Cannabis light: la Polizia italiana (in evidente stato confusionale) preannuncia sequestri
La cannabis light contiene concentrazioni legali di THC ma può comunque essere sequestrata. In poche parole è questo il punto di vista espresso in una intervista dal direttore tecnico chimico della Polizia, Anna Maria Caputo. Un controsenso logico senza alcuna base giuridica all’interno dalla legislazione italiana.
La cannabis light è nient’altro che cannabis certificata ad uso industriale, e quindi la sua coltivazione sottintende alla nuova legge sulla canapa del 2017. Questa prevede che si possano effettuare controlli a campione per verificare se la varietà coltivata sia effettivamente proveniente da semi certificati. Solo nel caso in cui le analisi riscontrino anomalie nella coltivazione la canapa può essere sequestrata, non certo in via preventiva come ipotizzato dall’agente.
Riguardo al THC presente nelle coltivazioni legali inoltre la Caputo aggiunge: «Se il principio attivo contenuto è inferiore ai limiti di legge noi calcoliamo comunque la quantità di dosi presenti in quella sostanza, ma è chiaro che una quantità così bassa non definirà quella sostanza come stupefacente».
Un delirio totale: se si tratta di sostanza legale a quale titolo si contano le “dosi”?. La legge italiana prevede che il limite al di sopra della soglia di 500 milligrammi di THC detenuto possa scattare l’incriminazione per spaccio. Le dichiarazioni della direttrice Caputo lascerebbero quindi intendere che se un agricoltore coltivi più di 250 grammi di infiorescenze di cannabis legale con il contenuto allo 0,2% di THC potrebbe scattare l’accusa di coltivazione ai fini di spaccio. Un’assurdità che non ha alcuna base in nessun testo di legge.
A sottolineare l’assurdità delle posizioni espresse nell’intervista ci ha pensato anche l‘avvocato Carlo Alberto Zaina, tra i maggiori esperti di legislazione sulle droghe in Italia, il quale attraverso la propria pagina Facebook ha posto alcune domande alle quali sarebbe utile avere una risposta:
1) L’intervistata non spiega affatto che sino al limite di principio attivo dello 0,6% la canapa non ha rilievo penale. Questo è un aspetto fondamentale, perché sotto tale limite, anche se superiore a 0,2% mai potrà esservi sequestro penale e denunzia all’autorità giudiziaria.
2) L’intervistata non spiega affatto perché mai a proprio singolare avviso un reperto che contenga un principio attivo compreso fra lo 0,2 e lo 0,6% possa formare oggetto di sequestro. Si guarda bene dallo spiegare quale sarebbe il titolo in base al quale il sequestro dovrebbe avvenire, perché allo stato sarebbe assai discutibile ed illegittimo un sequestro del genere.
3) L’intervistata sostiene che in relazione alla canapa cosiddetta legale la normativa di riferimento non è la L. 242/2016, bensì il dpr 309/90. Si tratta di una inesattezza palese, perché, in realtà il testo unico sugli stupefacenti regola i profili penalmente rilevanti della cannabis (e di altre sostanze). Dunque come si può applicare a situazioni per le quali la sanzione penale è esplicitamente esclusa da legislatore?
4) L’intervistata, spiegando tecnicamente, l’attività di esame delle sostanze, afferma che le sostanze che presentino un livello di THC fra 0,2 e 0,5% non sono da ritenere produttive di effetti droganti. Ciò nonostante le analisi sono finalizzate a calcolare le dosi ricavabili.
Si tratta di una confusione totale:
a) non aveva, infatti, detto che sopra 0,2% si poteva procedere a sequestri e, comunque, aveva lasciato intendere che il limite di 0,2% è invalicabile?
b) se queste sostanze con questi livelli di THC non producono effetti droganti, come e perché si cerca di ricavare il numero delle dosi “droganti”?
c) sa l’intervistata che per la SC di Cassazione il limite drogante è fissato nello 0,5%?
d) conosce l’intervistata il parametro della quantità massima detenibile, che è il criterio che dovrebbe essere utilizzato per i casi di detenzione?