Cannabis

La canapa oggi per l’economia di domani

La canapa è una risorsa che potrebbe davvero cambiare interi settori produttivi della nostra economia, inserendosi perfettamente nell’ottica di economia circolare a rifiuti zero, per creare nuovi modelli virtuosi

La canapa oggi per l’economia di domaniLa canapa fino agli anni ’50 del secolo scorso faceva parte del panorama nazionale, da nord a sud della penisola.

In Emilia Romagna e in Campania, ma anche nel Lazio, in Toscana, in Piemonte e altre Regioni italiane, sarebbe stato quasi impossibile girare per le campagne senza vederne un campo o un macero con le famiglie al lavoro. Così come nella maggior parte delle case italiane di canapa erano le coperte e gli asciugamani, le lenzuola e i tovaglioli, le corde e spesso anche i vestiti. Certo, non era la canapa tessile di oggi, che viene filata fine fine, come una carezza per il corpo. Era spesso grezza e grossolana, ma era un prodotto sano, artigianale, e soprattutto di lunga durata. 

Oggi che quasi non siamo più persone, ma consumatori persi nel vortice del consumismo, recuperare la canapa e i valori a cui si ispirava vorrebbe dire anche tornare a produrre oggetti che durino nel tempo. Un corredo da sposa, o le corde usate per gli attrezzi agricoli, si passavano di generazione in generazione. Oggi compriamo abiti che mettiamo una volta per poi dimenticarceli nel fondo di un armadio che a sua volta ha una vita media di qualche anno, prima di perdere i pezzi ed essere buono solo per la discarica.

Perché la canapa, in quegli anni, non era solo una pianta. Era un elemento culturale che faceva parte della vita quotidiana. Era come se la canapa fosse parte della famiglia stessa. Certo, un famigliare difficile, perché, soprattutto per quanto riguarda il tessile, le lavorazioni erano dure e complesse con famiglie intere (di solito le donne) che passavo giornate nei maceri tra umidità e sanguisughe, mentre gli uomini raccoglievano e accatastavano le fascine. Ma permetteva a tutti di vivere una vita serena, di non farsi mancare nulla e di farlo in un’economia che era molto più sana di quella di oggi. 

Sicuramente non possiamo tornare indietro nel tempo, possiamo però recuperare quel tesoro di tradizioni e cultura, e adattarlo alle nostre moderne esigenze, per tornare a vivere in armonia con questo vegetale meraviglioso, che veste e sfama l’umanità da centinaia e centinaia di anni. 

La canapa oggi per l’economia di domani
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LA CANAPA NEI NUOVI PROGETTI ITALIANI

Era il 2021 quando a Carpi venne stato fondato il comitato “Pro Canapa” con l’obiettivo di promuovere la conoscenza della canapa e delle sue variegate applicazioni, soprattutto nei settori del tessile e dell’edilizia. Il comitato punta a sviluppare una completa filiera territoriale della canapa per fornire ai produttori locali le materie prime necessarie, quali la fibra per il settore tessile e il canapulo per quello edile. Un importante evento iniziale è stato il convegno di maggio 2022, tenutosi a Carpi. Successivamente, il comitato ha organizzato vari incontri con l’Amministrazione comunale, professionisti dei settori tessile e edile, associazioni di categoria, imprenditori regionali attivi nello sviluppo della coltivazione e della trasformazione primaria della canapa, professori dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore), e dirigenti e docenti degli istituti superiori Vallauri e Vinci.

UNA FILIERA PER L’EMILIA-ROMAGNA

E si iniziano a programmare le prime attività. Con il supporto dell’Amministrazione comunale è prevista la costruzione, nel 2024, di un padiglione in calce e canapa che sarà equipaggiato con sensori, gestiti dagli studenti del Vinci, per valutare le performance e l’efficienza energetica dell’edificio nel corso delle varie stagioni, monitorando aspetti come temperatura, umidità, isolamento termico-acustico, traspirabilità e comfort abitativo. In collaborazione con l’Istituto Vallauri e con il supporto di un imprenditore locale, si è deciso di integrare nel curriculum del corso di maglieria la progettazione e produzione di un campionario di capi di abbigliamento realizzati con tessuti in fibra di canapa. Un dialogo preliminare con alcuni docenti di Unimore è stato avviato per esplorare nuove aree di “ricerca e sperimentazione” presso la sede universitaria o Petermar, incentrate sulla canapa e le sue applicazioni, con un focus particolare sulle fibre tessili vegetali come canapa, ginestra e ortica. Infine, ProCanapa ha contribuito, anche grazie al convegno di Carpi e ai contatti successivi, alla preparazione di un progetto per un finanziamento regionale nel bando PR-FESR-laboratori 2023-2024 per ricerca, innovazione e competitività. Il progetto, intitolato Water Retting 4.0, mira allo sviluppo e alla sperimentazione di un bioreattore industriale per l’estrazione della fibra di canapa e la produzione sostenibile di tessuti e materiali per l’edilizia, guidato dal Centro Qualità Tessile di Carpi in collaborazione con l’azienda agraria-sperimentale Stuard di Parma, i laboratori CREA, Studiomm e Democenter. Il progetto è risultato primo nella graduatoria emersa dalle valutazioni regionali (su circa 100 progetti ammessi e più di 150 presentati) con un finanziamento previsto di 499.800 euro.

