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Cannabis bioelettrica

La stimolazione elettromagnetica per il potenziamento della produzione di terpeni e cannabinoidi

Cannabis bioelettricaQuesto termine definisce l’insieme di tecniche agricole che utilizzano campi elettrici o magnetici per stimolare positivamente la crescita delle piante.

Nel contesto della cannabis terapeutica e industriale, la stimolazione bioelettrica si sta guadagnando l’interesse crescente di ricercatori e coltivatori professionali. Alcuni studi suggeriscono che l’interazione controllata tra onde elettromagnetiche e tessuti vegetali possa influenzare l’attività metabolica delle piante, con ricadute significative sulla produzione di metaboliti secondari, tra cui terpeni e cannabinoidi.

ORIGINI E PRINCIPI DELL’ELETTROCOLTURA

L’elettrocultura non è una novità assoluta, alcuni esperimenti pionieristici risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, quando scienziati europei come Justin Christofleau o Georges Lakhovsky ipotizzarono che le piante potessero trarre beneficio da influenze elettriche e radiofrequenze. Sebbene questi approcci fossero più empirici che rigorosi, il concetto ha resistito al tempo, trovando una nuova legittimazione nel contesto dell’agricoltura rigenerativa e della coltivazione indoor.

Il principio centrale dell’elettrocultura è semplice ma potente: le piante sono sensibili ai campi elettrici e magnetici, e questi possono essere utilizzati per migliorare la loro vitalità. Le modalità di applicazione includono:

  • Correnti continue (DC) a basso voltaggio nel substrato;
  • elettromagnetismo pulsato (PEMF – Pulsed Electromagnetic Fields);
  • trattamenti a microonde o onde radio;
  • dispositivi ionici e antenne atmosferiche per canalizzare la carica naturale dell’aria.

Queste sollecitazioni interagiscono con i potenziali bioelettrici delle cellule vegetali, stimolando processi di assorbimento, trasduzione del segnale e sintesi metabolica.

Cannabis bioelettrica
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ELETTROCOLTURA E CANNABIS

La cannabis è una pianta notoriamente sensibile ai microstimoli ambientali: luce, stress, umidità, frequenze sonore. Studi recenti dimostrano che anche campi elettromagnetici a bassa intensità possono influire positivamente sulla germinazione, sul turgore vegetativo e sulla concentrazione di fitocomposti. Uno studio pubblicato nel 2020, ha osservato che l’esposizione controllata a campi elettromagnetici nella fase vegetativa ha aumentato la biomassa fogliare e radicale di varietà CBD-rich, suggerendo una correlazione tra stimolo EMF e attività fotosintetica.
Altri esperimenti su semi di Cannabis sativa (fonte: MDPI, 2020) indicano che campi elettromagnetici pulsati favoriscono l’uniformità della germinazione e la vitalità iniziale, parametri chiave per un ciclo colturale efficiente.
Più audaci sono le ipotesi sull’effetto biomodulante: alcuni ricercatori ipotizzano che campi elettromagnetici potrebbero influenzare i geni coinvolti nella biosintesi dei terpeni e dei cannabinoidi, agendo a livello epigenetico o regolando la disponibilità di enzimi e cofattori nei tricomi ghiandolari.

Sebbene i risultati iniziali siano promettenti, la letteratura scientifica sull’uso dell’elettrocultura in cannabis è ancora scarsa e frammentaria.

La maggior parte degli studi si concentra su altre specie vegetali (spinaci, orzo, pomodori), dove si sono osservati:
– Incrementi della crescita fino al 30%;
– miglior assorbimento di nutrienti (soprattutto N e P);
– riduzione delle patologie radicali;
– maggiore resistenza agli stress idrici.

Applicare sistematicamente queste conoscenze alla cannabis richiede studi specifici e rigorosi. Tuttavia, l’interesse del settore privato – specialmente da parte degli addetti ai lavori, di produttori di estratti e coltivatori ad alta resa – suggerisce che l’elettrocultura rappresenti una potenziale “game changer” per la qualità fitochimica.

La “cannabis bioelettrica” è più di una suggestione futurista. È una frontiera concreta che merita attenzione, studio e sperimentazione. E potrebbe rappresentare il prossimo grande salto evolutivo nella coltivazione professionale, naturale e consapevole.

LA FISIOLOGIA BIOELETTRICA DELLE PIANTE

Cannabis bioelettricaLa cannabis – come tutte le piante – non è una creatura passiva. Essa percepisce, comunica e risponde agli stimoli esterni attraverso una forma sofisticata di “sistema nervoso vegetale”. Non fatto di neuroni, ma di segnali elettrici intracellulari, gradienti ionici e variazioni del potenziale di membrana. Comprendere questi meccanismi è fondamentale per capire perché e come la stimolazione elettromagnetica possa influenzare la produzione di composti come terpeni e cannabinoidi.

Ogni cellula vegetale è attraversata da una differenza di potenziale elettrico tra il citoplasma interno e il fluido extracellulare. Questo potenziale di membrana è mantenuto attivamente tramite pompe ioniche e canali proteici. In condizioni basali, si aggira attorno a -120 mV nelle cellule vegetali, ma può variare rapidamente in risposta a stimoli:
– meccanici (tatto, vento);
– luminosi (cambi di spettro o intensità);
– chimici (fitormoni, nutrienti);
– elettrici o magnetici (elettrocultura).

