Carceri senza dignità
Ogni anno in agosto mi viene voglia di scrivere le stesse cose se devo parlare di galera! Se penso a quelli che in galera ci stanno mi incazzo; colloqui ridotti perché i parenti sono in ferie, caldo atroce perché chi ha progettato e costruito le patrie galere meriterebbe di passarci un po’ di tempo così imparerebbe che l’esposizione al sole andrebbe calcolata, soprattutto quando le strutture sono di cemento armato con i ferri alle finestre che trasformano le celle in un forno; personale scazzato ed incazzato; acqua che soprattutto al sud manca due volte su tre; giudici in ferie, magistrati di sorveglianza pure, istanze inevase e dimenticate, etc… Ma quest’anno c’è qualcosa di diverso, la galera si è avvicinata alla politica come non mai, anche se sperare di vederci rinchiuso Berlusconi è mera utopia e nemmeno credo sia la panacea dei nostri mali.
Tuttavia le mietiture che la magistratura ha fatto nell’emiciclo hanno probabilmente sensibilizzato chi si dovrebbe occupare della condizione dei prigionieri e non l’ha mai fatto perché troppo presuntuoso ed impegnato a riempirsi pancia e tasche. Sentirli parlare adesso di diritti lesi, di presunzione d’innocenza e di libertà in pericolo mi fa vomitare. Né i politici né i magistrati mi sono nel cuore, i primi sono solo i camerieri dei banchieri ed i secondi sono stati condannati dalla storia e dalla letteratura da molto tempo e possono fare gli eroi nei talk show e nella cronaca spicciola, anche se come sempre generalizzare è sbagliato e qualche fiore cresce pure sui terreni aridi. Chissà se quando pubblicheranno queste due righe si saranno già messi d’accordo, poiché sono solo due facce della stessa poliedrica realtà ed ognuna delle parti si preoccupa in primis di mantenere i propri privilegi, nascondendosi dietro parole che non dovrebbero avere nemmeno il coraggio di pronunciare perché la loro statura morale non lo consente. Se già si saranno messi d’accordo, le condizioni dei nostri prigionieri forse si avvicineranno ad uno standard civile, cosa che dovrebbe derivare da altro che non sia un accordo di sottobanco. Fatto sta che le speranze di veder trattati i prigionieri dignitosamente sono legate a dinamiche come quelle descritte sopra.
Personalmente ed a ragion veduta, sostengo da sempre che è la base del sistema punitivo a dover essere modificata, poiché l’attuale non ha certamente risolto il problema della criminalità e men che meno quello del reinserimento, principio sancito dalla nostra Costituzione. Non mi sono mai aspettato che i pittoreschi personaggi che occupano il nostro parlamento si potessero sensibilizzare al tema, fin quando non tornasse loro utile per fini che nulla hanno a che vedere con la morale, la ragione e la civiltà. Se non vorremo continuare a nasconder la testa nella sabbia ed usare i carceri come se fossero un cassonetto nel quale rinchiudere tutto ciò che non vogliamo vedere, come chi spazza la casa e nasconde la polvere sotto i tappeti, dovremo trovare il coraggio di muoverci nella direzione opposta, che se non potrà essere nell’immediato abolizionista, dovrà quanto meno cercare di avvicinarvisi, istituendo per chi non rispetta le regole del consorzio civile strutture, o addirittura piccole città, nelle quali possano convincersi dell’utilità e della correttezza di un sistema che contrastano perché non li soddisfa e non capiscono.
Strutture dove tutti, ripeto tutti, possano lavorare anziché starsene a marcire in cella 20 ore su 24. Un sistema che inizi dalla ricerca di un’autosufficienza sulla produzione dei generi di consumo primari come pane e verdure, anche se le aziende che attualmente gestiscono gli appalti non ne trarranno più profitto, un sistema che sia autorevole anziché autoritario, un sistema che anche nei confronti di chi sbaglia non generi perdite umane e crei ancor più nemici sempre più arrabbiati. Finché questo coraggio non verrà trovato e messo in campo Fratelli, rassegniamoci a leggere il bollettino di guerra che l’allegata tabella palesa, mostrando il numero di quei morti che non hanno voce ma che dovrebbero far urlare basta alle nostre coscienze.