Cannabis e cancro: la vignetta della discordia e le verità scientifiche
La vignetta è forte e male interpretarla è molto facile. Ma anche il messaggio che volevamo dare è forte e, dai commenti postati nelle ultime 24 ore sulla nostra pagina Facebook, ci siamo accorti che da molti non è stato capito.
L’argomento è complesso, motivo per cui vogliamo essere chiari. E fare anche un po’ di sana auto-critica, come vedrete a fine articolo.
Il punto di partenza è che, lasciando da parte tutti i benefici che la cannabis dà ai pazienti affetti da cancro nella cura dei sintomi (anoressia, nausea, dolore, insonnia e depressione), ad oggi sono stati realizzati almeno un centinaio di studi scientifici, in vitro (e quindi su cellule), su cavie animali ed infine su pazienti, i cosiddetti studi clinici, che analizzano direttamente le capacità anti-tumorali di diversi cannabinoidi.
Era il 1974 quando i ricercatori del Medical College of Virginia, che era stato finanziato dal National Institute of Health per trovare le prove che la cananbis danneggiasse il sistema immunitario, ha scoperto invece che il THC aveva rallentato la crescita di tre tipi di cancro nei topi (al polmone, al seno e nella leucemia indotta da virus). Da ciò che riferisce Jack Herer nel libro “The Emperor wear no clothes” la DEA pose fine allo studio senza divulgarlo e nel 1976 il presidente Gerald Ford ha messo fine a tutte le ricerche pubbliche sulla cannabis concedendo i diritti esclusivi alle grandi aziende farmaceutiche, che si proponevano di sviluppare forme sintetiche di cannabinoidi.
A proposito dell’attività antitumorali dei cannabinoidi oggi sul sito del governo americano si può leggere che: “Studi condotti su topi hanno dimostrato che i cannabinoidi possono inibire la crescita del tumore, provocando la morte delle cellule tumorali e stappandone la crescita, fermando inoltre lo sviluppo dei vasi sanguigni necessariai tumori per crescere. Studi di laboratorio e su animali hanno dimostrato che i cannabinoidi possono essere in grado di uccidere le cellule tumorali, proteggendo le cellule normali” o che: “Uno studio effettuato sui topi ha mostrato che i cannabinoidi possono proteggere contro l’infiammazione del colon e possono avere un potenziale nel ridurre il rischio di cancro al colon, ed eventualmente nel suo trattamento”.
Ad ogni modo sul sito viene ricordato come secondo l’FDA (la Food and Drug Administration, agenzia federale del dipartimento della Salute Usa che supervisiona la sicurezza del cibo, del tabacco, dei farmaci, degli integratori alimentari e altri settori simili) la cannabis non sia un trattamento autorizzato per la cura del cancro, anche se al paragrafo successivo viene ricordato come due cannabinoidi sintetici (prodotti farmaceutici che cercano di riprodurre i cannabinoidi naturalmente contenuti nella cannabis) siano permessi come coadiuvante nella chemioterapia. Alcuni studi hanno infatti mostrato come l’utilizzo di cannabinoidi in caso di chemioterapia e radioterapia (QUI un articolo e QUI lo studio), possa portare a maggiori benefici di quelli ottenuti senza i cannabinoidi permettendo di ridurre notevolmente le dosi di chemio e radioterapia. E’ da ricordare che di recente un ente per la ricerca del governo statunitense, il National Institute on Drug Abuse (NIDA) ha riconosciuto – senza fare troppo rumore – che la cannabis è in grado di sopprimere alcuni tipi di cellule cancerose e ridurre le dimensioni di altri generi di neoplasie.
