Cannabis: il mondo la libera, l’Italia l’attacca
Il resto del mondo ha avviato il cambio di paradigma richiesto per anni e a gran voce dall’Onu, con diversi Paesi che si muovono in una direzione ben precisa. E poi c’è l’Italia, con l’attuale governo che si sta accanendo come mai prima era accaduto contro un vegetale, una pianta che il resto del mondo considera una risorsa
Il governo italiano, in mancanza di nemici e opposizione, se la prende con una pianta. Verrebbe quasi da ridere, se non fosse che si tratta del vegetale più incompreso della storia, considerato dall’Onu e dal resto del mondo come una risorsa imprescindibile, e che qui viene utilizzato per far campagna elettorale come accadeva negli Stati Uniti degli anni ’30, addossandole ogni problema possibile e riportandoci in un clima che nel resto dell’occidente non si respira più da almeno un secolo.
Mettendo in fila i provvedimenti che coinvolgono la cannabis nei diversi ambiti, è chiaro per il governo Meloni si tratta di una vera e propria ossessione, che diventa compulsiva poco prima di ogni appuntamento elettorale.
LA GUERRA DEL GOVERNO ALLA CANNABIS
Il primo capolavoro dei proibizionisti al governo è stato quello di proporre una legge, per fortuna non ancora approvata, che eliminerebbe il concetto di lieve entità portando in galera una persona che passa una canna ad un amico. Una legge in totale controtendenza a livello globale, con esperti di ogni risma che stigmatizzano i danni irreparabili della guerra alla droga invitando Stati e istituzioni a seguire la strada dell’educazione dei cittadini, della riduzione del danno, e del cambio di mentalità che vorrebbe invertire la rotta per smetterla di criminalizzare un cittadino che, tra le mura di casa propria, magari fuma un fiore per rilassarsi dopo aver corso tutto la giornata, tra lavoro, commissioni e impegni vari.
Il secondo capolavoro legislativo è stato quello di riesumare il decreto Speranza, unica legge al mondo che vorrebbe considerare il CBD come uno stupefacente dopo che la Corte di Giustizia europea e l’OMS hanno detto e ribadito in tutti i modi possibili che stupefacente non è, e che i prodotti che lo contengono non dovrebbero essere inseriti in nessuna tabella. Mentre in Europa si discute delle soglie per autorizzare gli alimenti che lo contengono, da noi vogliamo vietarlo, con il risultato che, siccome la Corte europea ha già stabilito che il CBD prodotto legalmente in un altro stato membro deve poter circolare all’interno dell’Unione, favoriremmo le imprese estere in un mercato che abbiamo contribuito a creare, e nel quale avremmo potuto sicuramente dire la nostra.
Non contenti di cercare di inasprire le leggi sulla cannabis e vietare il CBD, sono tornati alla carica inserendo un emendamento al disegno di legge sulla Sicurezza, che vieterebbe anche la cannabis light, impedendo di coltivare e produrre infiorescenze. Il risultato sarebbe quello di radere al suolo l’intera filiera della canapa industriale italiana, per qualsiasi settore e prodotto, visto che – forse il governo non lo sa – una qualsiasi pianta di canapa produce un fiore. L’associazione Canapa Sativa Italia ha scritto alla Commissione europea denunciando una possibile violazione di diverse normative comunitarie, e la Commissione ha risposto dicendo che esaminerà la denuncia. D’altra parte la prima proposta per vietare la cannabis era arrivata nell’ottobre del 2022, quando il governo non era ancora stato formato, e un’altra proposta di legge era stata presentata nel marzo 2023, anche questa volta senza essere approvata.
Di fatto il governo vorrebbe vietare la cannabis light ignorando leggi e sentenze, visto che all’inizio del 2023 il Tar si era espresso – bloccando il decreto che inseriva la canapa tra le piante officinali che limitava l’uso a fibra e semi – sottolineando che la pianta di canapa deve poter essere utilizzata nella sua interezza.
Altro provvedimento, fortemente voluto dal ministro dei Trasporti Salvini che in questa crociata dal sapore medioevale non vuole sfigurare davanti alla Presidente del Consiglio, è quello sulla patente. Con il cambio di legge che deve essere ancora approvato al senato e poi ratificato, chiunque fumi una canna la sera, potrebbe vedersi ritirata la patente per 3 anni se si mettesse al volante uno o due giorni dopo, e quindi perfettamente sano e capace di intendere e di volere. Non solo: hanno avuto il coraggio di non fare nemmeno una distinzione per i pazienti che, in questo modo, non potrebbero più formalmente guidare un’automobile, alla faccia del diritto alla salute previsto dalla Costituzione.
E questi sono solo gli eventi più eclatanti, che in meno di 2 anni di governo sono stati scanditi da tante altre vessazioni e tentativi di intimidire migliaia di agricoltori e onesti commercianti.