“La realizzazione del progetto di sperimentazione water retting 4.0 – insieme alle altre iniziative illustrate – può dare impulso all’iniziativa per costruire una filiera territoriale della canapa (completa: dalla coltivazione in campo alla trasformazione e alla produzione finale di filati e canapuli): la prima in Emilia Romagna, con evidenti benefici per l’economia locale, per gli operatori in campo produttivo ed agricolo e per imprimere un significativo contributo alla necessaria trasformazione ecologica della nostra economia. E per fare del distretto un centro di avanguardia per la moda sostenibile. Non solo nella produzione ma anche nella ricerca, utilizzando i laboratori tessili esistenti in collaborazione con la nuova Università carpigiana, il cui ruolo verrebbe così potenziato (ricerca sui filati biobased)”, spiegano dall’associazione.

“Predisporre un progetto di filiera della canapa, comprensivo della sostenibilità economica e ambientale, non è impresa impossibile. Soprattutto se la sperimentazione del progetto water retting 4.0 darà risultati soddisfacenti (riduzione dei tempi e costi di macerazione e stigliatura). La sua realizzazione richiede invece la collaborazione consapevole e convinta dei soggetti principali del territorio, imprenditoriali ed istituzionali; la convergenza di risorse pubbliche e private, al fine di rendere l’operazione interessante anche per il mercato”. Secondo il comitato “L’investimento sulla canapa e sulle fibre naturali consentirebbe di tracciare una prospettiva per il futuro, di caratterizzare il distretto della moda in senso ecologico, di conferirgli una identità riconoscibile e trainante (da valorizzare eventualmente attraverso un marchio di area)”.

La “filiera della canapa completa” consentirà inoltre di produrre localmente, con i prodotti di risulta della sua lavorazione, manufatti a basso impatto ambientale ed alta valenza ecologica per altri settori – edilizia in primis ma anche packaging, bioplastica- nonché migliorare le qualità delle produzioni agricole locali”.

SPARE: VALORIZZARE LA CANAPA TRA ITALIA E AUSTRIA

Alla fine del 2023 è stato invece il progetto SPARE – Percorsi sostenibili per la valorizzazione olistica della canapa per applicazioni innovative, ad aggiudicarsi la ragguardevole cifra di 800mila euro provenienti dal Programma Interreg Italia-Austria 2021-2027. A vincerlo è stata la Fondazione De Claricini Dornpacher che ha sede in provincia di Udine e già si occupa di agricoltura biologica, oltre che di fare e diffondere cultura sul territorio.

La canapa oggi per l’economia di domani
Fondazione De Claricini

Una bella sorpresa, che si traduce in un’ottima possibilità di concretizzare molti progetti con la canapa al centro. Il progetto, che vede la fondazione come capofila, coinvolge infatti importanti realtà italiane e austriache, come l’Università degli Studi di Trieste (Dipartimento di Scienze della Vita), il team di ricerca Green Long Fiber Materials del Kompetenzzentrum Holz GmbH di St. Veit (Austria), l’Unità di Tecnologia dei Materiali dell’Università di Innsbruck e il Centro Consorzi di Belluno, in una sinergia che speriamo possa portare a ottimi risultati.

L’obiettivo è stimolare l’implementazione di filiere circolari che impiegano innovazioni in vari ambiti, come i materiali sostenibili, l’alimentazione e il turismo, i tessuti sostenibili, e anche l’uso della canapa come biomassa per produrre energia o per altri scopi a fine vita.