In ambito scientifico sono stati realizzati diversi studi, in vitro e su cavie animali, sulle potenzialità anti-tumorali di diversi cannabinoidi. Per quello che riguarda invece gli studi clinici, e quindi eseguiti su pazienti, un primo studio pilota (QUI lo studio scientifico) è stato effettuato nel 2006 sotto la guida del dottor Manuel Guzman nel quale nove pazienti terminali con glioblastoma multiforme sono stati trattati con iniezioni intracraniche e intratumorali di una soluzione contente THC al 96,5% più altri isomeri. Come ci ha raccontato il dottor Luigi Romano, “i risultati sono stati strabilianti: miglioramento di tutti i sintomi clinici quali disfasia, ipertensione craniale, emiparesi, cefalea e allucinazioni, deficit motori migliorati. Aspettativa di vita: la media dopo l’operazione è stata di 24 settimane, 2 dei pazienti sopravvissero per circa 1 anno, solo 1 paziente sembra non aver risposto al THC almeno sotto il profilo dell’aspettativa di vita. Fantascienza? No realtà, realtà che si può implementare solo con la ricerca”.
Sono in corso altri due studi clinici (QUI il link di clinicaltrials.gov) condotti dalla GW Pharmaceuticals sul Sativex, il farmaco prodotto dall’azienda a base di THC e CBD in rapporto 1:1, come trattamento aggiuntivo all’agente chemioterapico chiamato temozolomide, perché la ricerca pre-clinica dell’azienda suggerisce che i cannabinoidi possano migliorare la capacità anti-cancro di questo agente.
Mentre in Israele, probabilmente lo Stato al mondo in cui la ricerca sui cannabinoidi in medicina è più avanti in assoluto, è in corso il primo studio clinico, eseguito quindi su pazienti, per indagare il CBD (Cannabidiolo) come unico trattamento nei tumori solidi.
In Spagna è stata lanciata una campagna di raccolta fondi per eseguire uno studio clinico sempre sulle capacità anti-tumorali dei cannabinoidi.
La prestigiosa rivista Current Oncology ha invece dedicato uno speciale nel marzo 2016 dedicato alla cannabis in oncologia, con un paragrafo dedicato all’oncologia pediatrica. E’ scaricabile liberamente da QUI.
Gli studi spiegano come diversi cannabinoidi agiscano inibendo la progressione tumorale a vari livelli: per apoptosi (forma di morte cellulare programmata), arresto del ciclo cellulare o autofagia, processo che ha il ruolo di liberare la cellula dalle proteine intracellulari mal impiegate o troppo vecchie, superflue o danneggiate, e dai microrganismi invasori, dando risposta per fornire nutrienti ed energia dopo l’esposizione a stress e sollecitazioni, oltre all’inibizione dell’angiogenesi, e cioè la formazione di vasi sanguigni che fanno crescere la massa tumorale.
Da una ricerca italiana nascerà il primo studio clinico, e quindi eseguito su pazienti, per testare le potenzialità della cannabis nel trattamento del Mieloma Multiplo in combinazione con un farmaco già utilizzato. Lo studio (QUI lo studio scientifico) è stato coordinato dal dottor Massimo Nabissi del gruppo di ricerca di Patologia Generale ed Immunologia dell’Università di Camerino e, visti i risultati incoraggianti, la OWCP (One World Cannabis Pharmaceutical), un’azienda farmaceutica biotech israelo-americana, ha deciso di avviare la prima sperimentazione al mondo con cannabinoidi su pazienti affetti da Mieloma Multiplo, in collaborazione con il Sheba Academic Medical Center.
“Oramai lo studio dei cannabinoidi per le loro proprietà anti-cancerogene è una realtà“, ci ha spiegato il dottor Nabissi, “nel senso che ci sono già due clinica trial sull’uomo con l’uso di cannabinoidi in aggiunta a farmaci. E’ assurdo che ci sia una mentalità così restrittiva su cannabis e cancro se si pensa che in Italia una famiglia su 5 ha in casa benzodiazepine come Tavor e Xanax, tutti farmaci che danno forte dipendenza o se uno soffre di un qualche dolore può andare in farmacia a comprare un cerotto con dentro gli oppiacei, eppure non ho mai visto una campagna così proibizionista nei confronti di benzodiazepine o oppiacei”.
“Sono stato ad un congresso sui cannabinoidi a Dublino 4 anni fa”, ha continuato, “e c’era il professor Mechoulam, colui che per primo ha isolato il THC. Lui mi diceva che è assurdo il fatto che dei cannabinoidi si conosca la struttura dagli anni ’50, ci siano un centinaio di lavori in ambito oncologico, e ancora ci sia titubanza nel suo utilizzo. Lui faceva l’esempio della penicillina spiegando che, appena avevano visto che uccideva i batteri, senza nemmeno fare uno studio clinico è entrata subito in terapia.
