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Canapa light: basta proclami, serve una legge seria!

Canapa light: basta proclami, serve una legge seria!

Nelle scorse settimane si è compiuto lo psicodramma concernente la legge finanziaria e con essa il sub-emendamento, in base al quale si sostiene che la canapa light, o meglio le infiorescenze, possono essere lecitamente poste in commercio.

Per un’ammuina collettiva che ha compattato e soddisfatto l’intero ceto politico (maggioranza, opposizione, governo e cariche dello Stato) il sub-emendamento è stato respinto, o meglio espunto dalla legge di bilancio siccome definito “inammissibile”.

Pur denunciando l’inaccettabilità della declaratoria di inammissibilità (un vero esempio di arbitrio) nonché del discutibile percorso parlamentare che ha portato a questo risultato, occorre rilevare che il famoso emendamento, pur costituendo un innegabile teorico passo avanti, ove accolto ed approvato non avrebbe, comunque, risolto affatto la querelle della cannabis light.

È, infatti, interessante osservare:
a) l’esplicito inserimento in un contesto normativo dell’indicazione del tasso percentuale di THC dello 0,5%, quale soglia che la biomassa (sostanza del tutto differente dalle infiorescenze) non deve superare, onde rendere legittimo l’uso della canapa o di sue parti (nuova formulazione dell’art. 2 co. 3 L. 242/2016);
b) l’eccezione al divieto previsto dal decreto legislativo 21.5.2018 n. 75 per le infiorescenze e tutti i prodotti derivati dalla cannabis sativa L, che abbiano una percentuale di THC < a 0,5%; c) l’intervento modificativo concernente l’art. 14 dpr 309/90, che, precisa come vada ritenuta drogante solo la cannabis con THC > a 0,5%. Tale disposizione, soprattutto, avrebbe permesso di superare la sciagurata scelta operata con la L. 79/2014, in base alla quale in tabella II era inserita tout court la cannabis.

Ma al di là della clamorosa bocciatura di questo sub-emendamento (stranamente sottoscritto anche da chi non intese sottoscrivere un progetto di legge sulla cannabis molto più completo, ma fondato su principi analoghi) emerge la circostanza dell’incompletezza dello stesso.

Se esso fosse stato mai approvato non avrebbe risolto il problema delle perquisizioni e dei sequestri da parte delle forze dell’ordine, in quanto era evidente il difetto di una norma di carattere processuale che innovasse e precisasse i termini dei controlli da parte delle forze dell’ordine.

I casi e le modalità di esecuzione di perquisizioni e di sequestri sarebbero rimasti, così, il nodo cruciale da risolvere, non potendosi lasciare l’effettuazione di tali all’arbitrio (non si tratta più infatti di discrezionalità) del singolo magistrato o del singolo corpo di polizia giudiziaria. Come si potrà notare l’attuale art. 4 L. 242/2016 disciplina espressamente i controlli amministrativi, ma nulla dice in ordine agli interventi di polizia giudiziaria, seppure espressamente contemplati dal co. 1.

Dunque le regole di ingaggio in tema di perquisizioni (e sequestro probatorio) sono quelle dettate dal codice di procedura penale, le quali, pur se connotate da profili di vaghezza (il presupposto è quello del fondato motivo della presenza di cose pertinenti al reato o corpi di reato) non sfuggono, comunque, al principio dell’onere della prova e contemplano il diritto di prova a contrario da parte dell’indagato/imputato.

Muovendo da tale presupposto, gli autori dell’emendamento avrebbero dovuto completare la loro proposta:
a) prevedendo, in presenza di produzione – da parte dell’indagato – di certificazioni che attestino la rispondenza del THC del prodotto, rispetto al limite percentile dello 0,5%, la sola possibilità, per le forze dell’ordine, di prelievi di campioni dei prodotti derivati dalla cannabis (e in special modo di infiorescenze) per eventuali verifiche, escludendo la possibilità di operare sequestri di dette merci;
b) escludere, per i soli coltivatori, ogni possibilità di verifica e perquisizione da parte di forze dell’ordine diverse dai Carabinieri forestali, una volta che costoro – ai sensi del disposto dell’art. 4 co. 1 L. 242/2016 – abbiano operato il loro controllo, senza rilievi di irregolarità.

Mi rendo conto che le osservazioni che sto svolgendo si riferiscono a un progetto normativo che si è dissolto come neve al sole, fornendo a tutti i protagonisti politici della kafkiana querelle un comodo alibi (chiunque potrà sostenere di avere fatto il massimo), ma penso che una seria riflessione potrebbe portare alla formulazione di progetto di legge parzialmente emendativo della L. 242/2016 e perfettamente armonico rispetto anche alle (confuse e pilatesche) indicazioni delle SSUU.

Infine una rapida duplice notazione. Da un lato i media hanno dimostrato la loro ignoranza sia in materia di cannabis (sostenendo che interveniva la legalizzazione, mentre invero nulla mutava sostanzialmente), sia in materia di meccanismi e procedure normative (è ridicolo dare per approvato ciò che neppure è stato discusso). La categoria giornalistica, nel frangente, ha fornito, l’ennesima pessima prova di sé. Dall’altro, il mondo dei coltivatori e dei commercianti ha, purtroppo, reiterato un approccio isterico e privo di razionalità, sia prima, sia durante, sia dopo la bocciatura del sub-emendamento. Nessuno tra i soggetti interessati (organizzazioni, associazioni, commentatori vari) si è fermato a operare una seria valutazione del contenuto dell’atto normativo, onde comprendere che, in realtà, da un lato, la sua approvazione non avrebbe comportato affatto la legalizzazione auspicata, mentre la sua bocciatura non ha spostato in termini di maggiore negatività la situazione vigente, che rimane ancorata ai canoni delineati (confusamente) dalla sentenza delle SSUU n. 30475/19.

In conclusione, attesa vanificata, proclami fini a sé stessi, autoincensamenti, ma nulla cambia, dovremo continuare in trincea a combattere contro sequestri sempre più illegittimi, ma tali difficilmente riconosciuti dalla magistratura. Soprattutto è calato il silenzio sul tema, perché chi era in cerca di pubblicità (da una parte o dall’altra) l’ha ottenuta. Dunque tanto rumore per nulla.



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