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La Cassazione “smonta” il nuovo Codice della strada

Secondo una recente sentenza bisogna provare l'alterazione psicofisica, mentre i test potrebbero generare falsi positivi

cassazione codice della strada
Una recente sentenza della Cassazione “smonta” le parti più importanti del nuovo Codice della Strada per quel che riguarda l’alterazione psicofisica e i test antidroga previsti dalla nuova legge entrata vigore il 14 dicembre 2024.

COSA DICE IL NUOVO CODICE DELLA STRADA

Il nuovo Codice della strada, entrato in vigore lo scorso 14 dicembre, prevede che non si debba più provare l’alterazione psicofisica del guidatore, ma basti un test antidroga positivo. La nuova legge, dunque, innanzitutto non tiene conto delle centinaia di migliaia di pazienti che, per trattare la propria patologia, assumono farmaci stupefacenti, e inoltre porterebbe al ritiro della patente e alla multa fino a 6mila euro anche a persone che, perfettamente capaci di intendere e volere al momento del fermo, hanno tracce di stupefacenti nei propri liquidi biologici.

In questi giorni è arrivata una sentenza della Corte di Cassazione che fa riferimento alla legge precedente, ribaltando però due aspetti fondamentali della nuova legge.

COSA DICE LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE

La sentenza n. 2020/2025 ha innanzitutto stabilito che «gli esami ematici hanno un’affidabilità di gran lunga maggiore, rilevando la presenza di sostanze che, al momento dell’accertamento, per il fatto di essere in circolazione nel sangue, sono suscettibili di provocare lo stato di alterazione richiesto dalla norma incriminatrice, come pure più volte evidenziato da questa Corte (per l’affermazione secondo cui l’esame ematico, a differenza di quello delle urine, ha una valenza probatoria prossima alla certezza quanto all’attualità degli effetti di alterazione dati dal principio attivo assunto)».

La Cassazione "smonta" il nuovo Codice della strada
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Non solo, perché la sentenza mette nero su bianco che per valutare l’effettiva alterazione psicofisica di un conducente, è necessario un controllo globale del suo comportamento. Gli agenti delle forze dell’ordine devono considerare anche fattori come la coordinazione dei movimenti, l’eloquio e lo stato emotivo della persona (ad esempio, se è visibilmente agitata o euforica), per accertarsi che la persona non stia guidando sotto l’effetto di sostanze che ne compromettono la capacità di controllo del veicolo.

L’ALTERAZIONE PSICOFISICA

Ma anche sulla questione dell’alterazione la sentenza mette dei punti fermi che è impossibile non ignorare. Innanzitutto i giudici scrivono che: «A rilevare non è la condotta di chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida in stato di alterazione psicofisica determinato da tale assunzione“. Secondo la Cassazione, infatti, «ne deriva che la mera alterazione, tale da incidere sull’attenzione e sulla velocità di reazione dell’assuntore, di per sé non è rilevante, se non se ne dimostra l’origine».

COSA DICE LA SENTENZA PRECEDENTE

Sul tema dell’alterazione psicofisica nel 2019 si è già espressa la Corte di Cassazione con una sentenza che non lascia spazio ad interpretazioni. Secondo la sentenza, infatti, «Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187, comma 1, c.d.s., (quello della guida in stato di alterazione a causa di stupefacenti, nda) non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida subito dopo aver assunto sostanze stupefacenti, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione psicofisica causato da tale assunzione».

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n. 12409/19, mettendo nero su bianco che non basta la positività, ma che debba essere dimostrata l’effettiva alterazione alla guida.



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