Cannabis in Europa: una serra ogni 1000 abitanti per l’autosufficienza
Nel Regno Unito sono vicini all’autosufficienza nella produzione di cannabis. Se tutta Europa facesse lo stesso i coltivatori del Rif resterebbero senza cibo e l’intera filiera dell’hashish marocchina salterebbe. In UK le distanze e le difficoltà di importazione hanno reso molto conveniente la coltivazione indoor e anche outdoor, coi nuovi strain da climi freddi. Le operazioni di polizia ci danno l’idea di quante fattorie siano necessarie per sfamare una città. I dati provengono dall’area urbana di Manchester, che conta 2,6 milioni di abitanti, quasi come Roma e il doppio di Milano.
2.000 serre a Roma, 1.000 a Milano
Un quotidiano locale di Manchester riporta che in un anno sono stati sequestrati 733 impianti di coltivazione indoor, per un totale di quasi 7 grow room ogni 100.000 abitanti. Dati simili provengono dai quartieri ovest di Londra. Supponiamo che in Regno Unito siano autosufficienti e che i sequestri non superino mai il 10% dei traffici. Stimiamo quindi che per soddisfare le necessità di cannabis in una città come Roma o Manchester con serre di medie dimensioni siano necessarie 70 serre ogni 100mila abitanti, quindi 1890 serre.
Rapporto grow-room/abitanti in Europa
Con la proporzione di 7 serre sequestrate ogni 100.000 abitanti x 10 (presunto numero reale) abbiamo 0,7 serre ogni 1000 abitanti per rendere autosufficiente una nazione europea. In Italia siamo 60 milioni, servono 42.000 serre. Se pensiamo che l’avviamento di una piccola serra domestico/commerciale può costare sui 2000 euro risulta che il business atteso per i fornitori di attrezzature alle serre italiane nei mesi precedenti e successivi all’ipotetica legalizzazione è pari a 84 milioni di Euro. Poi ci sono i costi energetici e di esercizio, che in un annata di coltivazione potrebbero raddoppiare la cifra, da distribuire a diverse aziende nell’indotto dell’Eurocannabis. Infine i costi di evoluzione dei sistemi per mantenersi competitivi.
Come eliminare la cannabis dal Marocco
Governi e regnanti marocchini hanno sempre saputo che non era economicamente e socialmente possibile eliminare le coltivazioni di cannabis. Ora però potrebbe riuscirci l’Europa, involontariamente ma consapevolmente, non con la War on Drugs ma con la legalizzazione. In Europa siamo oltre 500 milioni. Servono 336.000 serre, circa 700 milioni di Euro per impiantare la grande macchina da coltivazione mista indoor/campo, con o senza substrato e a vario livello di automazione che porrà fine alle importazioni da Marocco, Albania e Medio Oriente.
Impatti ambientali del proibizionismo
Il Rif è la regione più povera ma densamente popolata del Marocco, con scarse risorse naturali ed equilibri ambientali fragili. Dagli anni 90 il Marocco è stato messo sotto pressione dall’Europa per sradicare le piantagioni di cannabis. Contemporaneamente però in EU e USA si sviluppavano nuove conoscenze e tecnologie per l’aumento della produttività di questa pianta. Di conseguenza in Marocco le varietà autoctone resistenti alle siccità sono state sostituite con i nuovi ibridi piccoli e densi che richiedono abbondante irrigazione e fertilizzazione. In questo modo si è riusciti a soddisfare la domanda europea riducendo la visibilità delle coltivazioni a danno dell’ecosistema.
Vecchi sceicchi dell’Hashish
Nel 1995, Re Hassan, padre dell’attuale monarca marocchino Mohammed, si è trovato nell’imbarazzo di dover denunciare il quotidiano francese Le Monde per diffamazione ma insieme arrestare una serie di funzionari pubblici per narcotraffico. Questi personaggi trattenevano relazioni con Abdelaziz El Yakhloufi e H’midou Dib. Yakhloufi era uno degli sceicchi degli altopiani del Rif. Lui si preoccupava di trasportare hashish in Europa. Nel tempo era anche diventato amico di Fidel Castro. In visita a Cuba scambiò esperienze con i coltivatori sudamericani e sperimentò estratti vegetali differenti dall’hashish.
Yakhloufi e le navi mercantili
Dall’esperienza cubana Yakhloufi portò dentro di se il desiderio di riservare nei principali porti marocchini alcuni ormeggi stabili per le navi con la cocaina colombiana diretta nel vecchio continente. E così hashish e cocaina hanno cominciato a entrare in Europa negli stessi container, consegnata alle stesse persone. A seguito del bordello tirato su da Le Monde, che toccava personaggi di ben altro calibro usciti a mani pulite, il giovane Yakhloufi fu condannato a 10 anni. Non ebbe il tempo di scontare la pena perché disgraziatamente morì in cella alcuni mesi dopo, senza aver il tempo di parlare con un assistente sociale.
Dib e la flotta delle motopesca
Poi c’era H’midou Dib, un pescatore che conosceva bene le rotte dell’Alboràn, fra Spagna e Marocco. La sua esperienza di mare è stata utile per trovare licenze per porti e infrastrutture quasi esclusivamente dedicate all’esportazione dell’hashish in Europa. Dib ha creato posti di lavoro, moschee, soldati. Lavato denaro, costruito case e complessi turistici. Yakhloufi e Dib erano diventati califfi di uno stato sovrano a nord del Marocco, in grado di contestare le regole del potere governativo.
Cade il califfato della cannabis
In aggiunta alle pressioni internazionali, la monarchia marocchina si sentiva minacciata dalla potenza economica e dalla capacità di controllo del territorio dei cartelli dell’hashish (e del transito di cocaina). Oggi in Marocco sono cambiate le persone dopo arresti, morti misteriose e raid militareschi per comprimere le piantagioni del Rif in aree più limitate, bruciare piante e soddisfare i governanti europei. In Europa invece le organizzazioni che ricevono l’hashish marocchina e la distribuiscono insieme ad altre sostanze al mercato nero sono le stesse di un tempo.
Legale in Marocco o contadini del Rif nei CSC europei?
Il business dell’hashish in Marocco non è diminuito. È più frammentato, meno concentrato in poche mani. I singoli cartelli sono più deboli. Come ultimo atto politico, Re Hassan aveva cominciato una disperata lotta all’hashish imposta dagli ipocriti governi europei. Ora il figlio Muhammad dovrà affrontare l’effetto della legalizzazione in Europa sul suo popolo di contadini e trasportatori della cannabis, che sono alcune decine di migliaia di persone. Le strade da scegliere sono poche e la migliore è cominciare un processo di legalizzazione anche nei paesi islamici.
Fonti:
Middle East Research and Information Project