Canapa e alghe per depurare terreni e acque dai metalli pesanti: il progetto BIO SP.HE.RE.
E’ l’ennesima dimostrazione di come la canapa debba essere considerata una coltura strategica per il nostro paese, vessato dall’inquinamento dal nord al sud dello stivale. Le sue potenzialità di fitorimediazione, e cioè la capacità di togliere i metalli pesanti dai terreni e dalle acque inquinate, sono tornate al centro della ricerca italiana grazie a un progetto pugliese che mira a creare un protocollo standard per poi utilizzarla nei nostri campi. E, a partire dai risultati preliminari ottenuti in questo progetto, non solo sembra che alla canapa, unita alle alghe, possa essere utile allo scopo, ma anche che potrebbe restituirci dei terreni utilizzabili nel giro di 3 o 4 anni.
Parliamo del progetto BIO SP.HE.RE., acronimo che sta per Bio integrated SPirulina and HEmp REmediation e che è stato cofinanziato dalla Regione Puglia, che è stato realizzato in partenariato da ApuliaKundi, start up pugliese che si occupa di ricerca e produzione nell’ambito delle microalghe, Innovative Solutions, spin off del Politecnico di Bari che offre servizi innovativi finalizzati alla valorizzazione dei prodotti alimentari e all’ottimizzazione dei processi di produzione, ed Enjoy Farm, Cooperativa che promuove la diffusione della cultura della Green economy. Tre partner pugliesi da sempre impegnati nella promozione della sostenibilità ambientale e nello sviluppo di soluzioni ecocompatibili ai problemi ambientali che caratterizzano il nostro territorio.
Per capire meglio come sia andata e quali siano le potenzialità della canapa nella fitorimediazione, ne abbiamo parlato con i ragazzi di ApuliaKundi.
Quanto è durato il progetto? Come si è svolto?
Il progetto è durato complessivamente 22 mesi e si è svolto con una prima fase di costruzione del partenariato in particolare con Arpa Puglia e Acquedotto Pugliese. Tali partner sono stati fondamenti nel fornire indicazioni tecniche sulla concentrazione di inquinanti nelle matrici oggetto della ricerca di progetto. Successivamente si è passati alla fase operativa con la semina della canapa indoor, l’inquinamento controllato dei terreni e delle acque di irrigazione, la coltivazione della canapa e la raccolta a fine ciclo seguita dalle analisi di laboratorio. C’è stato un lieve ritardo (4 mesi) rispetto al cronoprogramma progettuale a causa delle note limitazioni derivanti dalla pandemia da covid-19 ma senza alcuna alterazione delle attività e degli obiettivi di progetto.
L’utilizzo in sinergia di canapa e microalghe ha aumentato la capacità di fitorimediazione che avrebbero avuto usandole singolarmente?
L’obiettivo del progetto BIO SP.HE.RE. è stato quello di verificare e validare scientificamente l’utilizzo integrato in agricoltura di un mix algale, a base anche di Spirulina, con la Cannabis Sativa L. per potenziare l’azione della fitodepurazione di acque e terreni inquinati da metalli pesanti. In termini di produzione di biomassa, il mix algale ha certamente favorito la crescita della canapa in substrati inquinati. La capacità fitodepurativa è risultata differenziata in base ai metalli presenti nelle matrici inquinate. In particolare, la sperimentazione ha dimostrato che la presenza di alghe ha avuto un ruolo nel favorire l’assorbimento di cadmio, nichel e zinco.
Quale sarà il prossimo passo?
Sulla base dei risultati interessanti emersi da questo progetto, sarà possibile passare alla fase successiva di sperimentazione in campo su siti inquinati di interesse regionale. A tal proposito abbiamo riscontrato l’interesse e il supporto degli attuali partner, nonché delle Istituzioni regionali; sarà utile consolidare l’avviata consultazione con referenti istituzionali e industriali.
