Chi ci protegge dagli abusi delle forze dell’ordine?
La rassegna che segue è relativa solo agli ultimi mesi e non è per nulla esaustiva: a Cinisello Balsamo (Milano) due agenti sono stati arrestati con l’accusa di rilasciare permessi di soggiorno in cambio di tangenti, a Roma 4 agenti sono stati arrestati con l’accusa di saccheggiare ville, a Rimini due carabinieri arrestati per sequestro di persona e abuso d’ufficio, mentre a Milano tre agenti della polizia ferroviaria sono stati condannati per aver costituito un racket che sottraeva denaro e droga a piccoli spacciatori. E si potrebbe continuare a lungo.
OLTRE 100 REATI IN DIVISA NEL 2014. Secondo un’inchiesta pubblicata sul mensile Altreconomia sono almeno un centinaio gli agenti indagati, rinviati a giudizio o condannati nel solo 2014. Ma fare una stima completa non è possibile. Il motivo? Non esiste nessun dato in merito. Nessuno, salve verosimilmente il ministero degli Interni, possiede una statistica relativa agli abusi commessi dalle forze dell’ordine, perché questi dati non vengono rivelati. Non solo, spesso gli agenti accusati di reati non vengono neppure sospesi dal corpo di appartenenza in attesa del giudizio ed anzi vengono difesi dai sindacati di categoria anche nei casi più gravi, come ad esempio il caso di omicidio che vide vittima Federico Aldrovandi, i cui autori vengono ancora difesi a spada tratta dai sindacati di polizia.
IL MURO DI GOMMA DELLE ISTITUZIONI. Così come per quanto riguarda la richiesta di porre finalmente un codice identificativo sulle divise delle forze dell’ordine e per l’introduzione del reato di tortura, anche sull’istituzione di un osservatorio incaricato di monitorare i casi di abusi e reati commessi dagli agenti di pubblica sicurezza in Italia le associazioni si scontrano contro il muro di gomma delle istituzioni, le quali sembrano essere sorde di fronte ad ogni tentativo e proposta di aumentare il livello di controllo democratico verso i comportamenti delle cosiddette “mele marce” presenti, evidentemente in numeri non così limitati, all’interno delle varie forze di polizia.
COME FUNZIONA IN ALTRI PAESI. D’altra parte quella relativa all’istituzione di un osservatorio sui reati delle divise non pare una proposta così bislacca, visto che in altri paesi europei è già realtà. In Gran Bratagna, per esempio, ad ogni cittadino può bastare connettersi al sito internet del Governo, per poter verificare i dati aggiornati sui casi di corruzione dei quali si rende responsabile la polizia oltre la Manica. Nell’introduzione al rapporto si legge che, secondo il governo inglese, “il controllo indipendente è essenziale per garantire la fiducia della cittadinanza nei confronti della polizia, e questo è fondamentale per la sua legittimità”. In Italia, evidentemente, si continua invece a credere che è solo attraverso privilegi e impunità che si garantisce l’ordine pubblico.