Canapa Nostra è il nuovo docu-film che racconta la canapa made in Italy
«Canapa Nostra è un grido del popolo, di chi ama la terra, di chi si vuole curare e di chi lotta per la libertà personale; per questo è anche il titolo del nostro documentario: un progetto che non solo vuole documentare ma che vuole anche essere parte di una battaglia in difesa della verità e dei diritti», raccontano i creatori di questo video-racconto di cui Dolce Vita è media partner.
Fino al 19 giugno è in corso una campagna di crowdfunding su Indiegogo per finanziare la post-produzione del film, che è la parte più complessa della produzione di un documentario, dove più professionisti lavorano per moltissime ore sul montaggio e sugli interventi grafici, e in cui bisogna avere i fondi necessari per registrare la voce narrante, disporre di filmati d’epoca ecc.
«Il documentario ripercorrerà le floride origini della coltura della canapa in Italia, fino ad arrivare allo smantellamento di questa attività e al proibizionismo, analizzandone le cause e gli effetti sul nostro paese. Inoltre, il film porterà alla luce le potenzialità della canapa, in ambito agricolo ed industriale, che oggi potrebbero portare allo sviluppo una nuova economia, fruttuosa ed ecosostenibile», puntualizzano gli autori.
Un capitolo importante è dedicato agli impieghi terapeutici della cannabis; in cui medici e ricercatori più esperti mostreranno un quadro chiaro e completo dei benefici che questa pianta può dare all’uomo. Seguiranno anche le vicende e i racconti di cittadini ed associazioni che da anni si battono per vedere riconosciuto il proprio diritto di curarsi; soprattutto di coloro che hanno trovato nella cannabis la possibilità di avere una vita dignitosa e felice, a cui spesso viene negata la possibilità di procurarsi questa pianta e i suoi estratti.
Infine verranno raccontate le battaglie politiche e legali di associazioni, politici ed imprenditori, che su più fronti spingono per ottenere una regolamentazione più sensata degli utilizzi di questa pianta: la possibilità di usufruirne pienamente in ambito agricolo, di potersi curare gratuitamente ed in modo continuativo, di poterla coltivare privatamente e poterla condividere; per arrivare, finalmente, alla legalizzazione di questa pianta, la cui unica colpa è stata quella di essere troppo utile e disponibile all’uomo.