Canapa come risorsa contro la crisi energetica
Oltre a renderci la vita migliore e dar vita a migliaia di prodotti sostenibili, la canapa può essere una vera e propria risorsa per creare energia pulita. Soprattutto oggi, in un momento complesso a livello globale in cui le rinnovabili rischiano di essere messe da parte per tornare al carbone, la canapa può essere parte della soluzione
Il momento è talmente complesso, in Italia e nel resto del mondo, che molte delle nazioni che si erano date diversi obiettivi di sostenibilità da raggiungere entro il 2030, stanno invece ripensando le proprie politiche energetiche, riattivando le vecchie centrali a carbone e mettendo da parte le energie rinnovabili sulle quali precedentemente si era scelto di puntare.
E mentre in Europa si propone di stabilire un tetto al prezzo del gas ormai fuori controllo, si cercano nuovi giacimenti nel nostro Paese e i posti in cui installare i rigassificatori per il gas liquefatto e si pensa a come arginare il problema degli stoccaggi almeno per l’inverno in arrivo, è fondamentale iniziare almeno a ragionare sul lungo periodo a partire dalle risorse disponibili tra la quali – come al solito ignorata da governi e istituzioni – c’è anche la canapa.
Canapa che, come vedremo, non solo sarebbe adatta alla produzione di energia e biocarburanti ma che, ad esempio contribuendo a ridurre il processo dell’estrazione mineraria, potrebbe dare delle valide alternative a industrie ad oggi altamente inquinanti.
CANAPA PER PRODURRE ENERGIA
La start-up francese Quantum Energy aveva annunciato tempo fa un investimento da 18,8 milioni di euro per utilizzare canapa coltivata localmente per produrre metano e idrogeno come biocarburanti e fonti di energia. Dalla canapa è infatti possibile ottenere biocarburanti performanti e soprattutto ecologici, anche nel metodo produttivo. Parliamo dell’etanolo, lo stesso per cui Ford aveva predisposto la Hemp body car nel 1941, del biodiesel, o anche di metano e idrogeno che sono al centro del nuovo progetto imprenditoriale.
E la prima ragione per un’operazione di questo tipo è fortemente ambientale, visto che stiamo continuando a bruciare combustibili fossili che aumentano i livelli di CO2 nell’atmosfera. Un altro settore in cui la canapa potrebbe essere utilissima contro le emissioni nocive, come già dimostrato, ad esempio, nel settore dell’edilizia.
L’impianto, che sarà situato a Trangé nel nord-ovest della Francia, è basato sulla tecnologia della pirogassificazione, che consiste nel riscaldare la biomassa ad alte temperature in presenza di una piccola quantità di ossigeno, convertendo in questo modo il materiale in gas e producendo allo stesso tempo anche CO2 e calore. Un processo senza sprechi che elimina anche i residui che risultano invece da altri metodi di lavorazione.
L’azienda ha sottolineato che si rifornirà di canapa locale entro un raggio di 35 chilometri dal suo impianto, a partire dalla cooperativa Fermiers de Loué, che fornirà inizialmente la biomassa, anche se a regime servirà una coltivazione di 1000 ettari per il funzionamento dell’impianto.
Si ricaveranno metano, che sarà venduto a Gaz Réseau Distribution France, il distributore esclusivo di gas naturale in Francia e il principale distributore in Europa, e idrogeno, che secondo i piani dell’azienda sarà convertito in elettricità per alimentare autobus e treni.
La capacità produttiva massima dell’impianto, che ha una dimensione di 3500 metri quadrati, sarà di 3,6 tonnellate di idrogeno al giorno, anche se l’azienda ha dichiarato che l’obiettivo quotidiano sono 2 tonnellate, e 200 metri cubi di metano, per i quali sarà necessaria la forza lavoro di 25/30 persone.
CANAPA E BIOCARBURANTI
Ma, come accennato, dalla canapa è possibile ottenere anche etanolo e biodiesel, oltre ad altri combustibili: per il primo si utilizza la cellulosa, che viene lavorata in diversi processi, mentre per il secondo si utilizza l’olio derivato dai semi. Tra le alternative a combustibili fossili ci sono infatti i biocarburanti derivati da colture come la soia, la palma e appunto la canapa, che si è rivelata un’ottima materia prima per la produzione di diversi tipi di combustibili liquidi, gas e anche combustibili solidi.
