Cannabis terapeutica: cosa accade in Italia?
Dopo 5 anni dal Decreto Ministeriale dell’aprile 2007, in cui era stato inserito il THC nella tab. II b delle sostanze stupefacenti con riconosciute proprietà terapeutiche, in Toscana è stata approvata la prima legge regionale in grado di facilitare l’accesso concreto dei malati ai farmaci derivati dalla cannabis.
La legge regionale, frutto di due proposte di legge firmate da Enzo Brogi (Pd), Monica Sgherri (capogruppo Fds-Verdi) e Pieraldo Ciucchi (Gruppo misto); ha fatto scalpore separando sia l’opinione politica che quella pubblica: il nostro è da sempre un paese politicamente proibizionista con un popolo anti-proibizionista.
Già nel 1993, un referendum abrogativo delle pene per la detenzione ad uso personale di droghe leggere, indetto dai Radicali italiani, aveva avuto il 55,4% di consensi a favore della depenalizzazione. Da allora, valutati danni e benefici di una futura legalizzazione, constatato che i danni sarebbero nulli a confronto di quelli arrecati invece dal proibizionismo mentre i benefici sarebbero innumerevoli sotto ogni aspetto, i favorevoli alla legalizzazione sono ormai ben oltre quel 55%, ma la legge non è cambiata se non inasprendosi contro l’uso dei derivati di questa pianta. In una tale situazione, per anni, sono state anche vietate o comunque fortemente ostacolate le cure a base di cannabis. Finalmente, la presa di coraggio di una regione come la Toscana, segna l’inizio di un cambiamento reale.
Questa legge infatti dà la possibilità di acquistare farmaci a base di cannabis, possibilità che chiaramente sarà controllata scrupolosamente dai medici e occorrerà un’apposita prescrizione per usufruire di queste cure. Chi ha proposto il testo di legge ha sottolineato tutti gli aspetti positivi dell’uso di questo genere di farmaci in sostituzione di oppiacei e di barbiturici, per evitarne gli effetti collaterali tipici di questi farmaci, o da integrare con essi in casi limite. Si tratta di una legge che nulla ha a che fare con l’idea della marijuana come droga, ma ne valuta e valorizza l’uso terapeutico; questo permetterà all’Italia di recuperare un po’ dello svantaggio che abbiamo rispetto altri Paesi.
L’iniziativa Toscana ha trovato subito i suoi oppositori, soprattutto tra i membri del PDL e dell’UDC, tra questi appunto Marco Carresi (UDC) che ha dichiarato: “è una legge manifesto con risultati pratici pari allo zero e dove l’aspetto scientifico è pressoché ignorato”. Da una tale affermazione si evince quanto, volontariamente o involontariamente, poco attenti siano certi politici alle conferme scientifiche che sempre più numerose superano gli ostacoli della censura proibizionista.
E’, infatti, largamente provato che i cannabinoidi agiscono sull’organismo riducendo le infiammazioni e abbassando la sensibilità al dolore, ma i loro benefici non si limitano alle proprietà analgesiche: le numerose applicazioni terapeutiche vanno dal trattamento di nausea, vomito e sindrome premestruale a quello contro le perdite di appetito, l’asma, e il glaucoma. La marijuana aiuta ad alleviare i sintomi della sclerosi multipla e delle lesioni al midollo spinale, oltre che a rilassare chi soffre di dolore cronico. E poi ci sono gli effetti positivi su artrite, disordini bipolari, cancro, Aids, depressione, leucemia, Còrea Maior, tic nervosi, Alzheimer, anoressia, stress post-traumatico. Insomma, la lista è veramente lunga e la letteratura scientifica sull’argomento è infinita, a dispetto delle innumerevoli ricerche sovvenzionate dal DPA italiano che “dimostrano” (sarebbe meglio dire dichiarano) sempre esiti a dir poco devastanti prodotti dall’uso di cannabis. Contro il pensiero di chi in Italia, proibendo la cannabis, asserisce di voler tutelare la nostra salute, sempre più Paesi stanno approvando (o lo hanno già fatto) l’uso medicinale della pianta. Sottolineiamo a tal proposito che questa non è una novità ma una sorta di ritorno al passato: fino agli anni ’30, erano oltre 2000 i medicinali a base di cannabis liberamente in commercio nelle farmacie europee e statunitensi.
Presa coscienza di queste innumerevoli certezze, altre 8 regioni hanno presentato una proposta di legge per legalizzare l’uso terapeutico di questa pianta, nello specifico: Lombardia, Lazio, Veneto, Piemonte, Abruzzo, Emilia, Liguria e Puglia.