Cannabis legale: esperimenti industriali e sociali in Colorado fra dosaggi di THC e overdose di zuccheri
Denver si riempie di infusi, pasticcini e bevande alla cannabis, etichette che dichiarano il falso, consumatori truffati e repliche di autorità o produttori di MIP, i Marijuana Infused Product. I nuovi laboratori di analisi autorizzati dallo Stato cominciano a sorvegliare sulla sicurezza medica e alimentare dei pazienti e dei consumatori di MIP. Però la gente continua a riempirsi la pancia di dolci.
Zucchero, sesso e THC per stare insieme. Sappiamo che le proprietà medicinali della cannabis riguardano anche la sfera sessuale. Logico quindi che il Cannabist, la rivista del quotidiano Denver Post, stia per aprire una rubrica dedicata a relazioni e generi. Per questa nuova colonna il magazine cerca un redattore o una redattrice capace di scrivere su sesso e cannabis. Niente di bizzarro, solo uno dei tanti indicatori di una complessità che il laboratorio sociale americano dovrà affrontare a breve. La completa legittimazione della marijuana porta alcune modifiche alle abitudini personali, sociali e relazionali, con impatti sulle scelte di spesa. Entro breve apriranno ìn Colorado, Washington, Oregon e California nuovi ristoranti e bar nelle città, chioschi ambulanti nei parchi e nelle fiere. I locali più o meno chic, mainstream o alternativi di Los Angeles o Portland offriranno deliziosi menu cannabici a contenuto psicoattivo controllato. Cibo e bevande dovranno suscitare nella coppia, o nel trio, che legge il Cannabist le sensazioni promesse da estratti specializzati e somministrati in ambiente piacevole e protetto. Addio Champagne. Grow local, drink local.
I cannabinoidi sfuggono ai controlli. Bisogna aspettare il completo assestamento del quadro normativo, e non c’è da temere perché oltreoceano avviene in dimensioni temporali molto differenti dalle nostre. Serve però una decisa maturazione dell’industria degli estratti e dei derivati alimentari, il cui marketing è andato ben oltre le capacità produttive. La quantità di cannabinoidi dichiarata sulle etichette della merce proposta sugli scaffali dei dispensary risulta ancora poco attendibile e per soddisfare richieste in crescita vertiginosa i produttori spingono al massimo processi produttivi tutt’altro che consolidati. Il risultato può essere deludente. Beninteso, tutto ciò che si trova in Colorado come negli altri Stati che hanno in qualche modo legalizzato la cannabis resta notevolmente più efficace e sicuro di quello che in Italia viene offerto paralegalmente nelle piazze. E su qualità ed effetti certificati, com’è ovvio, le nuove aziende della cannabis provano a costruire un business. Un esempio si trova nella nostra recente intervista al fondatore del marchio “ebbu” Dooma Wendschuh sull’industria dell’estrazione in un mercato potenziale di dimensioni superiori a quelle di Internet.
L’impatto della cannabis legale sulle città e sui centri suburbani. La nuova scelta psicoattiva che la società dei consumi mette a disposizione degli adulti responsabili comincia a modificare i tessuti produttivi territoriali, oltre ad alcune scelte logistiche, commerciali e urbanistiche. Le società che gestiscono i grandi centri commerciali, motori della spesa interna e della socialità nell’America suburbana, accetteranno un dispensario all’interno dei propri villaggi degli acquisti? I primi sondaggi propendono verso un danno per l’immagine complessiva del centro commerciale, ma sarà così anche in futuro? O la presenza del dispensary aumenterà i visitatori, che potrebbero fare shopping in modo ancor meno consapevole di quanto già facciano? La stessa logica si può applicare a quartieri urbani di ben altro valore rispetto alle praterie del West: il risanamento e la gentrificazione di Brooklyn avranno fra i loro ultimi atti le aperture dei primi dispensary ricreativi di New York? Accesso anche ai non residenti. File più lunghe di quelle per comprare l’ultimo Iphone. TV straniere, turisti italiani.
