CBD e fisica quantistica: il principio di indeterminazione
Un nuovo decreto del Governo Meloni elimina la sospensione al decreto Speranza del 2020 che inserisce le preparazioni orali di CBD nella tabella dei medicinali stupefacenti
Nella fisica quantistica esiste una legge per la quale (semplificando moltissimo) è impossibile determinare lo stato di una particella.
Se chiamiamo questa particella “CBD” riusciremo in parte a spiegare cosa sta succedendo al cannabidiolo (CBD) in Italia: una molecola non stupefacente che diventa stupefacente in certi contesti per decreto ma che, dopo 10 giorni torna “innocua” per via della sospensione del decreto da parte del TAR, ma solo fino al 24 ottobre (per quanto dato di sapere al momento della stesura del presente articolo), data entro cui il ministero della Salute dovrà fornire ulteriori evidenze. Ministero che, nel frattempo, si è costituito parte civile e ha ricorso contro la decisione del Tar.
In poche parole, il decreto di agosto 2023 che ha tolto la sospensione al Decreto “Speranza” dell’ottobre 2020 – a sua volta sospeso a fine ottobre 2020 – è stato sospeso (che al mercato mio padre comprò, verrebbe da dire) dopo un ovvio ricorso al TAR.
In quell’“ovvio” c’è molto di più di quanto sembri: come si poteva pensare che un decreto che contiene un evidentissimo paradosso sul CBD potesse passare illeso? Mi riferisco al fatto che, in base al decreto “Speranza” la molecola di CBD naturale (non stupefacente) se messa in un veicolo (es. olio, capsule) destinato all’uso orale renda quel prodotto (composizione) stupefacente. Se però lo stesso identico veicolo è destinato ad uso topico (es. un olio per massaggi) allora… puff! Magia! Il prodotto (composizione) non è più stupefacente.
Qui siamo oltre alla fisica quantistica… o forse no?
Stiamo parlando di un settore (della canapa) dove un imprenditore non sa più cosa aspettarsi, come muoversi, se investire, se aspettare (e nel frattempo i costi chi li paga?).
Una delle cose più importanti da chiarire è che il decreto “Speranza” non colpisce le infiorescenze di canapa; altrettanto non si rivolge specificatamente agli oli (anche se sono spesso citati unicamente forse perché i prodotti più noti), ma a qualsiasi composizione ad uso orale. Questo significa che il decreto (per ora sospeso) colpisce diverse forme per cui oltre a oli ci sono chewing gum, capsule, caramelle, tisane, infusi, ecc… e potrebbero ricadere pure i cristalli di CBD in quanto potenzialmente destinati all’uso orale.
Il grado di incertezza (questo articolo va così, fisica quantistica ovunque) è quindi altissimo e, come scritto, rende difficilissima la vita dell’imprenditore.
Cosa aspettarsi? Impossibile fare previsioni. Il fatto che il ministero della Salute abbia fatto ricorso contro il TAR mostra evidentemente come la partita è tutt’altro che chiusa. Quello che il Ministero fa trapelare è come il decreto abbia lo scopo di tutelare la salute del paziente evitando la vendita di prodotti non sicuri. E questo, va detto, non è del tutto errato: è ben noto da anni, specie agli addetti del settore, come la provenienza della canapa sia spesso un problema e altrettanto il valore di CBD realmente presente (molte volte inferiore a quanto dichiarato in etichetta).
Ma si poteva fare ben diversamente: piuttosto che regolare il settore, magari con qualche norma ad hoc o limiti di concentrazione, si è scelto questo assurdo paradosso che sta generando questo putiferio.
Nel frattempo i pazienti possono tornare a trovare oli di cannabis di libera vendita o ricorrere alla farmacia con ricetta medica come sempre.
Inciso finale: aziende fornitrici e farmacisti che avevano dovuto “caricare” il CBD naturale sul registro stupefacenti, acquistandolo pure secondo la normativa degli stupefacenti, ora devono tornare indietro (scaricarlo) per poi, magari anche se speriamo di no, ricaricarlo in caso il ministero della Salute vinca il ricorso.
Ci lasciamo con l’attesa di vedere cosa succederà e sarà successo al CBD all’uscita del prossimo articolo.