Ufficialmente non esiste un motivo per cui non si possa testare la cannabis, e infatti in Israele, ma anche in America, Inghilterra, Germania e Spagna stanno avviando degli studi sperimentali, effettuati quindi su un gruppo ristretto di pazienti”.
Alla domanda su cosa si potesse fare per fare un passo avanti anche in Italia il dottore ha risposto che: “Secondo noi le strade sono due: continuare a parlarne in maniera seria e scientifica e sensibilizzare le persone“.
Tutto questo non significa automaticamente che la cannabis curi il cancro e noi siamo i primi a non voler dare false speranze ai pazienti, ben consci delle difficoltà che già stanno attraversando. Una risposta definitiva potrà venire solo da ripetuti studi clinici.
Ma ciò non significa che su queste tematiche sia preferibile il silenzio: solo un’informazione corretta può essere utile ad alimentare un dibattito serio e costruttivo. Sono numerosi gli specialisti, anche quelli a conoscenza delle doti terapeutiche della cannabis come ad esempio il dottor Lester Grinspoon, che consigliano la cannabis come coadiuvante nelle terapie oncologiche ad esempio per placare i dolori e stimolare l’appetito, ma la sconsigliano per affrontare la malattia in favore delle terapie tradizionali. E’ anche vero che sono sempre di più le testimonianze di pazienti di tutto il mondo che asseriscono di essere guariti dal cancro ANCHE grazie alla cannabis.
Qui potete leggere ad esempio l’intervista alla mamma di Sophie Ryan che ha scelto di affiancare un trattamento a base di estratto di cannabis alla chemioterapia. Qui la storia di un bambino di 8 mesi con cancro che, secondo il medico che l’aveva in cura, si è salvato grazie all’estratto.
Per concludere: la vignetta in questione è stata pubblicata sul numero 47 (luglio/agosto 2013) di Dolce Vita e riproposta recentemente sulla nostra pagina Facebook ufficiale. L’autore, in arte Ivan Art, ha dedicato il disegno a Comstock Mykayla (come indicato in basso a sinistra dell’illustrazione), una bambina americana malata di leucemia che ha avuto risultati strabilianti grazie a una cura con olio di cannabis (vedi foto sotto).
Il nostro errore è stato quello di pubblicare la vignetta in questione senza contestualizzarla e dando per scontato che fossero sufficienti la dicitura e il link presenti sul fondo dell’immagine (troppo poco visibili).
ALTRI LINK A STUDI SCIENTIFICI
Proprietà anti-cancro della cannabis:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12514108
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20090845
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19442435
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14640910
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16616335
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16624285
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/10700234
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17342320
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16893424
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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/19914218
Glioma e glioblastoma:
http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0076918
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1576089/
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Leucemia:
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Cancro al colon:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18197164
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Cancro al seno:
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Cancro ai polmoni:
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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22198381?dopt=Abstract
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21097714?dopt=Abstract
http://www.fasebj.org/content/26/4/1535.full.pdf
Tumore della pelle e melanoma
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12511587
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http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17065222
Cancro al pancreas:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16818650
Cancro a bocca e gola:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20516734
Carcinoma tiroideo:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18197164
Cancro alla prostata:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12746841?dopt=Abstract
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3339795/?tool=pubmed
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https://www.spandidos-publications.com/10.3892/or.2015.3746
Carcinoma epatocellulare (forma di tumore al fegato):
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21475304
Linfobalstoma:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12091357
ALTRI LINK A TESTIMONIANZE:
http://www.cannabisterapeutica.info/2015/02/09/estratto-di-cannabis-al-posto-di-unaltra-chemio-la-scelta-di-stefanie-larue-per-sconfiggere-il-tumore-al-seno/
http://www.cannabisterapeutica.info/2015/01/21/arrestato-per-aver-curato-la-figlia-di-2-anni-malata-di-cancro-con-lolio-di-cannabis/