Insomma prepariamoci a un’ampia gamma di alimentari, con infiniti profili terpenici e cannabinoidi in grado di confondere il paziente come la scelta di un piano tariffario telefonico. Troveremo i MIP nel nostro centro commerciale atterrato da decenni e ben radicato sulla nostra contea suburbana. Sulla nostra, perché in base alle leggi locali la contea vicina potrebbe vietare i dispensary nei centri commerciali, e probabilmente anche il fumo nel proprio giardino, se il vicino non dovesse gradire. Attraverso il bilanciamento normativo fra cannabis medica e ricreativa, i singoli Stati e le loro contee partecipano a un processo, con proporzioni ancora non chiare, di redistribuzione economica e demografica conseguente alle differenti modalità di legalizzazione della cannabis. Spostamenti da uno Stato all’altro di pazienti con le loro famiglie, di giovani in cerca di nuove opportunità sociali e lavorative, di imprenditori rampanti o di pensionati che vogliono semplicemente pace e libertà. Torniamo ai MIP, alimentari prodotti con un livello almeno minimo di industrializzazione. Ebbene, il giornalista del Denver Post Ricardo Baca si è accorto che una rinomata marca, la Dr. J’s vendeva dolcetti farlocchi. Più scientificamente, la quantità di THC presente era attorno ai 0,4 milligrammi contro una dichiarata di 100. In tutti i prodotti e in tutti i lotti testati. Tanto, diciamoci la verità, il pasticcino non viene quasi mai consumato da solo.
L’inchiesta del Denver Post sul contenuto di THC negli alimentari. Il mercato MIP nel laboratorio sociale e di marketing chiamato Colorado vale attorno al 30-40 percento del totale dei consumi di cannabis. Il piccolo scandalo creato da Ricardo Baca nella comunità cannabica di Denver è nato per caso, come riportato in questo articolo. Parte l’inchiesta del Denver Post, che affida l’analisi comparativa su diversi prodotti al laboratorio Steep Hill, indipendente e autorizzato dallo Stato del Colorado. I risultati, consultabili su queste pagine del Cannabist, hanno indicato una generale discordanza fra contenuti dichiarati e reali. Una singola partita di prodotto può essere difettosa ma è evidente che esiste, o esisteva nella primavera 2014, un problema di coerenza dei processi artigianali o industriali per gli estratti e i prodotti derivati. La Dr.J’s ha forse risolto i suoi problemi, tecnologici o di management, e oggi estrae con le nuove macchine a CO2 al posto del sistema a freddo. Ma un danno ai consumatori si è verificato, insieme forse a un danno al marchio Dr.J’s e alla nascente industria degli alimentari cannabinoidi. Sul sito del Cannabist si trova Il rapporto completo dei test di laboratorio sui livelli di THC negli alimentari MIP più diffusi in Colorado.
Si stringe il confronto fra industria, legislatore e consumatori. Anche la più nota produttrice di bevande ed estratti di cannabinoidi, la Dixie elixirs, non si è classificata bene nell’indagine del Denver Post: le sue delicatezze contenevano solo 60 dei 100 milligrammi di THC dichiarati. La barretta di cioccolato alla menta della Incredibles’ Mile High rischiava invece di sorprendere il goloso con 146 Mg contro 100 dichiarati. In Colorado saranno in vigore dal primo novembre le nuove norme per il confezionamento e il dosaggio dei MIP, che rallenteranno forse una produzione già in difficoltà nel soddisfare la domanda. Di conseguenza, Dixie Elixirs e Medically Correct si sono spostate in stabilimenti e impianti di coltivazione più grandi. I responsabili di queste aziende sono felici per il loro portafoglio ma increduli di fronte a tanto appetito dei consumatori americani per i prodotti dolciari con poco o molto THC.
Leggi severe a tutela di grandi e piccini. La sigla MIP è stata recentemente introdotta per indicare i prodotti contenenti cannabinoidi, ma lo stesso acronimo significa“Minor In Possession” per la legge degli Stati Uniti. Il possesso riguarda alcool o sostanze vietate ai minorenni. Il Minor in questione, secondo le rigide leggi e l’ancor più rigida applicazione da parte delle forze di polizia, passa guai seri se trovato in possesso di alcool o di un Marijuana Infused Product. Qualche migliaio di dollari e altri grattacapi se può pagare l’ammenda. Altrimenti la carriera lavorativa e le relazioni sociali del MIP di un MIP saranno probabilmente compromesse dalla sua visita a un istituto di pena o di “recupero”. Questo per sua tutela. Ora, visto il successo dell’industria dolciaria cannabica sembra utile anche tutelare gli adulti dall’assunzione di THC e CBD associati a zuccheri, caffeina e altre sostanze che vanificano molti dei benefici associati ai cannabinoidi. Ma questi sono problemi degli americani. Noi non abbiamo i MIP.