UN SETTORE COSTANTEMENTE SOTTO ATTACCO
A Canapa Mundi, fiera della canapa di Roma che è tra i principali eventi italiani di settore, è andato tutto liscio per 9 anni e altrettante edizioni, che si sono succede sotto governi e Presidenti del Consiglio (Letta, Renzi, Gentiloni, Conte I, Conte II, Draghi) di diverso colore e sensibilità. Con la Meloni al governo per 3 giorni consecutivi sono state inviate tutte le forze dell’ordine (polizia, polizia locale, carabinieri, guardia di finanza), in tutti e 3 giorni della fiera, con controlli minuziosi agli espositori e azioni che, più che di controllo, sembravano di intimidazione. Con il contraltare del Vinitaly, la fiera italiana del vino, che ad ogni edizione vede aumentare il numero di ministri che vanno in passerella a decantare le doti – organolettiche ed economiche – di quello che è a tutti gli effetti uno stupefacente, però legale, che, al contrario della cannabis che non ha mai ucciso nessuno, è responsabile della morte di circa 17mila italiani ogni anno secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità.
Durante un’assemblea in un istituto superiore in Sicilia, il Majorana Cascino di Enna, i ragazzi avevano concordato con la preside di invitare l’associazione Meglio Legale per parlare di cannabis, criminalità organizzata e legalizzazione. L’incontro è stato sospeso dall’irruzione delle forze dell’ordine che hanno identificato i rappresentanti d’istituto.
C’è stato anche il decreto Caivano, classica legge acchiappa-consensi fatta sull’onda dell’emotività per un fatto di cronaca nera, che tra le altre cose ha inasprito le pene sulla cannabis con il risultato di aver ingolfato le carceri minorili: non c’erano mai stati tanti giovani detenuti come oggi, con aumenti che stanno preoccupando associazioni e personale di settore.
All’inizio del 2023, il ministero dell’Interno aveva lanciato la nuova ondata repressiva contro i canapa shop con una direttiva che prevedeva perquisizioni insistite su attività completamente legali che però, in un capolavoro di mistificazione, secondo il comunicato stampa erano azioni di “sensibilizzazione” dei commercianti (a colpi di denunce e sequestri).
Addirittura il ministero dello Sviluppo economico e del made in Italy, è riuscito a vietare la registrazione del marchio ad un’azienda, Steva Hemp, che produce lenzuola e biancheria in canapa. Il motivo è, secondo il ministro, che la parola “hemp”, che significa canapa, poteva incentivare l’uso di stupefacenti. Il risultato è che l’azienda ha dovuto fare ricorso e pagare un avvocato che spiegasse al nostro governo la differenza tra canapa e droga, vincendo il ricorso.
L’ultima delizia sono le campagne pubblicitarie sulla Rai, azienda pubblica sostenuta in gran parte dai soldi dei cittadini, ma che il governo utilizza come se fosse di proprietà dei ministri che dovrebbero prestarsi alla “cosa pubblica”. Alla fine del 2023 era andato in onda lo spot che insisteva sullo stereotipo, superato da fatti, dalla scienza e da chiunque a parte la destra italiana, di ostinarsi a considerare la cannabis come droga di passaggio.
L’estate 2024 è stata inaugurata invece da una serie di pubblicità in pieno stile Istituto Luce che, invece che spiegare cosa siano gli stupefacenti e quali siano i diversi effetti che producono, cercano di fare terrorismo psicologico avvalorando spesso vere e proprie fake news.
Insomma: siamo nel bel mezzo della devastazione totale di un settore in cui avremmo potuto primeggiare a livello mondiale. Ci rimane soltanto Giovanardi che va a fare il simpatico a Le Iene che l’hanno portato in Germania per farsi dire, tra un sorrisino e una castroneria, che se l’esperimento tedesco andasse bene potrebbe anche ricredersi. Che lo vada a spiegare alle decine di migliaia di persone rovinate dalla legge che porta il suo nome, un obbrobrio giuridico partorito dal peggiore oscurantismo che sarebbe ancora effettivo, se la Corte costituzionale non l’avesse dichiarata incostituzionale anni fa.
Un deserto imprenditoriale con un’intera filiera industriale che rischia di essere cancellata, ulteriori difficoltà per i pazienti – senza pace – che utilizzano la cannabis per curarsi, e una distanza siderale dal resto del mondo ma anche dagli altri Paesi europei.
LA CANNABIS NEL RESTO DEL MONDO
In Usa, dove la cannabis è ormai legale a livello medico in 38 Paesi e per l’uso adulto in 24 (su 50), il presidente Biden ha annunciato che la cannabis sarà riclassificata come sostanza a basso rischio, una mossa che aiuterà il mercato e le aziende a snellire la burocrazia e per avere supporto dalle banche, e soprattutto che prelude alla legalizzazione a livello federale, il tassello mancante per completare il quadro che si è iniziato a delineare dal 2014.
