Cannabis e cancro nella visione di un medico
Da anni ormai seguo pazienti prescrivendo loro, quando necessario, la cannabis terapeutica (CT) e il numero di persone affette da cancro che si rivolgono a me per chiedere se la cannabis potrebbe esser loro di aiuto è in costante crescita.
Questo è un segnale positivo perché significa che sta aumentando la consapevolezza, da parte dei colleghi medici e delle persone, circa il ruolo che la CT può avere per aiutare le persone che soffrono di cancro.
La sofferenza nel cancro, non è solamente dovuta agli effetti della malattia stessa, ma spesso è frutto degli effetti collaterali delle terapie oncologiche e del particolare stato d’animo del paziente, che sta affrontando una prova difficile per lui e per le persone che gli sono accanto: dolore, nausea, vomito, mancanza di appetito, insonnia, depressione, ansia, astenia, stipsi, sono sintomi comuni.
Facendo una ricerca su PubMed, il principale motore di ricerca per studi scientifici, emerge, in data 6 febbraio 2021, che alla voce “cannabis e cancro” compaiono 1044 pubblicazioni scientifiche (39 sono del solo mese di gennaio 2021). Alla voce “cannabis e cure palliative” ne compaiono 186. Alla voce “cannabis e dolore da cancro” ne compaiono 331. Il picco nelle pubblicazioni scientifiche si è verificato dal 2015 ad oggi.
A tal proposito, la comunità scientifica israeliana nel 2019 ha presentato una pubblicazione dal titolo molto significativo: “Cannabis per il Cancro – Una illusione o la punta di un iceberg: una revisione delle evidenze sull’uso della cannabis e dei cannabinoidi sintetici in oncologia.”. La conclusione a cui gli autori giungono è che la cannabis è certamente un’opzione terapeutica che va certamente perseguita, soprattutto per il controllo dei sintomi relativi al cancro e alle cure oncologiche. Rimane ancora in sospeso il giudizio sull’uso della cannabis come terapia anti-tumorale, perché non ci sono ancora studi sull’uomo randomizzati e in doppio cieco, secondo i criteri dell’Evidence Base Medicine. Certamente gli studi effettuati in vivo su animali e in vitro su cellule umane coltivate in provetta circa l’efficacia antitumorale dei cannabinoidi sono confortanti, così come lo sono le conoscenze biomolecolari dei meccanismi d’azione dei cannabinoidi, ma dobbiamo ancora aspettare affinché gli studi sull’uomo, di cui alcuni in corso, ci diano delle risposte adeguate.
Un dato oramai definitivo è che la terapia con cannabis ha certamente effetti collaterali enormemente meno impattanti, se comparata alla terapia con gli oppioidi. La qualità della vita in chi assume cannabis terapeutica, comparata a chi assume oppioidi è giudicata, in un altro lavoro israeliano, da buona a molto buona.
Nella mia esperienza posso affermare che assumere cannabis terapeutica, per un paziente che è affetto da cancro e che stia facendo chemioterapia, permette di ridurre l’assunzione di molti farmaci e di controllare meglio gli effetti collaterali della terapia antitumorale.
Donald I. Abrams, oncologo esperto in medicina integrativa e professore di medicina clinica presso l’Università della California a San Francisco, in suo lavoro del 2019, pone questa domanda provocatoria: «Dovrebbero gli oncologi raccomandare la cannabis terapeutica?». La risposta che fornisce, dopo aver analizzato la letteratura scientifica, e basandosi sulla sua esperienza clinica, è: «Oncologi e palliativisti dovrebbero raccomandare l’uso della cannabis terapeutica ai loro pazienti per comprenderne il suo potenziale terapeutico, nonostante la scarsità di studi clinici randomizzati controllati versus placebo, in modo da apprezzare loro stessi quanto questa sia sicura ed efficace».