Cambogia: come si muore di “sfortuna” nelle fabbriche della moda
Chea Saroeun aveva 35 anni e una vita da sempre condita di miseria. Quel lavoro in fabbrica gli permetteva appena di mantenere in vita se stesso e la sua famiglia, ma era meglio di niente.
In Cambogia, poter lavorare in una delle centinaia di aziende tessili che esportano per circa 5 miliardi di dollari l’anno, è ritenuta una gran fortuna. A lui è costata la vita. La macchina che doveva controllare, notoriamente in cattive condizioni e da riparare, lo ha ucciso all’istante.
L’azienda, che lavora per conto di H&M, una delle più’ grandi linee di moda giovanile del pianeta, ha compensato la famiglia con circa 3.000 dollari a patto che nessuna denuncia venga presentata alle autorità. Solo in caso di denuncia, infatti, ci sarebbe un processo.
Altrimenti… Storia chiusa.
L’azienda ci ha tenuto ad informare che la famiglia non presenterà alcuna denuncia perché ha concordato che si è trattato solo di un incidente, di una morte per sfortuna…
Ogni anno in Cambogia e Bangladesh, i due paesi in cui si concentra, in fabbriche fatiscenti e autentici lager, la gran parte della produzione tessile mondiale la “sfortuna” colpisce migliaia e migliaia di giovani donne ed uomini.