Attualmente, le attività agricole della Fondazione de Claricini – che conta 200 ettari di estensione – includono la coltivazione di canapa, cereali, legumi, viticoltura e vinificazione, seguono pratiche biologiche e di carbon farming, valorizzando il terreno e adottando metodi circolari ed efficienti per le risorse.

L’idea di integrare la coltivazione della canapa nasce dalla volontà di Paolo Dolce, che la conosce e la segue da anni. “Non siamo partiti prima per la mancanza di sbocchi di mercato della materia prima sul territorio. Tutto è cambiato quando l’azienda Biofarma si è interessata all’olio di canapa derivato dai semi per produrre nutraceutici, e noi abbiamo aderito, partendo 2 anni fa con le prime coltivazioni. Ora vendiamo i semi, ma vorremmo iniziare ad utilizzare anche il fusto e i suoi derivati”, ha raccontato a Canapaindustriale.it. 

Il direttore è molto consapevole della ricca storia agricola dell’Italia, particolarmente nel settore della canapa, e aspira a riscoprire e riutilizzare le antiche conoscenze attraverso le tecnologie moderne, valorizzando una cultura tradizionale che offre notevoli benefici ambientali. “È stata boicottata per decenni, ancora oggi si fa una grande confusione, ma siamo decisi a lavorare per la canapa e per il territorio”, sottolinea. Attualmente, il progetto sta per essere avviato, con i primi incontri dei partner che si sono tenuti da poco. Il direttore ha già ottenuto l’interesse di numerose aziende di rilievo.

“Speriamo che il momento giusto sia arrivato, sentiamo la responsabilità di questo progetto e di tante persone che, come me, stavano aspettando per poter mettere a terra, nel vero senso della parola, la coltura. L’agricoltura ha bisogno di sbocchi diversi, che esulino dalla solita alternanza di mais e soia, e la canapa può essere importante”.

CANAPA NEW TECH: LA RINASCITA DELLA CANAPA SICILIANA

Un altro progetto di rilievo, partito sempre nel 2024, vede come epicentro la Sicilia. Parliamo di Canapa new Tech, finanziato nell’ambito del PSR Sicilia, vede l’azienda Millasensi come capofila e si occuperà sia della parte agronomica, con l’Università di Messina che sta seguendo le operazioni in campo di 5 aziende agricole sparse sul territorio, mentre all’università di Torino il professor Giancarlo Cravotto, che è il responsabile scientifico del progetto, sta portando avanti la ricerca su metodi estrattivi e biomateriali. 

Le finalità del progetto Canapa New Tech sono quelle di sostenere e promuovere la coltivazione della canapa industriale in Sicilia quale coltura in grado di contribuire, da un lato, alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, del consumo dei suoli, della desertificazione e della perdita di biodiversità e, dall’altro, allo sviluppo di filiere agroindustriali territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e lo sviluppo economico ed industriale del settore.

“A partire da una singola attività come quella dell’idro-distillazione, possiamo trasferire processi e tecnologie sostenibili all’interno delle aziende”, sottolinea Salvatore Zappalà, Ceo di Millasensi che è capofila del progetto Canapa New Tech. “Per idro-distillazione si intende l’utilizzo di acqua al posto di un classico solvente derivato dalla benzina, che restituisce un prodotto molto meno impattante, e quindi un valore aggiunto per le persone in diversi settori che vanno dalla nutraceutica alla cosmetica. Il secondo vantaggio è la velocità di lavorazione e il terzo è il costo di attivazione del macchinario stesso che viene ridotto in modo sensibile”.

“Grazie alla 16.1 – che è il bando che abbiamo vinto e che comporta il trasferimento di tecnologie e processi alle aziende per diventare più sostenibili – possiamo poi allargare il raggio ai settori agroalimentare e agroindustriale. Dal recupero degli scarti possiamo ad esempio valorizzare il settore dell’immobiliare, prototipando nuovi materiali. Dal settore fibra possiamo ottenere bioplastiche, guardando in particolare ai settori dell’aerospaziale e della nautica, che sono altamente redditizi”.

“A chi trasferiremo le nostre tecnologie? Al valorizzatore finale che è già operativo e che utilizzerà le nuove tecnologie nel suo mercato”. L’appello di Salvatore Zappalà è dunque alle aziende che siano interessate a sedersi al tavolo per aprire la discussione: “Il trasferimento tecnologico è l’inizio di un processo che, come passaggio successivo, si concretizzerà in un piano integrato di filiera”.

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Processo estrattivo nel progetto Canapa New Tech


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