Bologna, dove gli orti crescono sui tetti dei palazzi
Se tutti gli spazi disponibili sui tetti della città venissero coltivati si potrebbero produrre ogni anno 12,5 tonnellate di ortaggi, ovvero il 77% del fabbisogno cittadino. In più si contribuirebbe a ripulire l’atmosfera da centinaia di tonnellate di C02 e si aiuterebbe la biodiversità.
Sono i dati salienti di una ricerca della Facoltà di Agraria di Bologna, che dal 2010 promuove il progetto “Orti sui tetti”, progettando e attuando la realizzazione di orti idroponici sopra a diversi edifici cittadini.
Il primi orti sui tetti vennero istallati su due palazzine popolari di via Gandusio, nel centro della città felsinea nel 2011. Il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroambientali dell’Università di Bologna ha allestito gli impianti che poi sono stati lasciati in gestione ai 10 nuclei famagliari che abitano le palazzine. Un esperimento di successo, importante non solo per fornire ortaggi a km0 a costi irrisorie alle famiglie, ma anche per andare a rinsaldare quei rapporti umani tra vicini di pianerottolo che oggi sono sempre più rari.
La tecnica di coltivazione applicata si basa sui principi della coltura idroponica, cioè la coltivazione fuori suolo, dove fibra di cocco e pietra pomice sostituiscono la terra. Il tutto retto da un impianto di irrigazione a ciclo chiuso, che da una vasca di raccolta porta l’acqua e i nutrienti alle piante ad intervalli regolari, e poi raccoglie le eccedenze per rimetterle successivamente in circolo con un sostanzioso risparmio idrico.
il video che racconta l’istallazione del primo orto sui tetti in via Gandusio
Una diffusione capillare del sistema degli orti sui tetti non porterebbe vantaggi solo per quanto riguarda l’accesso a cibo naturale e a km0 da parte dei cittadini, ma potrebbe anche contribuire in modo decisivo alla salvaguardia ed al rafforzamento della biodiversità cittadina. Dovesse esservi anche solo un orto sul tetto ogni 100 metri, in una città come Bologna si potrebbe creare un “corridoio verde” di 94 km di lunghezza complessivi, capace di garantire sopravvivenza e habitat alla fauna selvatica, comprese le api le quali stanno ormai scomparendo totalmente dalle città, con conseguenze potenzialmente molto gravi.