Cronache da dietro il cancello

Campa cavallo che l’erba cresce

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Ho una mia idea riguardo alla “carta Obama” che si sono giocati coloro che davvero comandano in Amerika, mettendo un nero come loro front-end alla Casa Bianca, un’idea che forse non è allineata con l’onda d’entusiasmo che ha caratterizzato l’ennesima rinnovata manifestazione dell’American Dream. E’ l’Amerika, il paese dove tutto è possibile, ed aggiungerei dov’è possibile anche il contrario di tutto. Cito un prematuramente scomparso Sig. G. che ha descritto gli americani con quella vena di sottile ed intelligente ironia che ha contraddistinto la sua mai troppo capita vita di Grande Artista: ”A noi ci hanno insegnato tutto gli americani. Se non c’erano gli americani, a quest’ora noi eravamo europei, vecchi, pesanti, sempre pensierosi, con gli abiti grigi e i taxi ancora neri. Non c’è popolo che sia pieno di spunti nuovi come gli americani. E generosi. Gli americani non prendono mai. Dànno… dànno. Non c’è popolo più buono degli americani. Gli americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi. Chiarissime, non per teoria, per esperienza. I buoni sono loro!

E ti regalano idee, scatole di sigari, cassette di whisky, navi, libertà, sapone, computer, squali, abiti usati. Anche Eva Kant si veste ai mercatini! A noi ci ha convinto l’America. Se non c’era l’America, a quest’ora eravamo in India. No, se non c’era l’America a noi, che ce ne fregava dell’India!

A me l’America non fa niente bene. Troppa libertà, bisogna che glielo dica al dottore. A me l’America mi fa venir voglia di un dittatore. Oeh… (si arrabbia con se stesso fino a schiaffeggiarsi)! Sì, un dittatore. Almeno si vede, si riconosce. Non ho mai visto qualcosa che sgretola l’individuo come quella libertà lì. Nemmeno una malattia ti mangia così bene dal di dentro. Come sono geniali gli americani!

Te la mettono lì, la libertà è alla portata di tutti, come la chitarra. Ognuno suona come vuole e tutti suonano come vuole la libertà”. Credo prima di tutto che un nero che riesce a diventare Presidente degli Stati Uniti d’America non abbia bisogno di essere difeso, credo che le lobby di potere lo abbiano appoggiato ed eletto (per interposto mandato) proprio per ridare vigore e credibilità ad una Nazione che con un doppio mandato del petroliere Bush aveva raggiunto livelli di gradimento interni ed esterni, ai minimi storici. Credo che nell’iniezione di fiducia (vera o presunta), che a tutti noi ha dato il vedere il dinoccolato Barak varcare la soglia del Campidoglio, si possano inserire gesti di “rottura” nei confronti del passato, come l’assistenza sanitaria per tutti e lo sdoganamento della marijuana a scopi terapeutici. Esistono in vero precedenti “culturali” di un certo rilievo, in un passato non troppo remoto; ricordo per esempio i Topolino che leggevo da bambino con le indimenticabili storie di Carl Barks, che sull’uso “creativo” della marijuana doveva saperla lunga.

Cambiano i tempi e con i tempi le esigenze ed il lessico. Ho per esempio visto di recente il servizio dell’istituzionale TG1 quando è stato assassinato Martin Luther King; il grigio commentatore di allora (penso Paolo Frajese) usava tranquillamente, per definire M.L.K, l’espressione “il Predicatore NEGRO”. Cazzo adesso sarebbe tacciato di razzismo strisciante! La canzone di Fausto Leali “Pittore ti voglio parlare”, ve la ricordate? Il secondo capoverso diceva: ”Io sono un povero NEGRO”. Chissà se con il cambio del lessico è davvero cambiata anche la sostanza, e chissà se lo sdoganamento dell’erba a scopo terapeutico corrisponde anche a un’apertura mentale su quella cecità indotta dalle multinazionali del petrolio, che proprio negli Stati Uniti hanno le loro più antiche “chiese”, e che per troppi anni ha influenzato generazioni ormai disincantate?
Ai “postumi” l’ardua sentenza.



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