La cannabis nel trattamento della nevralgia del trigemino
Un disturbo che può avere diverse cause e diverse terapie per risolverlo, nel quale la cannabis può essere utile per il controllo del dolore e dell’infiammazione
La nevralgia del trigemino è un disturbo che si manifesta in una porzione più e meno estesa di un lato del volto. Il nervo coinvolto è il nervo trigemino che rappresenta il collegamento tra il viso e l’encefalo, e ha una funzione mista, sensitiva e motoria. Questo nervo ha una particolare conformazione anatomica e le sue fibre si dividono in 3 branche che si diramano verso tre direzioni differenti: oftalmica, mandibolare, mascellare.
Questa nevralgia è una sindrome cronica che solitamente colpisce una parte sola del cranio. Le crisi possono essere di durata molto breve – anche di soli due minuti – e del tutto impreviste, nonché in successione continua. Il dolore che si manifesta appare simile a una scarica elettrica, a una frustata violenta. Il disturbo risulta di intensità differente da persona a persona, ma tende a crescere di gravità con il tempo, tanto da rivelarsi in alcuni casi insopportabile ed estremamente invalidante.
LE CAUSE DELLA PATOLOGIA E LE TERAPIE TRADIZIONALI
Le cause della nevralgia non sono ancora state del tutto accertate, ma tra queste si evidenzia la compressione del nervo trigemino da parte di alcuni vasi sanguigni vicini: conflitto neuro/vascolare. Altre cause sono riconducibili alla presenza di cisti, patologie varie, formazioni tumorali, anomalie dei vasi sanguigni, emicrania, dolore dentale e malocclusione. Una forma particolare di nevralgia del trigemino è rappresentata dalla nevralgia Post Herpetica (NPH), dove la causa è l’infezione da Herpes Zoster, con localizzazione del virus nel ganglio di Gasser. Ma anche altre patologie possono scatenare una nevralgia trigeminale.
La nevralgia del trigemino è una condizione particolarmente invalidante, soprattutto se protratta nel tempo. Quando è indicata, la terapia è chirurgica ed è volta a eleminare la causa del dolore. Alte volte si tenta la strada della ischemizzazione del ganglio di Gasser. Ma molti sono i casi in cui la chirurgia non è indicata. I farmaci più utilizzati, nel rispetto delle linee guida, sono la carbamazepina e gli antiepilettici quali il Pregabalin, che però spesso hanno scarsa efficacia.
I BENEFICI DELLA CANNABIS
Il trattamento dell’infiammazione del trigemino con la cannabis terapeutica può apportare beneficio sul controllo del dolore, quando il paziente si è dimostrato intollerante o resistente alle terapie di prima linea. Nella pratica clinica i pazienti riferiscono un’esperienza positiva con l’utilizzo di preparati a base di THC:CBD (Bediol o FM2) oppure di solo THC (Bedrocan o FM1). La scelta dipende soprattutto dalla tolleranza individuale. In particolare, il THC è fondamentale per la sua azione analgesica, mentre il CBD aiuta per le proprietà antinfiammatorie, per la sua ipotizzata capacità di antagonizzare alcuni effetti psicotropi del THC, per le sue proprietà ansiolitiche e antidepressive. Una particolare attenzione è stata posta negli ultimi anni all’azione dei cannabinoidi sulla neuro-infiammazione, per l’azione dei fitocannabinoidi sul sistema endocannabinoide e sui processi di potenziamento dello stimolo doloroso neurogeno.
Le cellule coinvolte nei processi di neuro infiammazione, prime fra tutte la microglia, esprimono sulla loro superficie i recettori CB2 per i cannabinoidi, con la funzione di ridurre la risposta infiammatoria. I recettori dei cannabinoidi possono inibire la trasmissione sinaptica modulando l’infiammazione neurogena, con la regolazione del rilascio di neuropeptidi che contribuiscono alla vasodilatazione, allo stravaso plasmatico e modulazione delle cellule immunitarie. È ampliamente dimostrato da studi in vitro che cannabinoidi sintetici e fitocannabinoidi riducono la neuroinfiammazione, modulando il rilascio delle citochine pro infiammatorie che sostengono il processo neuro infiammatorio, inducendo quindi un processo di guarigione. La ricerca clinica è agli inizi, ma i risultati della ricerca preclinica, in vivo e in vitro, lasciano ben sperare.