Queste variazioni elettriche si propagano sotto forma di segnali sistemici lungo il tessuto vegetale – simili ai potenziali d’azione neuronali – raggiungendo anche organi lontani dalla fonte dello stimolo. Nella cannabis, ciò può tradursi in risposte integrate a livello di fotosintesi, metabolismo secondario e crescita.

FITORMONI E SEGNALAZIONE BIOELETTRICA

Gli stimoli elettrici attivano anche risposte biochimiche coordinate attraverso i fitormoni, tra cui:

  • acido jasmonico: coinvolto nella risposta a stress e nella regolazione della sintesi di terpeni;
  • acido salicilico: legato alla resistenza sistemica e alla produzione di metaboliti difensivi;
  • gibberelline e auxine: responsabili della crescita e dello sviluppo cellulare.

Alcuni studi (Baluska et al., 2006; Fromm & Lautner, 2007) hanno dimostrato che impulsi elettrici artificiali o campi magnetici possono anticipare o potenziare la produzione ormonale vegetale, alterando la chimica interna della pianta anche in assenza di altri stimoli ambientali. Questo apre scenari interessanti per la cannabis: se possiamo “dialogare” con la pianta elettricamente, possiamo potenzialmente indirizzare il suo metabolismo.

La cannabis è una pianta notoriamente reattiva:

  • alla luce (fototropismo);
  • all’umidità e alla pressione atmosferica;
  • ai suoni (alcuni esperimenti hanno dimostrato effetti sul tasso di crescita con stimoli sonori a200-500Hz);
  • al tocco (toccata frequentemente, tende a diventare più compatta).

Recenti ricerche (Vian et al., 2016) hanno dimostrato che le onde elettromagnetiche a bassa frequenza (<300 Hz) possono modificare l’espressione genica in molte piante, incluse quelle che producono composti secondari aromatici. Un effetto simile nella cannabis può teoricamente favorire la trascrizione dei geni coinvolti nella sintesi di terpeni come il mircene, il limonene e il pinene, o dei precursori dei cannabinoidi (CBGA → THCA/CBD).

Il bersaglio principale dell’interesse bioelettrico nella cannabis sono i tricomi: le strutture a forma di ghiandola presenti sulle infiorescenze femminili che sintetizzano i cannabinoidi e i terpeni. I tricomi capitati-stipitati, in particolare, sono vere e proprie “fabbriche biochimiche”. Queste strutture possiedono una propria attività elettrica, dovuta al traffico ionico e alla pressione osmotica.
Studi ancora in corso suggeriscono che i tricomi possono essere stimolati elettromagneticamente per aumentare la secrezione e l’accumulo di resina. Anche se non esistono (ancora) conferme definitive su cannabis, analogie con specie aromatiche come basilico e lavanda suggeriscono un potenziale simile.

IL SISTEMA RADICALE COME ANTENNA BIOLOGICA

Non va sottovalutata nemmeno la funzione delle radici: zone ad altissima sensibilità elettrica e capaci di comportarsi come antenne biologiche. Qui si generano gran parte dei segnali elettrici ascendenti che regolano la risposta sistemica della pianta.

Le radici rispondono fortemente a variazioni di tensione nel suolo. Il loro comportamento è modificabile tramite impulsi elettrici mirati (stimolazione galvanica a bassa intensità). Questa tecnica è già stata testata in agricoltura per migliorare l’assorbimento di nutrienti e la simbiosi con micorrize e batteri benefici. Trasferita alla cannabis, potrebbe migliorare l’efficienza nutrizionale e ridurre l’uso di fertilizzanti.

A cura di Groow

Fonti e bibliografia:

  1. Volkov, A. G. (2006). Plant Electrophysiology – Theory and Methods. Springer-Verlag Berlin Heidelberg.
  2. Bocchi, S., & Laudicina, V. A. (2020). Elettrocoltura: Tecniche e Prospettive per l’Agricoltura del Futuro. Università degli Studi di Milano.
  3. Zhang, B., et al. (2016). “Influence of pulsed electromagnetic fields on plant growth and antioxidant capacity in medicinal plants.” Journal of Plant Physiology, 201(1), 6–12.
  4. Schmid, J., et al. (2019). “Bioelectrical signaling in plants: facts and hypotheses.” Trends in Plant Science, 24(6), 509–520.
  5. Hazekamp, A. (2018). Cannabis: from cultivar to chemovar II – A metabolomics approach to Cannabis classification. Cannabis and Cannabinoid Research, 3(1), 202–211.
  6. EPM (Electroculture & PEMF Studies) Database, 2015–2023.
  7. Backer, R., et al. (2019). “Plant growth-promoting rhizobacteria and bioelectric signals.” Frontiers in Plant Science, 10, 100.
  8. Russo, E. B. (2011). “Taming THC: potential cannabis synergy and phytocannabinoid-terpenoid entourage effects”. British Journal of Pharmacology, 163(7), 1344–1364.

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