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Cannabis light in Italia: un impatto economico da 2 miliardi di euro e 20mila lavoratori

Sono le stime economiche aggiornate del settore contenute in uno studio appena messo a punto da MPG Consulting che sarà illustrato in conferenza alla Camera

cannabis light
Il settore della cannabis light ha un impatto economico diretto di quasi un miliardo di euro, con un altro miliardo aggiuntivo di impatto indiretto, e la creazione di 22mila posti di lavoro a tempo pieno.

Sono le stime appena aggiornate del mercato italiano della cannabis light, relative quindi alle sole infiorescenze, (senza oli al CBD e trinciati) messe a punto in uno studio da MPG Consulting, guidato dall’economista specializzato Davide Fortin insieme all’avv. Maria Paola Liotti e commissionato dall’associazione Canapa Sativa Italia.

Si tratta di un documento di oltre 130 pagine, che sarà presentato il prossimo 2 aprile presso la sala stampa della Camera e del quale siamo in grado di anticipare qualche dato.

Il documento inizia tratteggiando leggi e convenzioni internazionali, i limiti di THC per la canapa industriale in diversi Paesi, le proprietà del CBD e i regolamenti europei sulla canapa, fino ai Paesi che hanno legiferato sull’uso inalatorio della cannabis light come Belgio, Lussemburgo e Svizzera, per poi arrivare all’Italia, alla legge 242 e fino alla querelle di canapa e officinali.

L’ultima parte è dedicata ai modelli economici creati per calcolare impatto economico e posti di lavoro in Italia. Gli ultimi due capitoli invece sono dedicati alle analogie tra il settore del vino e del luppolo.

LA CANAPA COME IL VINO

Dove si può leggere ad esempio che: «Le similitudini tra il vino e la canapa sono molteplici e trovano matrice comune nella forte connessione che queste specie agricole hanno con il territorio, la cultura e la storia italiane: entrambe offrono un’esperienza sensoriale completa (visiva, olfattiva e gustativa); esistono varietà locali di pregio, con qualità organolettiche uniche; sia il vino che la cannabis hanno principi attivi euforizzanti; sono possibili abbinamenti gastronomici e percorsi di degustazione; è strutturato un mercato degli accessori di tendenza per il consumo sia del vino che della cannabis».

Cannabis light in Italia: un impatto economico da 2 miliardi di euro e 20mila lavoratori
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E che: «Il settore vitivinicolo in Italia è uno dei pilastri dell’economia agricola, potendo contare su una tradizione secolare e un ruolo importante nell’esportazione e nel turismo. Il vino italiano è tutelato da normative strutturate, che prevedono protocolli di tutela come i marchi su le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP), che garantiscono la qualità, la tracciabilità e la tipicità dei prodotti».

Come ricorda il report: «In questo contesto alcune associazioni di settore hanno congiuntamente elaborato un disciplinare per la coltivazione e la gestione delle infiorescenze di canapa, essenziale per promuovere buone pratiche da seguire nei processi produttivi agricoli e alti standard qualitativi del prodotto finale, proprio come avvenuto storicamente per il mercato del vino italiano. Questo disciplinare presentato nel 2018 da Federcanapa, Confagricoltura e CIA-Agricoltori Italiani, definisce le Buone Pratiche per la produzione e lavorazione delle infiorescenze femminili di Canapa Sativa L. e, tramite una serie di prescrizioni tecniche e operative, punta a promuovere la filiera nazionale prestando particolare attenzione a parametri di qualità, tracciabilità e sostenibilità ambientale».

Non dimentichiamo che, secondo uno studio molto recente, quello tra vite e pianta di canapa potrebbe essere un connubio senza pari, anche dal punto di vista agronomico. La canapa infatti, se seminata nei filari delle vigne, migliora il terreno grazie all’azione delle radici e addirittura la qualità del vino, come raccontato dallo studio pubblicato su New Zealand Wine Grower e curato dalla viticoltrice Kirsty Harkness e dal ricercatore in viticoltura Dr Mark Krasnow.

CANNABIS LIGHT IN ITALIA E IMPATTO ECONOMICO

Per capire l’impatto della cannabis light in Italia gli economisti Adam Orens e Davide Fortin immaginano due scenari: uno di vendite presso negozi specializzati, e-commerce e tabaccai, come avviene oggi, e un altro, invece, che prevede la vendita in regime di monopolio presso i tabaccai.