Ma non c’è più bisogno di andare Oltreoceano per vedere come funziona la normalizzazione della cannabis, orami abbiamo diversi esempi anche qui in Europa. Anche se non si tratta di mercati regolamentati con produttori e dispensari, Malta e la Germania hanno legalizzato autoproduzione e Cannabis Social Club, mentre il Lussemburgo solo l’autoproduzione.
In Germania non è solo un aspetto formale, ma un cambiamento che sta investendo anche la società civile, che ha capito la mossa del proprio governo e la sostiene. Con la nuova legge, infatti, la cannabis non è più considerata come uno stupefacente ed è un cambiamento che apre strade enormi in tutti i settori.
Sul livello di accettazione sociale, invece, basta fare un esempio. Durante gli europei, proprio in Germania, sono accaduti due fatti che rendono bene l’idea. Il primo è che, in attesa dell’esordio della nazionale inglese, le autorità avevano avvertito che sarebbe stata messa in vendita birra con una bassa gradazione alcolica, del 2,5%. Il giorno successivo Stephan Knipp, portavoce della polizia tedesca di Gelsenkirchen, è andato oltre “invitando” i tifosi inglesi a consumare cannabis invece che birra. «Bere alcol può rendere qualcuno più aggressivo e fumare cannabis rilassa le persone», aveva infatti sottolineato spiegando che, tra un gruppo di fumatori d’erba e uno di bevitori di birra, la polizia avrebbe concentrato le sue attenzioni su questi ultimi.
In Repubblica Ceca, intanto, è stata depositata la bozza di legge che prevederebbe la prima legalizzazione vera e propria in Europa, con il governo – favorevole – che ha iniziato la discussione preliminare. Il presidente Petr Pavel si è già dichiarato favorevole, e secondo uno studio condotto dal Partito Pirata della Repubblica Ceca, la legalizzazione della cannabis potrebbe generare tra i 650 milioni e gli 1,8 miliardi di corone all’anno per le casse statali, ovvero tra i 26 e i 75 milioni di euro all’anno in tasse.
Ricordiamo che nel Paese il consumo di cannabis e altri stupefacenti è stato depenalizzato nel 2010, e quindi non rappresenta un reato, anche se ciò non significa che sia legale.
Restando in Europa, anche la Slovenia si sta muovendo per cambiare lo status quo. Durante il giorno in cui si sono tenute le elezioni per il Parlamento europeo, i cittadini sono stati chiamati a votare anche un referendum sulla cannabis diviso in due punti: il primo chiedeva se fossero d’accordo nel far partire produzioni di cannabis medica, il secondo invece chiedeva di esprimersi sull’autoproduzione di cannabis. Entrambi i quesiti hanno ricevuto più del 50% dei sì e, anche se il referendum non è vincolante, e non è quindi obbligatorio che ne scaturiscano proposte di legge, si tratta di un passo importante nella giusta direzione.
Intanto, mentre l’Olanda ha fatto partire la sua legalizzazione sperimentale, con le prime produzioni legali che riforniscono i coffee shop di 10 diverse città, in Svizzera, dove è già in corso una legalizzazione pilota che permette ai cittadini che fanno parte del programma di acquistare cannabis nelle farmacie o in negozi dedicati, è partita una raccolta firme per puntare a legalizzare definitivamente la cannabis, senza aspettare la fine della sperimentazione in corso. «Legalizzazione della cannabis: un’opportunità per l’economia, la salute e l’uguaglianza», è il titolo dell’iniziativa popolare che punta a raccogliere le 100mila firme necessarie.
Ma il cambiamento sta ormai contagiando tutto il mondo.
Gli ultimi Paesi in ordine di tempo ad aver accelerato sono il Giappone e il Sudafrica. Il primo, particolarmente rigido per le politiche sulla cannabis nonostante l’uso tradizionale e riconosciuto della pianta di canapa in vari ambiti, sta aprendo alla cannabis medica e soprattutto all’introduzione del CBD negli alimenti. Sarebbe uno dei primi Paesi al mondo a farlo e l’idea di fondo è quella di attrarre investimenti e di fare un primo passo in una nuova direzione.
In Sudafrica invece il traguardo storico è quello di essere il primo Paese del continente ad aver legalizzato autoproduzione e uso personale. È il risultato di un processo iniziato nel 2017, quando la Corte Suprema del Paese aveva dichiarato incostituzionale il divieto relativo alla cannabis contenuto nelle leggi nazionali. Il 28 maggio scorso c’è stato l’ultimo passaggio con il comunicato ufficiale pubblicato sul sito della Presidenza che recita: «Il Presidente Cyril Ramaphosaha ha convertito in legge il Cannabis for Private Purpose Act che regola la coltivazione, il possesso e l’uso di cannabis da parte di adulti in ambito privato».