Secondo i vostri risultati sulla fitorimediazione è un sistema che potrà essere utilizzato per procedere con delle bonifiche nei territori italiani? Penso ad esempio alla terra dei fuochi o ai dintorni dell’ex Ilva, dove era stato avviato proprio un progetto di questo tipo…
I risultati di questo progetto pilota lasciano ben sperare. Se fossero confermati anche in campo, si potrebbe immaginare la bonifica di suoli contaminati con tre o quattro cicli di coltivazione di canapa. In altre parole, in tre o quattro anni, ma anche meno, i suoli contaminati potrebbero riacquisire una destinazione per usi civili. Poiché non vogliamo disattendere le legittime aspettative dei lettori, soprattutto di quelli particolarmente sensibili alle tematiche ambientali, ci teniamo a precisare che il passaggio alla sperimentazione in campo richiederà un impegno di natura agronomica non trascurabile. Bisognerà capire come ottimizzare le condizioni di fitodepurazione in base alle caratteristiche chimico-fisiche dei terreni. Solo dopo aver ottimizzato le condizioni in campo potremo alimentare delle aspettative. Oggi siamo ottimisti, ma vogliamo restare anche con i piedi per terra.
In una Regione coma la Puglia, dove si discute da anni su come organizzare una transizione economica più sostenibile, la green economy può essere la soluzione?
Certamente sì e l’impiego della canapa a fine ciclo fitodepurativo apre promettenti scenari, soprattutto se si considerano i principi dell’economia circolare. Negli ultimi anni la Regione Puglia ha mostrato, tra l’altro, un notevole interesse nello sviluppo di iniziative di ricerca e sperimentazione per la coltivazione della canapa a fini produttivi ed ambientali. A dimostrazione di questo impegno, ha emanato la Legge Regionale 21 del 6 giugno 2017, recante “Promozione della coltivazione della canapa per scopi produttivi e ambientali”, a fronte della quale è stato istituito, nel Bilancio di previsione 2017-2019, il capitolo di spesa “Contributi per lo sviluppo della coltivazione della canapa”. Proprio nell’ambito di questa legge rientra l’avviso pubblico per la presentazione di progetti di ricerca ed innovazione e interventi a carattere pilota, attraverso il quale il progetto BIO SP.HE.RE. è stato ammesso a cofinanziamento.
Il partenariato messo in campo, che ha visto anche la collaborazione di Domina Farm, è da sempre impegnato in attività e progetti nell’ambito della green economy; è per questo che ha piacevolmente accolto la sfida lanciata dalla Regione Puglia, pensando ad un progetto che sfrutti le proprietà della canapa e delle microalghe, produzioni agricole che esprimono pienamente i principi dell’economia circolare.
Secondo l’attuale ricerca scientifica, la canapa usata in fitorimediazione accumula i metalli pesanti principalmente nelle foglie e nelle radici. Avete avuto conferme? Significa che si può utilizzare il fusto?
Il nostro progetto ha puntato l’attenzione su fusti e foglie. Entrambi accumulano i metalli in quantità che consentirebbero, dopo un attento dibattito scientifico, il loro riutilizzo per scopi civili.
A questo proposito, il progetto ha permesso di evidenziare come l’accumulo non dipenda tanto dal tessuto della pianta, quanto dalla matrice in cui era presente l’inquinante assorbito. Ad esempio, nel corso della sperimentazione abbiamo osservato che l’irrigazione con acqua inquinata porta ad un maggior accumulo di metalli. Sicuramente si può dire che la biomassa prodotta può essere utilizzata per scopi energetici.
Avete comunque ideato dei possibili utilizzi di canapa e microalghe usate per la fitorimediazione?
Prima di ideare possibili utilizzi è importante standardizzare i protocolli di fitodepurazione. Solo quando si avranno dati confermati sul tenore dei metalli nei tessuti vegetali allora potremo pensare ad opportune destinazioni d’uso.