oggettiva impossibilità di aggiornare in tempo reale le tabelle ministeriali sugli stupefacenti (mantenendosi al passo con la continua proliferazione di nuovi prodotti).
Si deve, infatti, ovviare a situazioni giuridicamente paradossali ed inaccettabili.

Risulterebbe,infatti,conclusione inaccettabile constatare (e riconoscere) l’impunità di chi commerciasse o producesse sostanze – già in sé stupefacenti – precursori o derivati di altre droghe, sol perchè queste sostanze non sono ricomprese nelle tabelle allegate al dpr 309/90 . Consegue, pertanto, che le sostanze vietate possono essere prese in esame, non solo nella loro autonomia esistenziale (purchè suscettive di effetti psicotropi), bensì, anche quali componenti contenuti, come indica la lett. a) del co. 1 dell’art. 70 novellato, di miscele o di prodotti naturali.

Queste premesse didattiche sono propedeutiche alla conclusione che, dal novero illecito, vanno esclusi i semi di cannabis, i quali mantengono il loro carattere di estraneità sia alla nozione di stupefacente, sia a qualsiasi forma di coinvolgimento derivato rispetto a tale nozione.

Se, infatti, l’esclusione dei semi di cannabis dalla categoria principale degli stupefacenti costituisce naturale e coerente effetto derivato della Convenzione di NewYork del 1961, attesa la conclamata assenza in essi di forme di principio attivo, altrettanto pacifica risulta la non riconducibilità di tali prodotti naturali ai derivati inseriti nelle tre categorie dell’allegato I del Reg. CE 273/04, quali precursori.

Nonostante le osservazioni e le avvertenze che precedono, il testo di legge derivato dalla novella non pare, però, immune da critiche. Il maxi articolo (esso si caratterizza, infatti, sul piano semantico negativamente per la presenza di ben 21 commi), come si vedrà in prosieguo, presenta, infatti, quell’atavico deficit di chiarezza, che affligge costantemente la legislazione italiana (qualunque sia la parte politica), posto che sia sul piano filologico, che su quello metodologico e formale la norma avrebbe potuto e dovuto essere meglio articolata e concepita, per essere meglio compresa. Vengono, infatti, inglobate in modo disordinato (quasi ondivago), ancorchè nel medesimo contesto esplicativo, varie e distinte ipotesi sia di precetti, (cui i soggetti devono farsi carico), che di sanzioni, (susseguenti all’inosservanza dei precetti stessi). Questa metodica non risulta nè lineare, né armonica e non semplifica affatto la possibilità di comprensione del proprio contenuto. Al di là delle specifiche norme introdotte, partricolare rilievo si desume dal dettato del comma 21.

Con la lett. b), infatti, viene abrogato il comma 2 bis dell’art. 73 dpr 309/90 , che costituiva la norma generale che puniva il commercio dei precursori.

Con la lett. c), invece, viene estesa la previsione del delitto di associazione per delinquere di cui all’art. 74 (sino ad ora circoscritta ai fatti previsti dall’art. 73) anche ai fatti sanzionati dai commi 4, 6 e 10, salvo che si tratti di sostanze della cat. 3.

La dizione della norma (“…Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti tra quelli previsti dall’articolo 70, commi 4, 6 e 10, escluse le operazioni relative alle sostanze di cui alla categoria III dell’allegato I al regolamento (CE) n. 273/2004 e dell’allegato al regolamento (CE) n. 111/2005, ovvero dall’articolo 73, chi promuove, costituisce, dirige, organizza o finanzia l’associazione è punito per ciò solo con la reclusione non inferiore a venti anni…”) non lascia dubbio sulla circostanza che l’art. 70 diviene, per effetto del d.l.vo 50/2011, norma di assoluta centralità nel contesto della politica di contrasto al fenomeno criminale della diffusione degli stupefacenti.

 



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