Cannabis light e patente: c’è rischio ritiro?
Esiste davvero il rischio di vedersi ritirare la patente di guida dopo aver assunto la cannabis light?
Da quando la moda della cannabis light ha preso piede c’è una domanda che spesso ci è stata posta dai nostri lettori che la utilizzano: si rischia di risultare positivi ai test delle urine e quindi di potersi vedere sospesa la patente? Una domanda che, come troppo spesso avviene con ogni dubbio giuridico legato alla cannabis, non trova una risposta semplice e netta, anche se alcuni dati e casi specifici emersi negli ultimi mesi possono aiutare a dare una risposta che purtroppo, lo anticipiamo, non va nella direzione sperata dai consumatori.
LE PRIME INFORMAZIONI IN ARRIVO DALLA SVIZZERA
Alcune aziende del settore in questi mesi hanno costantemente rassicurato i consumatori, affermando che il consumo di cannabis a contenuto legale di Thc non comporta alcun rischio di risultare positivi ai test delle urine. Tuttavia sembra un’affermazione un po’ troppo ottimistica.
Dalla Svizzera, dove il fenomeno “cannabis light” si è sviluppato per primo arrivano già le smentite. Il gestore di un growshop elvetico ha voluto fare un esperimento: ha fumato cinque sigarette di cannabis legale prima di sottoporsi al test, ed è risultato positivo nonostante avesse atteso cinque ore prima di effettuarlo. Anche l’Ufficio federale della salute pubblica della Svizzera ha inviato ai rivenditori una circolare nella quale chiede loro di consigliare ai consumatori di non porsi alla guida dopo averla consumata.
“NON SI PUÒ AFFERMARE CHE NON ESISTE ALCUN RISCHIO”
Anche in Italia si sono già registrati casi di automobilisti ai quali è stata sospesa la patente in seguito al consumo di canapa certificata, a confermarlo a Dolce Vita è l’avvocato Carlo Alberto Zaina, che non usa parole dolci verso i commercianti che dicono ai propri clienti di stare tranquilli: «Sono già stato contattato da alcuni automobilisti che si sono visti sospendere la patente dopo aver fumato canapa legale, questo è sufficiente a smentire ogni voce contraria. Chi dichiara che non esiste questo rischio è irresponsabile e se si tratta di un produttore o di un commerciante potrebbe anche essere accusato di frode in commercio ai sensi di legge».
OLTRE QUALE LIMITE DI CONSUMO SI PUÒ RISULTARE POSITIVI?
Le analisi delle urine non identificano direttamente la presenza di THC, ma del suo principale metabolita, il THC-COOH: se esso risulta presente in concentrazioni superiori a 50 ng/ml il test da risultato positivo. Ma quanto THC occorre assumere per raggiungere la soglia? Non esiste una risposta univoca, visto che il risultato dipende dal metabolismo di ognuno.
Tuttavia una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Analytical Toxicology ha cercato di stabilire dei criteri di rischio con un esperimento. Per dieci giorni 15 persone sono state sottoposte al consumo di basse concentrazioni di THC. Ingerendo 0,45 mg di THC nessuno di essi è risultato positivo, ma passando ad un consumo di 0,6 mg al giorno una delle cavie ha oltrepassato il limite di 50 ng/ml nelle urine, e quindi nel caso di un fermo di polizia si sarebbe visto la patente sospesa.
LA CANNABIS LIGHT ITALIANA È PIÙ SICURA
Ovviamente si tratta di un campione specifico molto limitato, ma sufficiente per affermare che non si può stare del tutto tranquilli. 0,6 mg di THC sono quelli contenuti in un grammo di canapa con concentrazioni di THC al 0,6%. Molte delle varietà di cannabis light prodotte in Svizzera – e commerciate in Italia d’importazione – si aggirano attorno a questa concentrazione di principio attivo, quindi consumarne anche un solo grammo al giorno in maniera regolare può comportare risultare positivi ai test.
Mentre le varietà di cannabis tecnica prodotte in Italia devono provenire da semi certificati con contenuto di THC inferiore allo 0,2%. Consumando varietà di provenienza italiana si può forse affermare che un consumo inferiore ai tre grammi al giorno potrebbe mettere al riparo dalla positività. Ma nessuno potrebbe essere in grado di sostenerlo con assoluta certezza, data la scarsità di fonti scientifiche disponibili e la variabilità soggettiva dei risultati.
COSA FARE SE SI RISULTA POSITIVI AL TEST?
La semplice positività al test non è sinonimo di colpevolezza. La legge stabilisce infatti che è reato guidare sotto effetto di sostanze stupefacenti e la Corte di Cassazione ha stabilito che la semplice positività al test delle urine o del sangue non rappresenta di per sé una prova sufficiente per comminare la sanzione. La sospensione cautelativa da parte delle forze dell’ordine che hanno effettuato il test non è sufficiente, ma deve essere rettificata da un medico e successivamente dalla prefettura.
«Tuttavia in caso di positività il rischio di ritrovarsi in un vicolo cieco è molto alto – spiega l’avvocato Zaina – visto che medici e prefetti ben di rado smentiscono il verbale compilato dagli agenti. Quindi spesso accade che la sospensione della patente venga annullata solo in sede di processo penale, quando ormai è già stata scontata». Per avere consigli più specifici consigliamo di leggere questo approfondimento.