Nel primo modello, i vantaggi economici sono sicuramente maggiori. Secondo gli economisti, infatti, calcolando la vendita al dettaglio, la distribuzione e la produzione si avrebbe un impatto diretto da 991,4 milioni di euro con 12.533 lavoratori a tempo pieno (coltivazione, lavorazione, distribuzione, amministrazione, operatori di commercio). «Passando al giro d’affari relativo all’impatto indiretto di almeno 970 milioni di euro», spiegano, «si evidenzia un notevole apporto dato dalla creazione di lavori ad alto valore aggiunto, come avvocati, commercialisti, operatori bancari, programmatori e produttori di attrezzature agricole, utilizzate per la lavorazione delle infiorescenze o per il packaging», per un totale di altri 9.846 lavoratori.

L’impatto economico complessivo sarebbe dunque di 1,963 miliardi di euro, con un totale di 22.379 lavoratori.

Il secondo modello è quello della vendita in regime di monopolio tramite i tabaccai. «La creazione di un monopolio delle tabaccherie nella vendita delle infiorescenze di canapa destinata all’inalazione avrebbe conseguenze significative sul mercato e sull’economia nazionale. Assumendo un’aliquota fiscale del 56,5% su questi prodotti, il valore del mercato al dettaglio, se gestito esclusivamente dalle tabaccherie, sarebbe stimato tra 148 e 247 milioni di euro. In questo scenario, il governo potrebbe ottenere entrate fiscali comprese tra 110 e 184 milioni di euro, oltre a quelle legate ai salari dei dipendenti. In uno scenario monopolistico, il giro d’affare che verrebbe perso tra impatto diretto e secondario si attesta ad oltre 1.4 miliardi di euro. In termini di entrate fiscali, la perdita sarebbe pari ad almeno 180 milioni di euro, considerando sia l’IVA sia le imposte sui profitti non raccolte».

L’impatto complessivo sarebbe di 530 milioni di euro per un totale di 6.042 lavoratori.

«Quello che mi ha sorpreso», spiega Fortin a Dolce Vita, «è il continuo l’aumento della domanda nonostante le politiche repressive messe in atto. È un mercato importate, pienamente legale, ma ostacolato da una normativa ancora lacunosa sulle destinazioni d’uso. La crescita è dovuta in gran parte al passaparola, vista l’impossibilità per le aziende di promuoverne i potenziali benefici senza incorrere nel rischio di essere accusate di commercializzare farmaci senza autorizzazione».

«Un altro dato che mi ha colpito, analizzando il mercato italiano, è l’aumento di persone che utilizzano le infiorescenze di canapa come sostituto del tabacco. Non si tratta di un semplice succedaneo, ma di un’alternativa potenzialmente più salubre, che potrebbe contribuire a ridurre il consumo di una delle sostanze più nocive e con maggior potere di dipendenza».

«Un altro aspetto interessante che ho notato dai risultati del questionario somministrato ad oltre 300 operatori della filiera Italiana», continua Fortin, «è il diverso tipo di coltivatori che operano nel mercato che abbiamo diviso in 3 tipologie: i piccoli coltivatori, che vendono al dettaglio tutto il raccolto, quelli medi, che vendono un po’ al dettaglio e un po’ all’ingrosso, e poi i grossisti. È molto interessante il profilo del coltivatore medio, che sparirebbero nel caso del monopolio ai tabaccai, perché è l’attore che crea più innovazione comprando da tanti coltivatori diversi, e coltivando un gran numero di varietà. Funziona come fosse un tester: le varietà che funzionano le rivende all’ingrosso e le ricoltiva, senza essere obbligato a vendere tutto e subito, come fa il grossista, usando varietà già rodate. Invece i grossisti, quelli che standardizzano di più prodotti e quantitativi, sono quelli che sopravviverebbero anche in caso di monopolio presso i tabaccai».

«Tra i piccoli attori», conclude, «la maggior parte coltiva anche altri vegetali, la canapa è come fosse una commodity agricola in più da coltivare e proporre per aumentare il proprio reddito».

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