Cannabis e cancro: una battaglia di amore e speranza
Lo scritto che potete leggere di seguito, è una lettera aperta, molto sentita, che è arrivata in redazione e che abbiamo deciso di pubblicare. E’ il racconto di un amore, di una battaglia infinita che coinvolge migliaia e migliaia di persone, ed è il racconto di una grande sofferenza, mitigata dalla cannabis.
Il fallimento di un uomo si realizza quando si affida ciecamente alla scienza moderna, presuntuosa di essere l’unica a salvare l’umanità dai suoi mali. Non dico che la medicina non abbia salvato vite umane, ma essa si è anche prostrata al dio denaro, al business e al potere delle case farmaceutiche speculando sul male del nostro secolo: il cancro.
Perché non è sempre vero che la cura per guarire dal cancro passa attraverso la chemio, la radioterapia e la chirurgia. Quando a mio marito fu diagnosticato un oligoastrocitoma (si tratta di un tumore al cervello di basso grado) avevamo riposto piena fiducia nella medicina. L’intervento al cervello, la radioterapia e le cure sembrarono risolutive, ma dopo cinque anni tornò più maligno ed aggressivo.
Un secondo intervento effettuato a Houston, alla modesta cifra di 140mila dollari, un secondo ciclo di radioterapia e un anno di chemio mi dimostrarono che la medicina, come proposta dai protocolli europeo ed americano, non era assolutamente in grado di dare una soluzione. E non lo era neanche la pesante terapia sperimentale che ci fu proposta a Torino.
A seguito dell’intervento chirurgico fatto al Md Anderson di Houston, i medici ci hanno consigliato di rientrare in Italia e di contattare il professor Riccardo Soffietti, responsabile di Neuroncologia al Dipartimento di neuroscienze a Torino, per iniziare un piano terapeutico dato che una piccola parte della massa tumorale non era stata rimossa. Con il prof. Soffietti fu concordato un ciclo di radioterapia, effettuato all’Humanitas di Rozzano. Purtroppo neanche la radioterapia ha funzionato, così il professore ci ha proposto una terapia, piuttosto pesante dal punto di vista degli effetti collaterali, che prevedeva l’uso di Fotemustina e Bevacizumab. Nel frattempo, però, ho visto un’intervista fatta al professore, in cui affermava che dopo 2/3 mesi di terapia, l’assunzione di Bevacizumab diveniva inefficace nel contrastare la crescita tumorale. Da lì ho capito che non sarebbe servito a nulla procedere con quel piano terapeutico, e mi sono sentita tradita.
Cosa fare allora: accettare la sconfitta ed arrendersi alle cure palliative propinate dai dottori? Non potevo farlo! Ho trascorso giorni e notti davanti ad un pc alla ricerca di una cura fino a quando l’ho trovata: l’olio di Rick Simpson.
Contattai Antonio, un bresciano trasferitosi a Fuerteventura per coltivare la cannabis, e dopo aver ascoltato la sua storia presi un aereo per andare da lui. Antonio è stato un grande uomo e maestro per me, conoscitore della cannabis, della sua storia, delle politiche proibizioniste, degli studi scientifici. Mi ha insegnato come e perchè l’olio di cannabis porta all’apoptosi le cellule tumorali riuscendo addirittura a penetrare la corteccia cerebrale.
Mi ha consegnato gli strumenti necessari per contrastare il glioblastoma di cui era affetto mio marito, quelli sconosciuti dalla medicina tradizionale: olio di cannabis, integratori e dieta alimentare. L’olio per contrastare la crescita del tumore, gli integratori per rafforzare il sistema immunitario e la dieta per portare le cellule tumorali all’apoptosi, facendole letteralmente morire di fame.
Tornati in Italia dal nostro viaggio a Fuerteventura, nonostante il parere sfavorevole dell’oncologo, io e mio marito abbiamo deciso di percorrere l’unica strada sensata e iniziammo la cura di Antonio. Dopo tre mesi la risonanza magnetica, di fronte allo stupore dei medici, mostrava una riduzione delle cellule tumorali non indifferente.
Per tre anni la vita della nostra famiglia è stata quasi “normale”; certo c’era sempre l’ombra della malattia, ma la qualità della vita di mio marito non si poteva affatto paragonare a quella di un malato oncologico: nessun deficit fisico, niente farmaci, lavorava, faceva arti marziali e poteva essere un padre per nostro figlio.
Non è stata una passeggiata portare avanti questa scelta, ma all’olio di cannabis ci pensava Antonio, reperire gli integratori quali curcuma, melatonina, vitamina B12 e metossitriptamina non era complicato e alla dieta mi sono dedicata con tutta me stessa grazie alla mia passione per la cucina. Ho creato una dieta alimentare appositamente per lui che prevedeva un basso apporto di glucosio (di cui si nutrono avidamente i tumori) e la riduzione di cibi acidi a favore di quelli alcalini. Un’impresa ardua, in questo mondo ormai contaminato, reperire farine biologiche integrali, zucchero non raffinato e prodotti di ottima qualità ma con impegno e passione ho portato avanti la mia parte in questa guerra che abbiamo dichiarato al glioblastoma.
Mio marito ci ha lasciati lo scorso anno, sconfitto non dal tumore ma dall’edema che si è formato probabilmente a seguito dei troppi cicli di radioterapia. Abbiamo combattuto insieme una guerra lunga ed estenuante durata 12 anni, ma qualche battaglia l’abbiamo vinta noi contro tutte le previsioni mediche. Devo alla “nostra” terapia un grande merito: l’aver permesso a mio figlio di godere di più tempo con il suo babbo e il tempo è l’unico grande regalo che la vita può darci.
Elena Coccomini