Come ho raccontato nel mio libro “Cannabis. Il futuro è verde canapa”, del quale è appena uscita la nuova edizione aggiornata, «L’olio di semi di canapa può anche essere trasformato in biodiesel adatto per l’uso nei veicoli. È stato calcolato che la canapa può produrre più di 800 litri di biodiesel per ettaro all’anno, una resa maggiore rispetto a colture come soia, girasole, arachidi o semi di colza, con la possibilità di produrre anche metanolo, etanolo, biogas e combustibili solidi dal resto dell’impianto. Il biodiesel di canapa, oltre a soddisfare gli standard per la qualità, è apparentemente un combustibile superiore rispetto ad altri prodotti a base vegetale. Supera anche il diesel convenzionale in tutte le aree tranne la stabilità all’ossidazione, che può essere affrontata attraverso l’aggiunta di antiossidanti. Quindi perché il biodiesel della canapa non è più ampiamente usato? Fondamentalmente per il prezzo, visto che ancora oggi le produzioni di olio di canapa sono basse. L’olio di semi di canapa è ricercato per una varietà di applicazioni che vanno dall’alimentare, dove oggi in Italia ha un prezzo finale di circa 40/50 euro al litro, fino alla cosmetica». Certo è che, con l’aumento delle coltivazioni a livello globale il prezzo dovrebbe iniziare a scendere, senza contare che se le produzioni di olio di qualità vengono destinate al settore alimentare e cosmetico, per produrre biodiesel si potrebbe utilizzare quello di minor qualità, che magari è irrancidito per la cattiva conservazione.
«Uno studio del 2011 pubblicato su Biomass and Bioenergy – continuo sempre a raccontare nel libro – ha rilevato che il rendimento energetico della biomassa rettificato della canapa era superiore del 120% rispetto a quello della paglia di frumento in termini di combustibili solidi. Uno dei biocarburanti solidi che possono essere prodotti sono i pellet di canapa, che si ottengono dal canapulo, il nucleo legnoso della pianta. Usare la canapa per il pellet potrebbe rivelarsi una buona alternativa al legno. La canapa può essere utilizzata anche per produrre carbone e durante il processo pirolitico utilizzato per crearlo, produce anche biocarburanti liquidi come il metanolo. Mentre un altro studio del 2010 pubblicato sempre sulla stessa rivista scientifica ha rivelato che il biogas della canapa è un’alternativa ad alto rendimento all’etanolo derivante dal grano e dal biodiesel proveniente dalla colza. Per fare un esempio: il prodotto di scarto della produzione di biogas di canapa può essere utilizzato come fertilizzante».
In tempi più recenti è stata la Polonia ad annunciare che produrrà biocarburanti derivati dalla canapa. Una società petrolifera di proprietà governativa ha firmato a fine 2018 un accordo per la produzione di bioetanolo derivato dalla pianta. Il gruppo Lotos, una delle 10 più grandi compagnie petrolifere dell’Europa centrale, ha infatti firmato un accordo con l’Istituto statale per le fibre naturali e piante medicinali del paese. «Lo sviluppo del bioetanolo e di biocarburanti di nuova generazione dalla biomassa di cannabis è nell’interesse sia dell’Istituto che della Polonia in generale», ha affermato Robert Sobkow, di recente nominato vice presidente per gli affari finanziari del gruppo Lotos, che ha sede a Danzica.
LA FITORIMEDIAZIONE PER EVITARE NUOVE ESTRAZIONI MINERARIE
Un altro esempio delle potenzialità della canapa per quanto riguarda la produzione di risorse primarie, riguarda le sue potenzialità nella cosiddetta fitorimediazione, e cioè la capacità della pianta di estrarre dal terreno metalli pesanti e di stoccarli al suo interno. Se questa potenzialità nell’ultimo periodo è oggetto di ricerca con il fine di capire quale uso pratico si potrebbe fare della canapa nelle operazioni di bonifiche, due recenti studi italiani hanno fatto un passo in più.
Marcello Colao, ingegnere di ABAP e il professore di chimica presso il Politecnico di Bari Vito Gallo hanno condotto due studi separati per arrivare a una conclusione simile: che bruciare la canapa utilizzata per le bonifiche potrebbe avere due vantaggi, produrre energia e recuperare i metalli stoccati dalla canapa in purezza. Se infatti sono altamente inquinanti quando dispersi nei nostri campi, si tratta di metalli dall’altissimo valore sul mercato che hanno diverse applicazioni scientifiche e tecnologiche. Per ora questa del recupero dei metalli è solo una possibilità e servirebbero studi approfonditi per capirne la fattibilità, ma immaginate se un domani fossimo in grado di bonificare un campo inquinato coltivando canapa che successivamente sarà bruciata per produrre energia e recuperare metalli preziosi, senza più il bisogno di creare miniere che possono avere impatti ambientali devastanti.
Durante il Fascismo, mentre da una parte per la prima volta in Italia la canapa “da fumo” veniva dichiarata illegale e considerata “droga da negri”, dall’altra si predicava l’aumento delle coltivazioni come mezzo concreto per raggiungere l’indipendenza agricola e industriale dagli altri Paesi. È passato un secolo, e mentre la canapa “da fumo” rimane illegale per la gioia di mafie e criminali che ne detengono il monopolio della vendita, la canapa a livello industriale rimane una risorsa da coltivare e valorizzare, anche nell’ottica di raggiungere una maggior indipendenza a livello industriale ed energetico.