Cannabis legale, la grande corsa sul carro dei vincitori
Se è vero, come ha recentemente affermato il senatore Benedetto Della Vedova, che il problema non è più “se” la cannabis diverrà legale in Italia, ma “quando” questo avverrà, non c’è troppo da stupirsi che il carro dei vincitori si stia progressivamente affollando. In fondo è una tradizione perfettamente italiana, nata nella notte dei tempi e giunta fino ai nostri giorni raggiungendo vette di trasformismo sempre più alte.
La politica italiana si è sempre distinta in questo particolare sport nazionale, basti pensare al giugno 2011, quando pochi giorni prima dei referendum contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua, una volta capito dai sondaggi che il quorum sarebbe stato raggiunto, tutti (specialmente nel centro-sinistra) s’improvvisarono ferventi difensori dei beni comuni, dopo aver passato mesi di silenzio cercando di annusare verso quale direzione avrebbe soffiato il vento. Gli esponenti di spicco del governo di allora si fecero vedere nei salotti televisivi il giorno della vittoria cercando di sbandierarla come propria, salvo poi disattendere i risultati di quel referendum nelle regioni da loro stessi governate, lasciando l’acqua nelle mani delle aziende private nonostante il popolo italiano avesse espresso in massa parere contrario.
Anche sulla cannabis pare si stia sviluppando una tendenza analoga. Sembrano passati secoli da quando, ospite del programma tv Le invasioni Barbariche, Renzi rispose “assolutamente no” quando la conduttrice Daria Bignardi gli chiese se fosse in favore della legalizzazione della cannabis. Era il 17 gennaio 2014 e per la cronaca nella stessa puntata l’allora sindaco di Firenze giurò anche che non era sua intenzione fare le scarpe al premier Enrico Letta.
Ora Renzi sulla cannabis non dice più nulla, e non fa neanche ciò che dovrebbe, visto che sotto la sua responsabilità istituzionale è posto il Dipartimento Politiche Antidroga, organo che sarebbe deputato ad elaborare nuove strategie sulle sostanze e che si trova senza guida da ormai un anno. Probabile che anche il premier stia annusando il vento come i suoi predecessori, cercando di capire quando e come converrà schierarsi.
Nel frattempo vari membri del Partito Democratico hanno però cominciato a muoversi e a cercare un posto in prima fila sul carro dei vincitori. Non solo i deputati appartenenti alla minoranza del partito, ma anche diversi onorevoli considerati politicamente vicini a Matteo Renzi stanno aderendo all’intergruppo per la legalizzazione della cannabis lanciato dal senatore Della Vedova.
Noi che da tanti anni ci battiamo per la legalizzazione della canapa e dei suoi derivati, insieme agli altri movimenti antiproibizionisti di questo paese, sappiamo che questo passaggio, che potremmo definire come “l’entrata della cannabis nel mainstream” – fatto di appelli di intellettuali e medici vicini alle stanze del potere politico e mediatico, di articoli sulla stampa nazionale e di proclami politici – è comunque importante. È evidente che la legalizzazione si dovrà fare con una maggioranza parlamentare, e questa andrà costruita con tutti coloro che ci stanno. Tuttavia sarebbe bello se, da parte di chi sale per ultimo sul carro, vi fosse la volontà di dare una mano per raggiungere l’obiettivo e non quella di mettersi in prima fila e in favore di telecamera.
Nei giorni scorsi anche noi di Dolce Vita siamo stati contattati dagli organizzatori di un evento promosso dal parlamentare del Pd Giuseppe Civati che si terrà il 20 aprile a Milano. Tralasciando ogni commento sul nome scelto per l’incontro (“L’erba voglio“), con il solito giochino di parole che francamente ha stancato, le ragioni per le quali non abbiamo ancora aderito all’iniziativa e probabilmente non lo faremo sono le seguenti: tra Camera e Senato giacciono attualmente ben cinque proposte di legge per la legalizzazione, una delle quali è stata oltretutto redatta seguendo i consigli di migliaia di attivisti, esperti e cittadini (quella depositata da Vittorio Ferraresi, del M5S), non sarebbe più logico se i parlamentari convergessero su questa proposta anziché organizzare eventi per redarne di nuove? E soprattuto, visto che ciò che crediamo sia necessario per riuscire finalmente ad arrivare al traguardo della legalizzazione in Italia, sia l’adozione di una strategia efficace e comune tra tutte le forze (politiche e della società civile), quale sarebbe il senso di un ennesimo evento politico come quello in questione, se non quello monetizzabile nella ricerca di meri consensi elettorali?
Sperando di sbagliarci, e di non essere di fronte ad un ennesimo spot elettorale, per il momento continuiamo a credere che sia meglio lavorare in silenzio, con la costanza e con la volontà di chi si adopera per cambiare veramente le cose, ma senza ambizioni da prime donne. Rimaniamo a mangiare la polvere che spetta a chi il carro ha contribuito a costruirlo e a spingerlo in mezzo al fango quando addosso ci pioveva di tutto, e pazienza se altri arriveranno belli profumati all’ultimo momento per cercare di conquistare il posto in prima fila mentre si imbocca il viale della vittoria.